All'interno della settima maratona di lettura presso la Biblioteca Comunale di Corsico , ieri sera , l'associazione "ventunesimodonna" e altre donne hanno dato voce alle eroine di ieri e di oggi : Penelope, Euridice, Demetra, Cristina di Belgioso, Lina Merlin, Anna Politowskaja, Emanuela Loi, Malala Ousafzai, Giusy Nicolini,
leggendo brani tratti da:
Adriana Cavarero Nonostante Platone
C. A. Duffy La moglie del mondo
Cristina di Belgioso Della presente condizione delle donne e del loro avvenire
Lina Merlin La mia vita
Anna Politowskaja Cecenia
Yousafzai Malala Io sono Malala
Nando dalla Chiesa Poliziotta per amore
Giusy Nicolini Appello della sindaca di Lampedusa
Non poteva mancare sul palco un "posto occupato" simbolo delle donne vittime di violenza maschile , presentato con partecipata emozione dalle ragazze della "Compagnia Teatrale non a caso"
Una serata intensa, piena di stimoli e suggestioni
Pagine
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lunedì 28 ottobre 2013
sabato 26 ottobre 2013
Antonia Laterza, l'Huffington Post | Pubblicato: 25/10/13 CEST | Aggiornato: 25/10/13 CEST
World Gender Gap Report 2013.
Le donne e il loro avanzamento in politica, economia, educazione e salute
Il paese "più vivibile per le donne"? L'Islanda, che si riconferma in cima alla classifica annuale del World Economic Forum Gnder Gap Report, i dati ufficiali sulla disuguaglianza di genere nel mondo. La situazione generale del genere femminile è migliorata: 86 paesi su 133 hanno accorciato il divario fra uomo e donna. Fra questi c'è l'Italia che è avanzata di 9 posti, dal numero 80 del 2012 al 71 di quest'anno.
giovedì 24 ottobre 2013
le eroine nascoste alla 7° maratona di lettura in Biblioteca a Corsico
Domenica 27 ottobre
dalle 21 alle 22
All'interno della settima maratona di lettura presso la Biblioteca Comunale via Buonarroti 8 -Corsico L'associazione "ventunesimodonna" dà voce alle eroine di ieri e di oggi. Vi aspettiamo per salutare insieme le donne occultate dalla storia
All'interno della settima maratona di lettura presso la Biblioteca Comunale via Buonarroti 8 -Corsico L'associazione "ventunesimodonna" dà voce alle eroine di ieri e di oggi. Vi aspettiamo per salutare insieme le donne occultate dalla storia
mercoledì 23 ottobre 2013
ASSEMBLEA SOCIE
Mercoledì 23 ottobre 2013 ore 20.30 presso il Bem Viver Cafè (saletta sotto) via v.Monti 5 Corsico,
è convocata l'assemblea delle socie dell'Associazione "ventunesimodonna", col seguente ordine del giorno:
- valutazione del lavoro svolto
ps. sarebbe bello cenare insieme prima della riunione, chi fosse interessata ci avvisi in modo che possiamo prenotare
è convocata l'assemblea delle socie dell'Associazione "ventunesimodonna", col seguente ordine del giorno:
- valutazione del lavoro svolto
- programmazione annuale ( in allegato idee, proposte, sogni ecc.)
- rinnovo delle cariche
- varie ed eventuali
Vi aspettiamo numerose e propositive,
la presidente Daniela Labella
sabato 19 ottobre 2013
Per il funerale di Lea Garofalo a Milano insieme a Denise
Sabato 19 ottobre alle
10.30 sarò in piazza Beccaria a Milano, per i funerali di Lea
Garofalo. Dopo quattro lunghi anni di processi, depistaggi e verità
strazianti, si terrà finalmente una messa per Lea. Proprio come
desidera da sempre Denise, sua figlia.
La storia di Lea
Garofalo in questi anni, grazie alla determinazione di Denise,
all'appoggio delle associazioni antimafia, e talvolta delle
istituzioni, è stata una delle più importanti per raccontare il
rapporto tra donne, testimoni di giustizia e 'ndrangheta. Una delle
tanti morti di cui siamo responsabili: uccise o suicidate cambia
poco. Almeno rispetto al nostro ruolo.
Lo scorso maggio la
Corte d'Assise di Milano ha confermato quattro ergastoli per Massimo
Sabatino, Rosario Curcio, Vito e Carlo Cosco. Quest'ultimo ex
compagno di Lea, padre di Denise. Un papà che ha fatto finta di
prendersi cura della figlia, facendole credere che la madre
"irresponsabile" fosse scappata. Mentre gettava Denise tra
le braccia di uno dei complici dell'omicidio di sua mamma.
Ma Denise non capiva,
non si rassegnava. Cercava la verità.
Le mafie uccidono le
donne
Abbiamo raccontato Lea
Garofalo nel dossier "Sdisonorate" dell'associazione
antimafie daSud, un libro in cui per la prima volta sono state
raccolte tutte le storie delle donne vittime dei clan. Una
ricostruzione che demolisce ogni stereotipo e falso mito: le mafie
uccidono e hanno ucciso sia donne che bambini.
Lea era originaria di
Petilia Policastro, paesino della provincia crotonese. Si ribellò
alla 'ndragheta nel 2002. Da testimone di giustizia, sottoposta a
protezione, cominciò a rivelare i particolari delle faide interne
alle 'ndrine. Principalmente denunciando quelli della famiglia in cui
era nata e cresciuta.
La sua collaborazione
con la giustizia fu osteggiata da tutti. Soprattutto dal suo ex
compagno Carlo Cosco, sul cui conto Lea ha avuto sempre tanto da
svelare.
Le minacce
Dopo una sospensione
temporanea del programma, Lea Garofalo fu riammessa alla tutela nel
dicembre del 2007: da quel momento iniziò ad essere vittima di
minacce e agguati, uno dei quali, nel 2008, prevedeva il suo
rapimento. Riuscì a sfuggire grazie all'intervento di Denise e dei
carabinieri.
Un rapporto travagliato
quello con lo Stato, con la giustiza, con l'ombra della sua famiglia
e dell'ex compagno Cosco. Nell'aprile 2009, qualche mese prima della
sua "scomparsa", decise di rinunciare alla protezione,
tornare a Petilia Policastro e traslocare a Campobasso.
Il rampimento e la
tortura
Il 24 novembre del 2009
Carlo Cosco attirò l'ex compagna in via Montello. "Per parlare
del futuro di Denise". Lì, vicino al cimitero monumentale di
Milano, alcune telecamere inquadrarono Lea per l'ultima volta. Prima
di cadere in una trappola: venne rapita, portata in un magazzino,
interrogata. Torturata per ore. Strangolata. Il suo cadavere fu
trasportato in un terreno vicino San Fruttuoso e bruciato dentro un
bidone. Poi sepolto.
La forza della verità
Denise però non si
arrese. Non ha mai creduto che sua madre l'avesse abbandonata. Iniziò
così un processo in cui la sua ostinazione e la sua voglia di
giustizia sono state ripagate. Denise è stata forte, ha rinnegato in
aula l'unico genitore che possiede, autore del peggiore dei crimini
possibili. Un processo complicatissimo che ha fatto riaffiorare tutte
le verità. Alcune impossibili da immaginare.
Lea e Denise
rappresentano due donne forti e coraggiose. Che ci ricordano ogni
giorno come sia importante ribellarsi ai soprusi, alle intimidazioni,
alle violenze delle mafie. Anche quando sono nella tua famiglia, ed
hanno il volto del tuo compagno, di tuo fratello, del tuo amante. Di
tuo padre.
Noi ci saremo
Non solo per questo
sarò a Milano sabato mattina ai funerali di Lea, assieme a Don Luigi
Ciotti, al sindaco Giuliano Pisapia, che grazie alla sua sensibilità
ha squarciato il velo dei luoghi comuni sulle mafie al Nord, portando
il Comune di Milano a costituirsi parte civile in tutti i processi
per mafia.
A Milano insieme a
Denise. Per dirle che le saremo accanto nella sua nuova vita.
lunedì 14 ottobre 2013
venerdì 18 ottobre ore 20.30 al Bem Viver Cafè, via V.Monti 5 Corsico incontro con Laura Cima autrice di "Il complesso di Penelope"
venerdì
18 ottobre ci sarà un incontro sul tema “testimone generazionale.
Continueremo
a ragionare attorno al binomio donne e politica, con particolare
attenzione al coinvolgimento delle giovani donne.
Affronteremo
la complessa tematica con la prof.ssa Laura Cima, donna che possiede
una lunga storia politica da cui è partita per realizzare la ricerca
storico-sociale oggetto del libro “Il complesso di Penelope” che
farà da sfondo alla serata.
Laura Cima
ha fondato a Torino un “Laboratorio politico delle donne”. Sarà,
quindi, interessante confrontarsi con le sue analisi, alla ricerca di
possibili azioni concrete da agire nel breve periodo.
E' gradito
un tuo contributo al dibattito.
Ti
aspettiamo e ti chiediamo di diffondere, se ti è possibile,
l'iniziativa.
sabato 12 ottobre 2013
L'annuncio di Obama: "Janet Yellen guiderà la Fed"
Il presidente americano
ha deciso chi sostituirà, a gennaio, il presidente della Federal
Reserve, Ben Bernanke. Per la prima volta una donna alla guida
dell'organismo americano. La nomina sarà ufficializzata oggi
NEW YORK – Eliminato
dalla corsa il rivale più temibile, per il dopo-Ben Bernanke la
favorita era lei. E alla fine i pronostici si sono avverati, la
scelta di Barack Obama per guidare la banca centrale e' andata
proprio lei, Janet Yellen, numero due della Fed. La nomina sarà
annunciata ufficialmente oggi, ma entrerà nei pieni poteri a
gennaio, quando Bernanke, dopo otto anni alla guida della Fed,
lascerà il timone della Banca centrale americana.
La Yellen è una
veterana del mestiere. Fu nominata vicepresidente della banca
centrale nel 2010 ma prima di allora era stata presidente della
Federal Reserve di San Francisco (la banca centrale Usa è
strutturata, come dice il suo nome, su base federale, uno schema
copiato dalla Bce). Aveva debuttato come consigliera del Federal Open
Market Committe – il più importante organismo per definire la
politica monetaria – nel 1994. E aveva lavorato come economista
della Fed negli anni Settanta: vi conobbe suo marito, l'economista
George Akerlof, che nel 2001 ha vinto il premio Nobel all'Economia.
Neppure uscieri e personale delle pulizie conoscono quegli uffici
come lei.
La Yellen è una
democratica, la sua prima nomina nel Board fu decisa da Bill Clinton.
Ed è una “colomba” dichiarata. Pensa che la banca centrale debba
fare gli interessi dei lavoratori sostenendo il pieno impiego, più
di quanto debba stroncare l’inflazione. “I lavoratori e le loro
famiglie – ha detto in un discorso recente – stanno pagando un
costo elevato per la deludente lentezza di questa ripresa. C’è il
rischio di infliggere danni duraturi al mercato del lavoro e alla
capacita' produttiva dell’economia”.
E’ stata un’alleata
preziosa di Bernanke nel sostenere la prosecuzione della politica
monetaria espansiva, attraverso acquisti mensili di 85 miliardi di
dollari di titoli pubblici, operazioni che servono a irrorare
liquidita' e tenere bassi i tassi d’interesse. Il ruolo della
Yellen fu decisivo quando un anno fa si apri' un dibattito ai vertici
della Fed.
I “falchi”
ritenevano che la banca centrale avesse fatto fin troppo, denunciano
i rischi di una nuova bolla speculativa, volevano interrompere gli
acquisti di titoli rapidamente e preannunciare un rialzo dei tassi.
Per la Yellen come per Bernanke sarebbe stata una follia togliere il
pedale dall’acceleratore monetario e cominciare a spingere su
quello del freno, in una fase in cui ci sono ancora venti milioni fra
disoccupati (reali) e sottoccupati in America. Di recente le è stato
chiesto se le banche centrali abbiano bisogno di più donne ai loro
vertici e la sua risposta è stata netta: “Aumenteranno, ed era
ora”.
(09 ottobre 2013) di
FEDERICO RAMPINI
mercoledì 9 ottobre 2013
Legge 194: Boom di obiettori tra i medici
Diritto all’aborto
sempre più a rischio.
Pro-life o Pro-choise.
Da che parte stai? Negli States tutto fa campagna elettorale:
coriandoli, poster di famiglie perfette, slogan sull’aborto. Alcuni
temi fanno impazzire la gente. Prendete cento persone e fatele
parlare di aborto: finirà in rissa. Tutti vogliono difendere la
propria opinione, condividerla e schierarsi.
Gli schieramenti sono
importanti e i loro nomi dicono moltissimo sulla loro natura. Per gli
americani entrambi gli slogan hanno un’accezione positiva e
propositiva, ma in Italia la carica emozionale conta. Se in America
ci sono i medici Pro-choise, qui si parla di non obiettori di
coscienza. Un termine al negativo, che suggerisce la mancanza di una
scelta di coscienza o della dovuta introspezione.
Un termine giudicante.
Proviamo a mettere al
centro del dibattito la donna e i suoi diritti.
In Italia la legge è
chiara ed è la 194 del 1978. Una legge che sancisce e regola il
diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. Nella stessa
legge è riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza per il
medico, che può rifiutarsi di eseguire tale pratica per convinzioni
personali. Una tutela legittima, ma che apre una dicotomia inedita
nel rapporto medico-paziente: la scelta personale del medico tra il
rifiuto e il consenso alle cure.
Ora immaginate un paese
in cui il 70% dei medici si rifiuta di offrire una prestazione
sanitaria garantita dalla legge. L’esercizio di questo diritto
diventerebbe un’impresa disperata, anche se l’applicabilità
della legge dovrebbe essere una preoccupazione dello Stato.
Il caso è tutto
italiano: parliamo di una legge che non tutela lo stesso diritto che
riconosce. La relazione annuale sulla legge 194/78 presentata a
settembre dal Ministro Lorenzin è convincente: sette ginecologi su
dieci sono obiettori, con picchi dell’80-85% in alcune regioni del
sud dell’Italia.
Nonostante i numeri, il
Ministro ritiene la legge efficace: ogni medico non obiettore ha in
media 1,7 aborti alla settimana. E’ dunque inappropriato parlare di
mancanza di risorse.
Una conclusione, a mio
avviso, semplicistica.
Non si fa un solo
accenno all’esistenza di strutture in cui il 100% dei ginecologi è
obiettore e al continuo traffico di pazienti da un ospedale
all’altro. Se poi consideriamo l’obiezione da parte di
anestesisti e infermieri, si è costretti a un cinico gioco
dell’incastro per mettere insieme una semplice equipe.
Non c’è nessun
riferimento al turismo sanitario, che richiama in Francia,
Inghilterra e Svizzera migliaia di donne in cerca di diritti. Non c’è
una parola sui consultori familiari, in calo di 300 unità tra il
2007 e il 2010. Cade nel vuoto l’inchiesta di Repubblica sugli
aborti clandestini: ventimila secondo le stime ministeriali del 2008.
Il secondo dato diffuso
dal Ministero è che il numero di aborti volontari è diminuito del
4.9% rispetto il 2011. I Pro-life sono soddisfatti, ma il dato
diventa poco significativo anche solo considerando la diminuzione
della natalità nello stesso periodo (-3,3%).
La verità è che
quando la macchina sanitaria si blocca, le donne che se lo permettono
vanno all’estero, mentre quelle delle classi più deboli ricorrono
a metodi clandestini: sale operatorie improvvisate, farmaci comprati
su internet, sedicenti chirurghi. La cronaca ne è piena. E’ il
mercato nero. Un mondo sommerso dove le donne sono lasciate alla loro
solitudine. Qualcuna muore, qualcuna se la cava.
Le anomalie del sistema
italico non si fermano qui. I metodi alternativi all’aborto
chirurgico sono inspiegabilmente osteggiati. La RU486 è ormai un
farmaco orfano: nel 2011 in Lombardia è stata utilizzata solo per il
2% degli aborti e nelle altre regioni in non più del 15-20% dei
casi. Non si capisce perché una procedura poco invasiva e poco
rischiosa sia così scarsamente utilizzata.
Non va meglio per la
“pillola del giorno dopo”, la cui prescrizione è ancora negata
da alcuni medici sebbene la legge non preveda l’obiezione di
coscienza per questo farmaco.
Il sistema è dunque al
collasso, regolato da forze contraddittorie disomogenee e
inadeguatamente monitorate.
Nel 2012 il Comitato
europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa ha dato un
primo segnale di allarme, dichiarando ricevibile il ricorso esposto
contro l’Italia dall’ong IPPF EN (International Planned
Parenthood Federation European Network) in collaborazione con la
Laiga (Libera associazione ginecologi per l’applicazione della
legge 194). Nel ricorso si afferma che l’elevato numero di medici
obiettori non garantisce il diritto stabilito dalla legge 194, che
assicura a ciascuna donna l’accesso alle procedure per
l‘interruzione volontaria della gravidanza. Una presa di posizione
importante.
Sarà l’Europa a
darci delle risposte. I tempi per la sentenza sono lunghi, parliamo
di anni, ma è verosimile che non superino in lentezza quelli dei
nostri politici. La legge 194 sta morendo ed è necessario prenderne
atto, trovare delle misure che ne permettano una piena applicabilità.
La politica dei
paraocchi e del bluff è il solito trucchetto per non far discutere.
E’ un comodo espediente che limita le responsabilità e trasforma
il Parlamento nel barometro dell’opinione pubblica.
Non possiamo
accontentarci di coriandoli, poster di famiglie perfette e slogan
sull’aborto. E’ troppo poco per un Paese democratico.
lunedì 7 ottobre 2013
Le belle donne di Lampedusa
La sindaca, la soccorritrice, la
migrante. E tutte quelle che non ce l'hanno fatta, sfinite dal viaggio,
comprate e vendute. Anche stuprate. [Alessandra Mancuso]
Un'isola messa in mezzo a un affare sporchissimo. Basta guerre decise a tavolino, dice la soccorritrice. Ma basta anche tollerare che le guerre divampino, guardando sempre, sempre, dall'altra parte, senza intervenire subito. Due anni di guerra civile in Siria, centinaia di migliaia di morti, e di stupri e bambini uccisi anche dai gas, e ancora guardiamo altrove. Delle guerre bisogna occuparsi, e farlo da subito, anche usando le armi come strumento di deterrenza per cercare di non usarle affatto e di fermare quelle che massacrano i popoli. La nostra indifferenza non è meno omicida delle bombe francesi o americane. Senza che queste ultime siano, ovviamente, tollerate. Ora per Lampedusa si propone il Nobel. Ma i politici, dice la soccorritrice, si vedono solo quando ci sono i morti.
La soccorritrice. La sindaca. La presidente. E le sconosciute, morte o sopravvissute, di quel barcone.
Giusy Nicolini, una donna da Nobel, lei sì. Come le tante donne comuni che si meriterebbero il Nobel, e che ci danno orgoglio. Donne che fanno la loro parte, che ci mettono dignità e coraggio, che non si tirano indietro, che non smettono di impegnarsi, in condizioni estreme. Laura Boldrini, la sua faccia ce l'ha messa da sempre. Va a Lampedusa da lampedusana, prima ancora che da presidente. E dice, come la soccorritrice , e la sindaca, la sua rabbia e le cose che vanno fatte. Ma subito. Parlano tutte alle istituzioni, prima ancora che alla politica. E se le istituzioni esistono, è questo il momento per battere un colpo. Definitivo. Cogli l'attimo, ha detto Letta. E allora fatelo.
Di quelle altre donne, invece, non ho i visi, né le parole. Invisibili. Il cuore piange. Vecchie? Giovani? Con i figli aggrappati? Incinte. Con in grembo i figli dello stupro. Subito nel lungo cammino, ma più facilmente, nei campi, nelle prigioni libiche. E' difficile fermarsi sul baratro dell'orrore. Ma occorre farlo. Anche se non riusciamo a pensare ai bambini, annegati per primi. Fa troppo male.
Donne tutte legate allo stesso filo, nell'immane tragedia. Fatto di umanità, di solidarietà. Non le conosciamo. Non le abbiamo salvate tutte. Ma le sentiamo sorelle. E quando mi chiedo cosa posso fare, di più, da giornalista, penso che ci si debba impegnare affinchè l'informazione, non solo racconti le tragedie come ci dimostriamo capaci di fare, con professionalità, ma che debba riuscire a parlare delle tragedie prima che i morti urlino alle nostre coscienze. Il Darfur, la Somalia, la fame nel Corno d'Africa, il lager dell'Eritrea, gli stupri di guerra, le persecuzioni religiose, tutto ciò che rende pericoloso e invivibile restare a casa. Tutte cose che l'informazione trascura. Perché nell'egoismo dei più e della politica, non esistono. Gli invisibili sono tali per definizione. Almeno finchè, da morti, non vengono a svegliarci a casa nostra.
sabato 5 ottobre 2013
Giusi Nicolini è per noi una Leonessa
Grazie Giusi!
Sono le persone come lei a rendere
migliore la vita di tutto il Paese.
Giusi Nicolini è per noi una Leonessa.
Una donna coraggiosa, determinata e capace. Forse qualcuno ancora non
sa di che pasta è fatta, ma la sua storia, anche se in poche righe,
un po’ lo fa capire. E può ispirarci tutte.
Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa. Eletta a maggio (2012, NDR), il 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della Provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?”.
Queste parole fanno capire la profonda
umanità di Giusi Nicolini e il suo senso di responsabilità. Lei è
sempre stata così. A soli 23 anni, viene nominata vice sindaco. Ed è
proprio lei a reggere il Comune di Lampedusa dall’83 all’84, dopo
l’attentato subito dal sindaco, un accoltellamento che lo riduce in
fin di vita.È questo il periodo di formazione che la porterà via
via a resistere a incendi e minacce. E a vincere molte battaglie.
Dall’abolizione dell’ecomostro voluto da Sindona, alla fuga della
Valtur dalla Spiaggia dei Conigli, ottenendo che fosse dichiarata
riserva naturale. Avete presente com’è? È una spiaggia caraibica
con un mare che regala trasparenze da sogno. Non è un caso che le
tartarughe marine scelgano questo scorcio di mondo per depositare le
uova. Però c’è un fatto.
Prima che Giusi Nicolini diventasse
direttrice della riserva naturale per Legambiente, nel ’97, la
spiaggia era un inferno di chioschi e piccoli stabilimenti.
Addirittura si vendevano panini e bevande sui barconi. Si violentava
la natura. Si inquinava un paradiso naturale. Per questo Giusi,
direttrice della riserva e determinata a proteggerla, subisce il
primo attentato: l’incendio dell’officina da fabbro del padre.
Viene anche lasciata una corona funebre come segno intimidatorio. Ma
lei prosegue. E la prefettura di Agrigento, competente per Lampedusa,
le dà ragione.
A sostenere Giusi sarà il prefetto
Giosuè Marino che ordinerà lo sgombero della spiaggia.
Purtroppo gli appetiti dei commercianti
dell’isola non sono deboli. Nessuna ditta dell’isola si rende
disponibile per lo sgombero. L’amministrazione non la sostiene. Nel
frattempo viene incendiata anche la sede di Legambiente.
Ma questa donna, mingherlina,
giovanissima, ancora «non capisce», anzi, s’illumina di
creatività. E la Spiaggia dei Conigli si tinge di giallo.Giusi bussa
sulle spalle dei turisti, uno per uno, regalando gli ombrelloni di
Legambiente. Spiega che, pagando i “chioschisti”,
supportanol’illegalità sulla spiaggia.
Questo gesto, manco a dirlo, scatena
altri incendi alla sua macchina e al pulmino del fidanzato, oggi
marito. Comincia un tale braccio di ferro che la prefettura di
Agrigento si vedrà costretta a inviare rinforzi di polizia
sull’isola e ad impiegare addirittura l’aeronautica per
sgomberare la spiaggia. Bene, questo è solo una parte del lavoro e
della resistenzadi Giusi.
Quando viene eletta Sindaca delle isole
di Linosa e Lampedusa nel maggio 2012, proseguono e si intensificano
le intimidazioni. Come quella di venerdì 20 settembre 2012. Questa
volta è un barcone che va a fuoco, uno di quelli che ha trasportato
un po’ miracolosamente i migranti sulle coste italiane di
Lampedusa. Un barcone simbolico, quindi, accompagnato da volantini
eloquenti:
«No ai clandestini liberi per l’isola
“u capisti?” (hai capito?). Alla prossima, Gruppo Armato
Lampedusa Libera»
Ma Giusi Nicolini proprio non
«capisce».
mercoledì 2 ottobre 2013
RINGRAZIA UNA FEMMINISTA.
Se sei donna e puoi votare, ringrazia una femminista.
Se
ricevi un salario uguale a quello di un uomo che fa lo stesso tuo
lavoro, ringrazia una femminista.
Se sei potuta andare all'Università
invece di lasciare gli studi dopo la maturità, perché i tuoi
fratelli potessero studiare mentre " tu devi solo pensare a
sposarti", ringrazia una femminista.
Se puoi fare qualsiasi
lavoro e non solamente un "lavoro per donne", ringrazia una
femminista.
Se puoi ricevere e dare informazioni sul controllo della
fertilità senza andare in galera per questo, ringrazia una
femminista.
Se sei una medica, avvocata, giudice, ministra,
legislatrice, ringrazia una femminista.
Se puoi giocare
professionalmente in uno sport, ringrazia una femminista.
Se puoi
indossare i pantaloni senza essere scomunicata dalla tua chiesa o
messa al bando dalla società, ringrazia una femminista.
Se al tuo
datore di lavoro è proibito molestarti affinché tu vada a letto con
lui, ringrazia una femminista.
Se sei stata violentata, e la sentenza
non si basa sulla lunghezza del tuo vestito o sul tuo fidanzato
precedente, ringrazia una femminista.
Se inizi un'attività
commerciale e puoi ottenere prestiti spendendo il tuo nome, ringrazia
una femminista.
Se sei sotto processo e ti è permesso di
testimoniare in tua difesa, ringrazia una femminista.
Se possiedi una
proprietà che è solamente tua, ringrazia una femminista.
Se hai
diritto al tuo salario anche se sei sposata o convivi con un uomo,
ringrazia una femminista.
Se ottieni la custodia delle/dei tue/tuoi
figlie/i dopo un divorzio o una separazione, ringrazia una
femminista.
Se hai voce su come educare e curare le figlie e i figli
piuttosto che subire il controllo completo di tuo marito o di tuo
padre, ringrazia una femminista.
Se tuo marito ti picchia - poiché
questo è un reato - e viene arrestato invece che subire una predica
su come deve essere una buona sposa, ringrazia una femminista.
Se
ottieni un master dopo l'Università, ringrazia una femminista.
Se
puoi allattare la tua bimba o il tuo bimbo discretamente in un luogo
pubblico e non essere arrestata, ringrazia una femminista.
Se ti
sposi e i tuoi diritti umani non scompaiono dentro i diritti di tuo
marito, ringrazia una femminista.
Se hai il diritto di rifiutare di
avere rapporti sessuali con tuo marito, ringrazia una femminista.
Se
hai il diritto a che le tue registrazioni mediche confidenziali non
siano divulgate agli uomini della tua famiglia, ringrazia una
femminista.
Se hai il diritto di leggere i libri che desideri,
ringrazia una femminista.
Se puoi testimoniare in tribunale sui
crimini o danneggiamenti commessi da tuo marito, ringrazia una
femminista.
Se decidi di essere madre o no, senza dover seguire i
dettami di un marito o di uno stupratore, ringrazia una femminista.
Se puoi sperare di vivere fino ad ottanta anni (o più) invece di
morire a 20 o 30 a causa delle innumerevoli gravidanze, ringrazia una
femminista.
Se puoi vederti come un essere umano completo e non come
una eterna minore che ha bisogno di essere controllata da un uomo,
ringrazia una femminista.
martedì 1 ottobre 2013
Le Donne che Verranno
di Lorella Zanardo | 27
settembre 2013
“Women with a
Vision“, ‘Donne che hanno una visione’, si chiama la mia
sessione al prossimo convegno WinConference l’organizzazione
mondiale a cui partecipano donne da più di 40 Paesi del Mondo. Con
me la ministra dell’Interno islandese, una nota artista indiana,
la presidente di HP Norvegia, la CEO di un’azienda nigeriana.
Racconterò delle ragazze e dei ragazzi italiani, che in questi
quattro anni mi hanno convinta che vale assolutamente la pena di
investire tempo e risorse su di loro.
Nella mia relazione
dirò di come il coraggio sia la dote oggi più rara e al contempo
più preziosa. Narrerò di come sia difficile scegliere
spontaneamente di stare là dove oggi è più difficile essere: in
Italia, ad innalzare il livello di consapevolezza sui diritti delle
donne. Tema più impopolare non c’è.
In un Paese situato
all’ottantesimo posto del Gender Gap, indice che definisce il
divario esistente tra i generi, ed è bene ricordare che quasi tutti
gli altri Paesi europei sono tra i primi venti, si fatica ancora a
proporre temi che non definirei femministi, bensì indispensabili.
Tempo fa sono stata
invitata dallo Svenska Institut, Istituto di Cultura svedese, ad una
full immersion nel loro sistema di Gender Equality (la Svezia è al
4 posto del Gender Gap). Il primo appuntamento mi aspettavo fosse con
il Ministero delle Pari Opportunità: con sorpresa venivo condotta al
Ministero dell’Economia e delle Finanze dove ero accolta con grande
rispetto e gentilezza e dove mi veniva spiegato che occuparsi di
questioni di genere è per loro importantissimo visto che “migliorare
nel gender gap significa aumentare il pil”. “Vede –
continuavano – noi lavoriamo per una maggiore occupazione
femminile, per potere disporre di asili per tutti: più donne che
lavorano significa migliore economia per il Paese. Cioè per tutti”.
Ecco, insieme a molte altre donne oggi, lavoro per questo medesimo
obbiettivo.
I bambini, le bambine
guardano molta pubblicità, si divertono, ne conoscono a memoria
slogan e motivi musicali. Dalle immagini i giovani prendono
ispirazione e modelli.
Il recente discorso
della Presidente Boldrini, stimola una riflessione necessaria ed
urgente: le donne nelle pubblicità sono troppo spesso raffigurate
come casalinghe e madri servizievoli. Lo dice bene anche Annamaria
Testa, quando propone di aumentare il numero di ruoli femminili
all’interno delle proposte pubblicitarie: c’è la madre, ma ci
sono anche le professioni delle donne: artigiane, artiste, operaie,
impiegate, dottoresse, avvocate, magistrate, e mille altre ancora.
“Zanardo ma dove sono
i modelli a cui ispirarci?” mi chiedono le ragazze nelle scuole.
La televisione e la pubblicità possono essere formidabili mezzi di
comunicazione per proporre ruoli femminili innovativi e
contemporanei.
E’ feroce ed elitaria
la proposta che avanzano alcuni: che siano le famiglie a proporre
modelli, che sia la scuola!
E cosa facciamo con
quei ragazzi e con quelle ragazze le cui famiglie non sanno offrire
modelli? E come fingere di non sapere che la scuola arranca se gli
investimenti latinano, così come sta accadendo da anni?
Io credo che una
proposta fatta congiuntamente alla Tv pubblica, alle aziende e alle
agenzie di pubblicità possa giungere come uno stimolo prezioso:
lavoriamo insieme per migliorare il Paese, contribuiamo a creare un
contesto sociale dove circolino modelli che venga voglia di seguire,
che siano fonte di ispirazione, che contribuiscano a migliorare le
nostre vite.
Non c’è bisogno di
eliminare casalinghe sorridenti e mamme servizievoli che servono a
tavola: ma per favore facciamo che non siano l’unica proposta! E’
sufficiente varcare la frontiera e scoprire che ci sono altre
possibilità per stimolare i consumatori.
Sono madre anch’io,
amo cucinare per mio figlio e mia figlia: ma che questa non diventi
la mia, la nostra gabbia.
Abbiamo lottato per i
nostri diritti che significa potere scegliere di essere madre, poter
scegliere di essere moglie.
Non ingabbiateci in
questi ruoli, resi unici e totalizzanti anche, non solo ma anche, da
modelli televisi e pubblicitari superati. Costruiamo insieme.