mercoledì 13 novembre 2013

Lettera di una ragazzina di 15 anni molto più profonda e matura di tante persone con il triplo della sua età:


"Cominciamo con la diffusa accettazione dello “sputtanamento”. Significa svergognare o aggredire le donne, facendole sentire colpevoli o inferiori, rispetto ai loro veri o presunti comportamenti e desideri sessuali. Alla mia età, è normale camminare nei corridoi della scuola e sentire la parola “troia”, piena di disprezzo, usata per descrivere una ragazza che indossa pantaloncini corti, o come soprannome per l’amica di qualcuno, o per descrivere quella nella tua classe che ha un fidanzato diverso ogni settimana.
La parola può essere usata in molte maniere diverse per sminuire le donne, ma la vera questione è: cosa definisce, esattamente, una “troia”? Risposta: niente, nessuna donna lo è. Nessun singolo essere umano su questo pianeta. Sì, ciò include persino quella tipa con cui il tuo ex ragazzo ti ha tradita. La società aggredisce le donne con le parole “troia” e “puttana” se solo sono semplicemente attive a livello sessuale, o se indossano vestiti “rivelatori”. Una donna può fare sesso con una sola persona o con dieci ed essere assalita allo stesso modo in termini sessisti. Il fatto è che nessuno dovrebbe usarli, per nessuno scopo. Lo “sputtanamento” è inaccettabile e non crea un ambiente favorevole all’eguaglianza.
La mia generazione spesso tende a sorvolare sul reale significato di “troia” e “puttana”, e queste parole spuntano nelle frasi come parti di un vocabolario quotidiano. Ma sono termini odiosi e degradanti per descrivere qualcuna, la sua vita sessuale o il modo in cui si veste. Perciò, invece di ignorare questa pratica, la prossima volta chiamate i praticanti a risponderne. Lottare contro la società patriarcale include il minimizzare l’uso del linguaggio che impoverisce le persone, ed è un passo verso l’ottenimento dell’eguaglianza."

martedì 12 novembre 2013

Parole e pensieri in libertà su 194, bambini non nati e cimiteri



La pessima applicazione della legge 194 per i tanti medici obiettori e il dibattito dopo la delibera del Comune di Firenze per l'istituzione del cimitero per i bambini non nati

Come era da immaginare l’approvazione della delibera comunale, avente ad oggetto l’istituzione del cimitero dei bambini non nati all’interno del camposanto di Firenze, ha innescato l’ennesimo confronto sulla natura giuridica degli embrioni e dei feti e conseguentemente un dibattito nuovo sulla 194. Nuovo, perché , mentre per un verso si dice da più parti che la legge legalizzante l’interruzione volontaria di gravidanza “non si discute”, anzi se ne sottolinea l’intangibilità, dall’altro ci si scaglia contro chi ne rimarca la rinnovata valenza, soprattutto in un momento in cui l’autodeterminazione delle donne al riguardo viene ancora una volta messa in discussione. Succede, così, che siano messe sulla griglia mediatica giornaliste del calibro di Marina Terragni, scrittrici quali Lidia Ravera, convinte assertrici della 194 che, nata per eliminare la triste piaga delle morti per aborti clandestini, è venuta nel prosieguo ad assumere la valenza del riconoscimento in capo alla donna del diritto a non vedersi imposta normativamente una gravidanza. La critica che viene a loro rivolta, nonché a quante, come il Comitato Se non ora quando di Firenze, sostengono la pericolosità di una delibera che, con l’istituzione di un ‘area ben determinata all’interno del cimitero di Firenze specificamente destinata all’inumazione dei bambini non nati, si configuri quale “un chiaro attacco alla 194”, è che non può essere vietato il seppellimento dei figli ai genitori che ne facciano richiesta. Si fa leva sulla legittimità dei sentimenti di dolore e di sofferenza in capo a madri e padri che vogliono avere un luogo dove raccogliersi nel ricordo dei propri bambini non nati, ma, così facendo, si sposta l’argomento del confronto su di un terreno estremamente scivoloso, destinato a farci piombare in un pantano di vere e proprie sabbie mobili. I sentimenti contro i valori, la pietà contro la libertà, sono contrapposizioni idonee a non consentire un dibattito scevro da condizionamenti fuorvianti.
Focalizzando, invece, l’attenzione sulle disposizioni normative relative all’inumazione, con particolare riguardo ai feti, il dpr n.285/1990 prevede che quelli tra le 20 e le 28 settimane, come pure gli omologhi di età gestionale inferiore a 20 settimane, possano essere sepolti per volontà dei genitori “con permessi rilasciati dalle unità sanitarie locali”. Quando, allora, si attacca Lidia Ravera colpevole, a detta dei detrattori, di aver utilizzato il termine”grumi di materia”, perché lo si fa, se è chiaro a tutti che si riferisce ai prodotti del concepimento inferiori a tali periodi, ossia agli embrioni di gravidanze che le donne scelgono di interrompere nel pieno rispetto della 194, cioè nel termine di tre mesi, ossia 12 settimane? Quando se ne chiedono le dimissioni da assessore regionale alla cultura del Lazio, perché la si considera rea di aver definito le donne “animali di servizio della specie”, si compie una palese strumentalizzazione delle sue parole, perché la scrittrice confuta l’approccio culturale per il quale, essendo le donne fonte di vita, non possono decidere da sé in piena libertà e coscienza di non portare avanti una gravidanza. In questo aria , già per suo conto difficile da respirare, si assiste sconcertate finanche a titoli di articoli mutanti, perché anche le parole in queste circostanze diventano più pericolose delle pietre, come nel caso di un’intervista rilasciata da A. Kustermann, primario ginecologo a Milano, nonché medico non obiettore. La sua frase “trovo il dibattito molto vetero” diventa nell’intestazione del pezzo giornalistico “care femministe siete vetere”, cosicchè subitamente smentisce ed il titolo successivamente diventa “i cimiteri per i bambini non nati aiutano a superare il lutto”.
Donne che dividono le donne, che a loro volta sono divise sull’argomento 194, questa parrebbe la sintesi del confronto, se non fosse che ognuna all’inizio premette “fermo restando la libertà delle donne e il rispetto della 194”. Ma, se è così, perchè tutto il furore ideologico di questi giorni non lo si devia verso un fine altro e più alto, ossia rendere a questa legge un senso reale e concreto non più riscontrabile in regioni ove la percentuale dei medici obiettori nelle struttrure ospedaliere pubbliche si avvicina al 90%? Mi aspetterei più onestà intellettuale in coloro i quali utilizzano il dibattito sui cimiteri dei bambini non nati per dire che in fondo è bimbo anche quello oggetto di un’interruzione volontaria di gravidanza effettuata nel pieno rispetto della legge. E a chi non veda quanto le delibere comunali istitutive di aree specifiche per l’inumazione dei prodotti del concepimento di età gestionale inferirore alla 20° settimana vadano in questa direzione, dovrebbe ribattersi di rimando che le norme del 1990 già prevedono tale possibilità. C’è solo un particolare non di poco conto da evidenziare: queste delibere sono atti amministrativi, statuenti il riconoscimento in capo all’embrione di un diritto pari a quello valevole per un defunto ad essere inumato o cremato in base alle norme previste dai regolamenti cimiteriali di ogni singolo comune. La legge 194, tra il diritto di chi persona non è e quello della donna di non morire di aborto clandestino, ha scelto la tutela di quest’ultima. Sembra quasi che oggi quel diritto le venga svuotato di senso non solo logico, ma anche per così dire emotivo, visto che le aspettative sulla interruzione volontaria di gravidanza, disattese da un sistema sanitario pubblico incapace di arginare il fenomeno dell’obiezione di coscienza, si accompagnano ad un dibattito che, pare, sia finalizzato a colpevolizzare quante decidano di non volere seppellire i resti di un’interruzione volontaria di gravidanza. E succede così che provo ad immaginare gli stati d’animo di una donna che in passato ad essa è ricorsa, mentre oltrepassa l’area cimiteriale destinata appositamente all’inumazione dei “bambini non nati”, denominata, che so, il Giardino degli angeli. Ci vuole poco a rappresentarmi i suoi sensi di colpa per non avere disposto che ciò che restava di un figlio indesiderato non sia stato seppellito, ma bruciato in un inceneritore come un rifiuto ospedaliero. Mi sembra quasi di avvertire i suoi contrastanti sentimenti, nell’immediato di dolore per come è finita quella gravidanza non voluta e nel prosieguo di libertà per non essersela sentita imposta per legge. Succede, poi, che razionalmente qualifico la colpa di quei ricordi sofferenti come non sua , ma di quanti per meri calcoli politici o ideologici hanno deciso che debbano essere destinate delle apposite aree cimiteriali ai bambini non nati a causa di un’interruzione volontaria di gravidanza. E, se la normativa nazionale prevede che “a richiesta degli interessati possano effettuarsi nei cimiteri le inumazioni sia dei prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane che dei feti abortiti spontaneamente o per esigenze terapeutiche tra le 20 e 28 settimane”, il mio sdegno sale prorompente per come siano per l’ennesima volta usati i sentimenti, i corpi e la dignità di quella donna, e non solo.
(10 Novembre 2013)

lunedì 28 ottobre 2013

le "eroine" alla 7 maratona di lettura

All'interno della settima maratona di lettura  presso la Biblioteca  Comunale di Corsico , ieri sera , l'associazione "ventunesimodonna"  e altre donne hanno dato voce  alle eroine di ieri e di oggi : Penelope, Euridice, Demetra, Cristina di Belgioso, Lina Merlin, Anna Politowskaja, Emanuela Loi, Malala Ousafzai, Giusy Nicolini,
leggendo brani tratti da:
Adriana Cavarero  Nonostante Platone
C. A. Duffy  La moglie del mondo
Cristina di Belgioso   Della presente condizione delle donne e del loro avvenire

Lina Merlin   La mia vita                                  
Anna Politowskaja    Cecenia                        
Yousafzai Malala    Io sono Malala
Nando dalla Chiesa   Poliziotta per amore         
Giusy Nicolini   Appello della sindaca di Lampedusa











Non poteva mancare  sul palco un "posto occupato" simbolo delle donne vittime di violenza maschile , presentato con partecipata emozione dalle ragazze della "Compagnia Teatrale non a caso"

Una serata intensa, piena di stimoli e suggestioni

sabato 26 ottobre 2013

Antonia Laterza, l'Huffington Post  |  Pubblicato:  |  Aggiornato: 25/10/13 CEST
World Gender Gap Report 2013.
Le donne e il loro avanzamento in politica, economia, educazione e salute
Il paese "più vivibile per le donne"? L'Islanda, che si riconferma in cima alla classifica annuale del World Economic Forum Gnder Gap Report, i dati ufficiali sulla disuguaglianza di genere nel mondo. La situazione generale del genere femminile è migliorata: 86 paesi su 133 hanno accorciato il divario fra uomo e donna. Fra questi c'è l'Italia che è avanzata di 9 posti, dal numero 80 del 2012 al 71 di quest'anno.
 

giovedì 24 ottobre 2013

le eroine nascoste alla 7° maratona di lettura in Biblioteca a Corsico


Domenica  27 ottobre dalle 21 alle  22 

All'interno della settima maratona di lettura  presso la Biblioteca  Comunale via Buonarroti 8 -Corsico L'associazione "ventunesimodonna" dà voce  alle eroine di ieri e di oggi. Vi aspettiamo per salutare insieme le donne occultate dalla storia
 
 

mercoledì 23 ottobre 2013

ASSEMBLEA SOCIE

Mercoledì 23 ottobre 2013 ore 20.30 presso il Bem Viver Cafè (saletta sotto)  via v.Monti 5 Corsico,
 

è convocata l'assemblea delle socie dell'Associazione "ventunesimodonna", col seguente ordine del giorno:

-  valutazione del lavoro svolto

- programmazione annuale ( in allegato idee, proposte, sogni ecc.)
- rinnovo delle cariche
- varie ed eventuali

Vi aspettiamo numerose e propositive,
la presidente Daniela Labella

ps. sarebbe bello  cenare insieme prima della riunione, chi fosse interessata ci avvisi in modo che possiamo prenotare

sabato 19 ottobre 2013

Per il funerale di Lea Garofalo a Milano insieme a Denise


Sabato 19 ottobre alle 10.30 sarò in piazza Beccaria a Milano, per i funerali di Lea Garofalo. Dopo quattro lunghi anni di processi, depistaggi e verità strazianti, si terrà finalmente una messa per Lea. Proprio come desidera da sempre Denise, sua figlia.
La storia di Lea Garofalo in questi anni, grazie alla determinazione di Denise, all'appoggio delle associazioni antimafia, e talvolta delle istituzioni, è stata una delle più importanti per raccontare il rapporto tra donne, testimoni di giustizia e 'ndrangheta. Una delle tanti morti di cui siamo responsabili: uccise o suicidate cambia poco. Almeno rispetto al nostro ruolo.
Lo scorso maggio la Corte d'Assise di Milano ha confermato quattro ergastoli per Massimo Sabatino, Rosario Curcio, Vito e Carlo Cosco. Quest'ultimo ex compagno di Lea, padre di Denise. Un papà che ha fatto finta di prendersi cura della figlia, facendole credere che la madre "irresponsabile" fosse scappata. Mentre gettava Denise tra le braccia di uno dei complici dell'omicidio di sua mamma.
Ma Denise non capiva, non si rassegnava. Cercava la verità.
Le mafie uccidono le donne
Abbiamo raccontato Lea Garofalo nel dossier "Sdisonorate" dell'associazione antimafie daSud, un libro in cui per la prima volta sono state raccolte tutte le storie delle donne vittime dei clan. Una ricostruzione che demolisce ogni stereotipo e falso mito: le mafie uccidono e hanno ucciso sia donne che bambini.
Lea era originaria di Petilia Policastro, paesino della provincia crotonese. Si ribellò alla 'ndragheta nel 2002. Da testimone di giustizia, sottoposta a protezione, cominciò a rivelare i particolari delle faide interne alle 'ndrine. Principalmente denunciando quelli della famiglia in cui era nata e cresciuta.
La sua collaborazione con la giustizia fu osteggiata da tutti. Soprattutto dal suo ex compagno Carlo Cosco, sul cui conto Lea ha avuto sempre tanto da svelare.
Le minacce
Dopo una sospensione temporanea del programma, Lea Garofalo fu riammessa alla tutela nel dicembre del 2007: da quel momento iniziò ad essere vittima di minacce e agguati, uno dei quali, nel 2008, prevedeva il suo rapimento. Riuscì a sfuggire grazie all'intervento di Denise e dei carabinieri.
Un rapporto travagliato quello con lo Stato, con la giustiza, con l'ombra della sua famiglia e dell'ex compagno Cosco. Nell'aprile 2009, qualche mese prima della sua "scomparsa", decise di rinunciare alla protezione, tornare a Petilia Policastro e traslocare a Campobasso.
Il rampimento e la tortura
Il 24 novembre del 2009 Carlo Cosco attirò l'ex compagna in via Montello. "Per parlare del futuro di Denise". Lì, vicino al cimitero monumentale di Milano, alcune telecamere inquadrarono Lea per l'ultima volta. Prima di cadere in una trappola: venne rapita, portata in un magazzino, interrogata. Torturata per ore. Strangolata. Il suo cadavere fu trasportato in un terreno vicino San Fruttuoso e bruciato dentro un bidone. Poi sepolto.
La forza della verità
Denise però non si arrese. Non ha mai creduto che sua madre l'avesse abbandonata. Iniziò così un processo in cui la sua ostinazione e la sua voglia di giustizia sono state ripagate. Denise è stata forte, ha rinnegato in aula l'unico genitore che possiede, autore del peggiore dei crimini possibili. Un processo complicatissimo che ha fatto riaffiorare tutte le verità. Alcune impossibili da immaginare.
Lea e Denise rappresentano due donne forti e coraggiose. Che ci ricordano ogni giorno come sia importante ribellarsi ai soprusi, alle intimidazioni, alle violenze delle mafie. Anche quando sono nella tua famiglia, ed hanno il volto del tuo compagno, di tuo fratello, del tuo amante. Di tuo padre.
Noi ci saremo
Non solo per questo sarò a Milano sabato mattina ai funerali di Lea, assieme a Don Luigi Ciotti, al sindaco Giuliano Pisapia, che grazie alla sua sensibilità ha squarciato il velo dei luoghi comuni sulle mafie al Nord, portando il Comune di Milano a costituirsi parte civile in tutti i processi per mafia.
A Milano insieme a Denise. Per dirle che le saremo accanto nella sua nuova vita.