lunedì 21 ottobre 2024

Leggo che quasi quasi è colpa di Celeste, l'ultima donna vittima di femminicidio ieri, perché non avrebbe accettato di andare in un rifugio segreto. Maria Andaloro

 Leggo che quasi quasi è colpa di Celeste, l'ultima donna vittima di femminicidio ieri, perché non avrebbe accettato di andare in un rifugio segreto.

Mettiamo che abbia detto di no all'inserimento nella struttura protetta, magari pensando alle conseguenze, prima di puntare il dito.

Io la capisco, avrebbe dovuto prendere la sua vita, già rovinata dall'ex marito violento che aveva denunciato e dal quale si stava separando e quella di 5 figli, fra cui minori, e sdradicare tutto e tutti da abitudini, familiari, scuola, amici...

Scappare e nascondersi.ei e i figli vittime di violenza assistita.

Pensate, banalmente, all'inserimento in una scuola nuova (5 figli).Immaginate la festa di compleanno del figlio che non può invitare nessuno a casa perché non è la sua casa, lui vive nella casa a indirizzo protetto.Pensate se uno degli adolescenti stesse vivendo il suo primo amore.

Pensate se uno dei figli dopo tanti colloqui, avesse trovato un lavoro.

Io la capisco.

Ma allontanate lui!  Il responsabile del disastro, denunciato.

Vanno allontanati gli uomini violenti, non le donne e i figli minacciati, in pericolo.

Devono andare lontano. (E non in segreto).

Andrebbero istituite le strutture di accoglienza per uomini maltrattanti, loro allontanati e col braccialetto e, se veramente volessero cambiare, facessero un percorso serio di recupero.

E non per risparmiare (furbescamente) anni di carcere dopo aver commesso i reati; troppo comodo, dopo.

Questi si che sono "irregolari"! E poi tornassero nella civiltà, se sono capaci.

... e comunque il "braccialetto" se fosse più intelligente, dovrebbe suonare, allertare le forze dell'ordine pure se uno prende un coltello in cucina per tagliare il pane, glielo farei comprare gia affettato!

Questo aveva la pistola. Ex agente penitenziario.

Scusa Celeste, anche questo tocca spiegare... E tu non puoi.

Andare su marte se poi sulla terra siamo all'età della pietra non capisco a chi possa servire.

E noi contiamo donne uccise perché non contiamo...

Maria Andaloro

https://www.facebook.com/anna.camana.7


lunedì 14 ottobre 2024

La notizia della decisione di assegnare il Premio Nobel per la Pace all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo ci ha emozionate.

Solo pochi mesi fa l’iniziativa “Donne di pace” curata della nostra associazione col patrocinio del comune di Corsico ha portato in piazza donne e uomini, bambine e bambini a riflettere sul valore della pace e sul pericolo della guerra.

Il laboratorio “Una gru per la pace” è stato un modo per ricordare la tragedia della bomba atomica sganciata il 9 giugno 1945 su Hiroshima e Nagasaki.
Le gru, salutate dalle colombe simboli di Pace del Monumento di Corsico, sono arrivate al Memoriale di Pace di Hiroshima in ricordo di Sadako, la bambina dalle Mille gru, vittima delle radiazioni della bomba atomica e di tutte le bambine e di tutti i bambini vittime della follia della guerra.
... In un secondo, l’uomo aveva compiuto, con l’aiuto della scienza, il primo tentativo di annientare se stesso. Il tentativo era riuscito.
Dopo le bombe atomiche lanciate sul Giappone, grazie agli “HIBAKUSHA” (uomini e donne sopravvissuti e loro discendenti) si è consolidato nel mondo il “tabù nucleare”.
La preoccupazione sollevata da Oslo è che tale tabù internazionale in questi ultimi anni sia messo in discussione, visto il dibattito in corso sulla possibilità di utilizzare “bombe nucleari tattiche”
Il premio Nobel di quest'anno serve a rinnovare la necessità di mantenere questo tabù ed è un richiamo alla responsabilità rivolto agli uomini potenti del pianeta.


sabato 12 ottobre 2024

La libertà delle ragazze Anna Pascuzzo

 Da adolescente degli anni Settanta dello scorso secolo dello scorso millennio, iniziai il mio viaggio verso l’età adulta con un crudo confronto tra il mondo delle speranze, dei sogni, delle ambizioni e le risorse familiari e personali a disposizione per poterli realizzare. La mia voglia di studiare era tanta e, per aumentare la disponibilità economica della famiglia, mia madre, come tante mamme dell’epoca, trovò un’occupazione.

Intrapresi un percorso di studi con l’obiettivo di conseguire un diploma immediatamente spendibile nel mondo del lavoro. Compresi presto che il sostegno affettivo dei miei genitori non era sufficiente se non accompagnato da quello economico. Capii quanto fosse importante lavorare e poter disporre di un reddito per frequentare l’università, realizzare le mie aspirazioni, e più tardi, per essere padrona della mia vita e libera di poter essere.
Anche il viaggio quotidiano tra casa in periferia e scuola al centro di Roma, condiviso con Maria e poi con Cinzia, Paola, Rita che si univano a noi nel percorso, ogni giorno ci faceva conquistare un po’ di libertà e ci rendeva autonome. Un esercizio quotidiano di speranze (il nostro futuro) e di responsabilità (il nostro presente). Nonostante il controllo esercitato dalla mia famiglia sulle amicizie, sulle uscite pomeridiane, sull’abbigliamento, varcata la porta di casa mi sentivo meravigliosamente libera e padrona di me stessa. L’unico mezzo di comunicazione era il telefono pubblico e ogni adolescente aveva in tasca l’apposito gettone per poterlo utilizzare.
La frequenza di una scuola femminile limitò le possibilità di sviluppo delle relazioni amicali, affettive e capacità di comprendere e interagire con il mondo maschile. La maggior parte del mio tempo e di quello delle mie compagne di scuola fu così dedicato alla scuola e allo studio. Talvolta l’occasione per raccontarci le nostre romanticherie arrivava inaspettata in qualche pomeriggio in classe, durante un’ora di “buco”. Tra racconti di amori immaginati e quelli vissuti non ricordo narrazioni di violenza fisica.
Gli echi della politica fecero capolino anche nell’austero istituto femminile e l’interesse per quello che succedeva nel paese cresceva insieme alle speranze di poter agire cambiamenti nella scuola, ambiente di vita quotidiana. Poi con il diploma in tasca, il tempo cominciò a correre e tra la ricerca del lavoro e la prosecuzione degli studi l’adolescenza sfumò nell’età adulta. Trovare lavoro non fu difficile e nel giro di un anno il percorso intrapreso verso l’autonomia fu rafforzato dai primi passi verso l’indipendenza economica. La libertà di poter essere cominciava a diventare realtà. Arrivò anche il momento di una relazione affettiva importante, ma non ero più una ragazzina ed ero sufficientemente attrezzata per riconoscere violenze fisiche, psicologiche e difendere la mia autonomia. Sono passati tanti anni da allora e mi è capitato tante volte di riflettere sulla libertà delle ragazze e sui cambiamenti nelle adolescenze che si sono susseguite dalla mia ad oggi.

Nel febbraio 2024 Save the Children ha pubblicato il rapporto Le ragazze stanno bene?, che illustra i risultati di un sondaggio, realizzato con Ipsos su un campione rappresentativo di 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 18 anni, indagando il tema degli stereotipi e della violenza di genere tra adolescenti. In particolare, è stato approfondito il tema della violenza di genere nella dimensione propria di vita di ragazze e ragazzi nella quale si intreccia l’ambiente di vita reale con quello digitale in una dimensione che viene oggi definita “on life”.
I risultati della ricerca delineano un mondo di relazioni caratterizzato dalla normalizzazione della violenza, nonché dalla persistenza di stereotipi di genere in tema di espressione delle emozioni, attività di cura, competenza affettiva e relazionale in cui le ragazze sono ritenute più competenti dei ragazzi.
Per quanto riguarda esperienze di violenza agita o subita è emerso che il 52% dichiara che ha o ha avuto una relazione nella quale ha subito un comportamento violento dal proprio partner e il 47% non nega di averlo messo in atto.
A questo dato, fra i tanti dati che emergono dalla ricerca, estrapolo quelli sui temi del controllo e del consenso nelle relazioni intime e sentimentali, oggetto di una interessante iniziativa in ambito scolastico. In particolare, ragazze e ragazzi si sono dichiarati molto o abbastanza d’accordo nelle seguenti misure:
il 30% nel considerare la gelosia come un segno di amore. Ne sono convinti il 38% dei ragazzi che hanno o hanno avuto una relazione di coppia;
il 26% nel ritenere che in una relazione intima possa capitare di chiedere di rinunciare a certe amicizie che possono infastidire la o il partner;
il 21% nel pensare che la condivisione di password di dispositivi e social con la persona con cui si ha una relazione intima sia una prova d’amore;
il 20% nel ritenere che sia normale e accettabile la geolocalizzazione del partner;
il 17% nell’accettare che in una relazione intima può succedere che scappi uno schiaffo ogni tanto.
Una riflessione su questi risultati è stata rielaborata dalle III classi della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo di Castellarano che hanno restituito il resoconto dell’esperienza vissuta con la pubblicazione del seguente articolo su Il Resto del Carlino. «Abbiamo appreso dell’indagine da un articolo di Viviana Ponchia pubblicato sul Resto del Carlino ed essendo rimasti molto colpiti ci siamo domandati cosa ne pensassimo noi e i nostri coetanei delle altre classi terze dell’istituto comprensivo di Castellarano. Per comprendere meglio abbiamo elaborato un questionario. Abbiamo sottoposto domande più generiche, riguardanti ad esempio la gelosia e se essa possa essere considerata un segno d’amore, così come, scendendo più in profondità, abbiamo domandato se in una relazione sia normale geolocalizzare il partner, se sia gesto di fiducia condividere le password o se, infine, sia tollerabile uno schiaffo ogni tanto. Riportiamo i dati che abbiamo raccolto: come speravamo è apparsa la decisa disapprovazione in fatto di geolocalizzazione e, altrettanto, che ogni tanto in una relazione possa partire uno schiaffo. In questo abbiamo notato una differenza rispetto all’indagine di Save the Children, dove una persona su sei accetta lo schiaffo nella relazione.
Di fronte a questo dato nazionale ci domandiamo come si faccia a protestare tanto contro la violenza di genere per poi accettare gli schiaffi e a non dire niente, anzi, a ritenerlo normale.
E non solo la violenza fisica anche quella psichica: dai dati nazionali emerge che due persone su tre affermano di essere vittime di controlli sui social tramite account fake e una persona su 5 sostiene di essere geolocalizzata dal partner anche se in modo diverso dalla violenza fisica: riteniamo anche questa una violenza e in quanto tale inaccettabile. Quasi la totalità dei giovani delle terze della Giovanni ventitreesimo non accetta neppure l’esclusione di certe amicizie e lo ritiene un comportamento messo in atto solo per gelosia. Ma proprio su questa dobbiamo soffermarci perché alla domanda ritieni che la gelosia sia un gesto d’amore nel nostro istituto la percentuale dei sì si spinge sino al 37%, al di sopra e di un po’ al 30% emerso dall’indagine Save the Children. Noi ragazzi della terza F di Roteglia, osservando i precedenti dati, abbiamo capito che stiamo sbagliando approccio su certi aspetti: riteniamo si debba educare i bambini fin dalla tenera età per evitare i pregiudizi e stereotipi insegnando valori come rispetto, l’uguaglianza, la collaborazione e la fiducia».
Credo che l’esperienza narrata dalle/dai protagonisti abbia aumentato la loro consapevolezza riguardo la violenza dei comportamenti analizzati, sia di quelli agiti on line, meno vigilabili dalle persone adulte, ma anche di quelli, tipo la gelosia, che possono essere scambiati come forme di interesse, o dare/ricevere uno schiaffo ogni tanto e non considerarlo un atto violento.
Raffrontando la mia adolescenza con quella di una ragazza di oggi, osservo che se le relazioni familiari sono improntate a un maggior dialogo e una diminuzione dei divieti riguardo la libertà personale, le relazioni affettive appaiono ancora caratterizzate da comportamenti e richieste da parte del partner, camuffate da prove d’amore, che condizionano fortemente libere scelte nel percorso di costruzione dell’identità che avviene in età adolescenziale. Senza trascurare forme di violenza digitale che colpiscono maggiormente le ragazze, quali ad esempio la diffusione non consensuale di immagini intime su chat di gruppo dei pari.
Non a caso nell’articolo è stata inserita un’immagine di una ragazza che si protegge dalle insidie del mondo rappresentate da figure tentacolari e mostruose.
Mi domando anche se certe relazioni vengano mantenute in vita solo perché essere fidanzate è testimonianza di successo sociale e quanto possa contare ricevere like su un post per consolidare, aumentare o rafforzare la propria autostima.
La normalizzazione della violenza nelle relazioni affettive e la diffusione crescente della violenza di genere sono problemi non solo della famiglia e della scuola, ma di tutta la società e andrebbero affrontati in tutti i contesti possibili, a partire dai posti di lavoro, associazioni culturali e sportive, ad esempio. Come ragazza degli anni Settanta dello scorso secolo dello scorso millennio sono molto attenta alla libertà delle ragazze di oggi e mi piace pensare di potermi rendere utile anche con una riflessione e con l’impegno a sostenere dialoghi e confronti quotidiani nei diversi contesti di vita, per testimoniare l’importanza di operare scelte per essere libera di poter essere.

Il report della ricerca di Save the children si può leggere qui:
https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/le-ragazze-stanno-bene

L’articolo delle classi III dell’Istituto comprensivo di Castellarano si può leggere qui:
https://ilrestodelcarlino.cronistinclasse.it/2024/03/07/le-ragazze-stanno-bene-storie-di-relazioni/

L’articolo di Viviana Ponchia si può leggere qui:
https://www.quotidiano.net/cronaca/adolescenti-violenza-di-coppia-322a7584


https://vitaminevaganti.com/2024/09/28/la-liberta-delle-ragazze/?fbclid=IwY2xjawF3EGRleHRuA2FlbQIxMAABHYYLxDYrbDV15z7qVWDhvELLQ_YIQunfP5jyMWX91d_tG4Ym-OeB2jW5DA_aem_yuTy2tliuXFzJA5gPv_8CA

mercoledì 9 ottobre 2024

Un giorno nessuno ti dirà:...

 Un giorno nessuno ti dirà: «ma è uscita di notte da sola… e con quella minigonna poi. Se l’è cercata». Un giorno nessuno ti dirà che i sampietrini sono stati creati per far stare zitte le donne: troppo impegnate, con i tacchi, a non inciamparsi e cadere. 

Un giorno una donna che ha rispetto per se stessa non sarà più chiamata egoista. Arriverà il giorno in cui la tua dignità non sarà chiamata superbia. Arriverà il giorno in cui le parole «isterica» e «pazza» non saranno più usate per mettere a tacere una donna quando dice una cosa scomoda. 

Un giorno si capirà che una donna che dice «no» non è frigida e una donna che dice «sì» non è «una poco di buono.» Che essere moglie, mamma, compagna non sopporta il verbo «devi» ma è una scelta. Come l’amore. E l'amore non bisogna implorarlo e nemmeno pretenderlo. Che i ricatti non hanno nulla a che fare con l’amore. Che lasciare ed essere lasciati non sono cose che dovrebbero far paura. 

Arriverà il giorno in cui una donna non dovrà più spogliarsi per attirare l’attenzione, perché si saprà che il suo valore non risiede nell'aspetto ma nella tenacia del cuore. Un giorno non dovrai più servirti del tuo corpo per nascondere la tua intelligenza e della tua intelligenza per nascondere il tuo corpo: perché oggi quando una donna parla, si è più interessati a commentare la taglia del suo reggiseno anziché la forza delle sue parole o l’eloquenza della sua voce. 

Un giorno non dovrai più temere il buio, la notte, le ombre. Non ti sentirai dire che il peccato è donna. E se ti rifiuterai di abbassare la testa, nessuno ti dirà che sei aggressiva e che qualche scappellotto da tuo padre te lo saresti meritato, da piccola. Oggi però non è ancora quel giorno: e allora sì come disse qualcuno essere donna è «una sfida che non annoia mai.» E tutte le sfide richiedono pazienza, intelligenza e accortezza. Ma arriverà quel giorno e tu allora saprai di essere finalmente libera. 

In memoria di Maria Campai e di tutte le altre donne la cui vita è stata spenta 💕

Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X #donna #donne #vita


https://www.facebook.com/rocchina.graziadei/posts/pfbid02bicpsUBohmjaGKeykCB28fH4eDzJVEfWCYT25zAxqE4ahuXvfJrSdQ2U4gA5iNDbl