lunedì 30 gennaio 2017

Storiche a congresso. «Il gender? Non è ideologia ma ricerca» Adulterio, lavoro, rotocalchi, prostituzione, religione: dal 2 al 4 febbraio le studiose discutono le questioni di genere. Ma ci saranno anche i colleghi maschi di ANTONIO CARIOTI

Si parlerà di adulterio nell’Alto Medioevo e di rotocalchi femminili. Di sessualità sotto la legge islamica e di «politiche dell’allattamento». Di geografia della prostituzione e del ruolo delle donne nelle Chiese. È davvero variegato il menu predisposto dalla Società italiana delle storiche (Sis), presieduta da Simona Feci, per il suo VII Congresso, che si tiene a Pisa dal 2 al 4 febbraio.
Sorta nel 1989, la Sis oggi ha circa 250 socie, tutte per statuto di sesso femminile, ma ai suoi incontri partecipano anche studiosi maschi. Raduna specialiste delle più varie epoche e branche disciplinari: c’è chi si applica al Medioevo e chi all’Africa, chi coltiva la storia economica e chi quella del diritto. Ma tutte hanno un interesse specifico non solo per le vicende delle donne, ma anche per la «storia di genere». Un’espressione, quest’ultima, che richiama le polemiche sulla cosiddetta «teoria del gender», bestia nera di una parte del mondo cattolico e condannata anche dal Papa.

D’altronde il titolo del Congresso di Pisa è «Genere e storia. Nuove prospettive di ricerca». Un indirizzo ideologico? «Neanche per sogno — replica Ida Fazio, docente dell’Università di Palermo e componente del direttivo della Sis —. Gli studi di genere, inaugurati nella storiografia dall’americana Joan Wallach Scott, non sono affatto il prodotto di una teoria per cui ciascuno potrebbe mutare o manipolare a piacimento la sua appartenenza sessuale. Il punto è che i ruoli maschili e femminili non sono predeterminati in modo rigido dalla biologia, ma vengono costruiti socialmente e culturalmente nelle diverse epoche, attraverso meccanismi che vanno esaminati sul piano storico».
È un filone di ricerca, prosegue Ida Fazio, che s’incrocia con la storia delle donne: «Gli studi di genere riguardano le rappresentazioni dei due sessi e le relazioni sociali prodotte dagli assetti patriarcali del passato: ci spiegano come gli uomini vedevano se stessi e le loro mogli, figlie, serve o amanti. Invece la storia delle donne mira a ricostruire il ruolo effettivo che giocava allora la componente femminile, al di là degli stereotipi dominanti e delle stesse leggi. Si scopre così che le donne gestivano attività economiche e commerciali, scavalcando i divieti e facendo concorrenza sottobanco alle corporazioni maschili dei mestieri. Oppure che esponenti femminili dell’aristocrazia erano attive in campo diplomatico: venivano mandate avanti a sondare il terreno dei negoziati, tanto poi quello che dicevano poteva essere smentito, dato che erano donne».
All’approfondimento di queste tematiche è dedicata la rivista della Sis edita da Viella, «Genesis», che è stata inclusa tra quelle di fascia A, cui è riconosciuta una particolare autorevolezza scientifica. Tuttavia i rapporti con l’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) risentono di un intralcio formale. «Possono essere interlocutrici ufficiali dell’Anvur — spiega Ida Fazio — solo le associazioni che riuniscono almeno il 45 per cento dei docenti e dei ricercatori strutturati in un raggruppamento disciplinare, tipo storia contemporanea o storia moderna. Dato che la Sis è trasversale alle categorie tradizionali, non ha tale requisito e può quindi essere sentita solo a titolo consultivo, benché sia stata la prima associazione di storici creata in Italia».
http://www.corriere.it/cultura/17_gennaio_29/societa-italiana-delle-storiche-sis-pisa-48e20f46-e64c-11e6-84c1-08780d9999f1.shtml

venerdì 27 gennaio 2017

Nel giorno della memoria ricordiamo una donna importante per la città di Milano, vittima dell'odio razziale. Aurelia Josz Firenze 1869 - Auschwitz 1944 di Maria Luciana Buseghin

«La Signorina è piccola, magra e pallida, vestita molto semplicemente» così scriveva il 1 marzo 1906 Alice Hallgarten Franchetti di Aurelia Josz, da lei particolarmente amata: si erano conosciute a Milano nel gennaio 1904, tutte e due appassionate promotrici della cultura e dell’emancipazione femminile[1].
Aurelia era figlia dell’ungherese Lodovico Josz e di Emilia Finzi. Compiuti gli studi di lettere lasciò Firenze per Milano dove dal 1906 al 1920 fu titolare della cattedra di storia e geografia nella Scuola Normale “Gaetana Agnesi” (su Gaetana Agnesi vedi voce). Ideò nuove metodologie didattiche per catturare l’attenzione delle allieve, utilizzando il teatro e realizzando con materiali cartacei, insieme a loro, un “museo” geografico e antropogeografico: sul suo innovativo metodo e la sua pratica educativa scrisse due manuali scolastici che riscossero un notevole successo[2].
Nel 1902 fondò la prima Scuola pratica femminile di agricoltura nell’orfanotrofio della Stella a Milano che verrà trasferita in una sede autonoma a Niguarda nel 1905 e che nel maggio 1909 Ada Negri presenterà con un memorabile discorso in occasione della «inaugurazione dei nuovi locali della scuola ingrandita e abbellita» come scrisse la stessa Josz che ne fu organizzatrice e direttrice a titolo gratuito fino al 1931, in parte sostenuta finanziariamente dalla “Società Umanitaria”, associazione milanese di ispirazione socialista fondata nel 1893. Particolare attenzione rivolse alle orfane interne al convitto ma la scuola ebbe anche allieve esterne, tra cui le figlie dei piccoli proprietari terrieri, spesso destinate a rimanere chiuse tra le mura di casa o a esercitare l’insegnamento, magari senza una vera vocazione. Convinta della necessità di una visione moderna dell’agricoltura, la Josz chiamò a insegnare i più importanti agronomi italiani e istituì molti corsi, tra cui bachicoltura e apicoltura, di particolare successo; nel 1921 fu la volta del primo Corso magistrale agrario per maestre rurali.
Nel 1905 compì un viaggio in Svizzera, Inghilterra, Francia e Belgio per verificare lo stato dell’educazione agraria femminile, su cui tenne al “III congresso dell’Educazione femminile” di Milano nel settembre 1906 una relazione in cui, tra l’altro, Aurelia apprezza particolarmente «le scuole pratiche agricole del Belgio» che si propone «di imitare nella prima scuola pratica agricola femminile italiana, la scuola milanese di Niguarda […] ove con un biennio di vita collegiale spesa tra lo studio e il lavoro pratico nel campo sperimentale, nel giardino, nel caseificio, nella bigatteria, nel pollaio, lavoro fortificatore dei muscoli e dei nervi, le fanciulle si preparano al disimpegno di tutti gli uffici di massaia»[3].
Il valore del lavoro agricolo e di un ritorno alla terra era un tema d’attualità nella cultura assediata dalla rivoluzione industriale, ma anche un tema dell’ebraismo sionista: Aurelia aderì al Gruppo sionistico milanese di Bettino Levi, in qualche modo sincretizzando la sua fede sionista con quella nella cultura, nell’impegno e nel progresso, così come fecero tante altre ebree italiane dell’epoca, indipendentemente dalla loro osservanza religiosa, che ebbero caro anche un altro tema sostenuto dalla Josz: quello della pace[4].
Nella prima metà degli anni Trenta impiantò, in soli sei mesi, un’altra scuola agraria a Sant’Alessio in provincia di Roma. Il governo fascista, che le aveva dato l’incarico, inaugurò la scuola come fosse la prima del genere, escludendo la Josz e affidando il nuovo istituto ad un’altra direttrice più gradita; inoltre tolse i finanziamenti statali alla scuola di Niguarda e l’incarico di direttrice ad Aurelia che aveva rifiutato la tessera del partito fascista[5]. Nel 1931 la Josz lasciò anche l’insegnamento di storia e geografia alla Scuola statale e si trasferì dalla sorella Valeria ad Alassio dove si dedicò a scrivere due saggi di critica letteraria, mentre sull’opera cui aveva dedicato la sua vita scrisse La donna e lo spirito rurale: storia di un’idea e di un’opera[6].
Rifiutatasi di espatriare dopo le leggi razziali del 1938, il 15 aprile 1944 venne arrestata ad Alassio (Imperia); condotta nelle carceri di Marassi (Genova) e da lì deportata prima al campo di concentramento di Fossoli, poi al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove giunse, dopo un viaggio nei vagoni piombati, il 30 giugno 1944. Venne uccisa, durante le selezioni iniziali, il giorno dopo il suo arrivo.

NOTE

1. Buseghin 2013, p.47; Aurelia Josz, Fiammella francescana, «Nuova Antologia», serie V, vol. CLXIV, fasc. 990, 16 marzo 1913, pp. 278-285.
2. La storia di Roma conforme ai programmi governativi delle scuole complementari e tecniche, II edizione, Casa Tip. Editrice Ditta Giacomo Agnelli, 1899, 16 pp.; La storia d’Italia nel Medio evo, conforme ai programmi governativi delle scuole complementari e tecniche, Milano, Casa Tip. Edit. Giacomo Agnelli, 1899, 167 pp.; Lo studio della topografia nelle scuole primarie e secondarie, Venezia, Ferrari, 1908, 7 pp.
3. Josz 1907, p. 14.
4. Educazione morale e Sionnismo, «L’Idea Sionnista», IV, 11 (novembre 1904) e in L’ebraismo e la pace in «Giovine Europa», II, 5, 18 maggio 1914: cfr. Miniati 2008, pp. 130-132.
5. La Scuola agraria di Niguarda fu trasferita a Cimiano, dove rimase attiva dal 1933 al 1945, anno in cui la sede fu devastata da un gruppo partigiano; riaperta nel 1956 nella Cascina Frutteto al Parco di Monza, è tutt’ora in funzione.
6. Matteo Maria Boiardo 1434-1494, Scrittori italiani con notizie storiche e analisi estetiche, edito da G.B. Paravia & C., Torino, 1936, 125 pp.; Severino Boezio nel dramma della romanità: visione della storia, Treves, Milano, 1937, 202 pp. La donna e lo spirito rurale: storia di un’idea e di un’opera [la scuola pratica agricola femminile di Niguarda-Milano, il corso magistrale agrario per le maestre rurali], Milano, A. Vallardi, 1932, 135 pp. Altri testi della Josz: La donna nell’agricoltura. Conferenza tenuta al Circolo Gaetana Agnesi. Società femminile di cultura, 19 maggio 1900, Stab. Tip. Ditta Giacomo Agnelli, 1900, 19 pp.; Le scuole agrarie femminili all’estero: note ed impressioni di viaggio, Milano, 1905, 38 pp.; Relazione e programma della scuola pratica agricola femminile in Niguarda (Milano) nel suo 8 anno di vita, Milano, Tip. Agraria, 1910, 21 pp.

Fonti, risorse bibliografiche, siti
Buseghin Maria Luciana, Cara Marietta... Lettere di Alice Hallgarten Franchetti (1901- 1911), Tela Umbra, Città di Castello, 2002, 573 pp.

Buseghin Maria Luciana, Alice Hallgarten Franchetti, un modello di donna e di imprenditrice nell'Italia tra '800 e '900, Pliniana Editrice, Selci Lama, 2013, 128 pp./ in particolare: Aurelia Josz, pp.47-50.

D'Annunzio Paola, Aurelia Josz (1869-1944): Un'opera di pionerato a favore dell'istruzione agraria femminile, in «Storia in Lombardia», n. 2, 1999, pp. 61-96.

Josz Aurelia, L'istruzione agraria femminile, «Vita Femminile Italiana», a. I, fasc. I, gennaio 1907, pp. 6-15: p.14.

Miniati Monica, Le “emancipate”. Le donne ebree in Italia nel XIX e XX secolo, prefazione di Mario Toscano, Viella, Roma, 2008 [ed. orig. francese 2003], 300 pp.

Vita Josz Valeria, Le origini della prima scuola agraria femminile italiana nel pensiero di Aurelia Josz, Nervi, Tip. Ongarelli, 1957, 23 pp.

Il sito web della Scuola Agraria Del Parco di Monza
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/aurelia-josz/

giovedì 26 gennaio 2017

Il sesso (negato) a settant’anni Dacia Maraini

Può una donna di settant’anni innamorarsi e pensare di essere ricambiata?

Innamorarsi certo, molte donne si innamorano anche oltre i settant’anni.

È l’essere ricambiate che diventa problematico.

Non per ragioni naturali. Gli esseri umani sono dotati di una sessualità che, in modi diversi, rimane viva fino alla morte.

I problemi sono solo culturali. È l’idea della sessualità che interferisce sulle nostre scelte, non la sessualità in sé. Sono i modelli che si trasmettono a creare la possibilità dell’innamoramento.

Un uomo con i capelli bianchi non esce dal concetto di seduzione, mentre una donna dai capelli bianchi crea ansia. Un uomo con le rughe sul viso si considera ancora attraente e seducente anche a ottant’anni, mentre una donna con le rughe sul viso respinge e repelle.

Quindi la sessualità dipende dalle rughe e dal colore dei capelli?

Certamente no. Ma diciamo che il modello seduttivo è talmente rigorosamente diviso fra maschile e femminile da creare dei tabù profondi che sono ancora in vigore nonostante l’emancipazione e le libertà conquistate dalle donne. Si tratta di uno dei privilegi più ardui da abbattere.

Parlo del privilegio sessuale che, legato indissolubilmente al potere, tiene ancora divisi i generi. La facoltà di conquistare e incantare sessualmente l’altro è considerata ancora il più prezioso dei poteri. Ed è il segno che, nonostante tutto, siamo ancora in pieno dentro una cultura patriarcale in cui la forza dell’eros è identificata con la forza della conquista, del possesso, del prevalere sull’altro.

Secondo questa logica, del tutto storica, l’uomo è attivo e la donna passiva. L’uomo ha una sessualità visibile, la donna invisibile, perciò inesistente. Il corpo maschile decide e agisce, il corpo femminile aspetta e riceve passivamente.

Anche la lingua italiana è basata su questo dualismo: si dice «possedere» per l’atto sessuale, ma è un verbo che si coniuga sempre al maschile.

Non esiste una donna che «possiede» nell’atto sessuale. Si dice «prendere» (la prendo, l’ho presa), ma sempre al maschile.

E ancora oggi l’omosessualità maschile è vista con disprezzo perché uno dei due si fa donna e quindi si fa possedere, penetrare dall’altro. Non a caso la parola più offensiva del linguaggio sessuale è «inculare»: «ti inculo», «la incula», «vaffanculo», ecc.

Il desiderio maschile è considerato essenziale per la continuazione della specie. Se non c’è l’erezione, non ci sarà seme e se non c’è seme non c’è riproduzione. Senza l’attività dello spermatozoo, l’uovo non viene fecondato. E quindi mentre il desiderio maschile viene valutato e incoraggiato, il desiderio femminile viene scoraggiato e represso.

Il desiderio femminile non conta niente per la riproduzione della specie.

Su questo principio l’uomo si è arrogato il privilegio di scegliere, sedurre, prendere, concepire.

Il suo seme gode di una sacralità che l’apparato genitale femminile non ha.

La sessualità femminile non si vede e quindi non conta.

L’uomo, per scegliere, ha bisogno di eccitarsi e per eccitarsi, la sua immaginazione deve essere stimolata su stereotipi espressivi quali la giovinezza, l’inesperienza, la bellezza innocente, la modestia, la seduzione silenziosa, l’esibizione di un corpo intatto e da forgiare.

Nella tradizione americana per esempio, il modo più comune per chiamare la donna amata è «baby». Il maschio cerca un corpo adulto, che nel possesso diventa bambino, un corpo da formare, proteggere, manipolare a proprio piacere. Per questo il possesso (ti amo e quindi sei mia) è ancora una delle principali forme di diritto familiare non scritto.

Ci sono uomini, anche preparati e colti, che identificano la propria virilità col principio del possesso e, quando questo principio viene messo in discussione da una compagna di vita poco docile o semplicemente vogliosa di qualche autonomia, entrano in crisi e si possono trasformare anche in assassini. Di qui la diffusione purtroppo dolorosa e in aumento del femminicidio.

Reazione storica alla emancipazione femminile.

Chi non vuole cambiare e rinunciare ai propri privilegi sessuali preferisce uccidere e morire piuttosto che abdicare all’idea del possesso della «propria donna». La sessualità androcentrica è nella cultura patriarcale una sessualità di invasione, di conquista, di occupazione.

Introdurre il seme dentro il ventre di una donna è ancora considerata una prerogativa maschile da difendere a ogni costo.

Ecco perché una donna di settant’anni, se vuole mantenere la sua dignità, se non vuole essere umiliata, deve sublimare il proprio desiderio di amore e di sesso e trasformarlo in sentimento di amicizia affettuosa, di tenerezza.

Per lo sguardo desiderante maschile un corpo femminile usurato dagli anni si trasforma immediatamente in una mamma, anzi una nonna, da venerare magari, ma certo non da desiderare.

Il maschio adulto può provare tenerezza filiale verso quel corpo sciupato, verso quel viso segnato, ma non può provare desiderio perché l’immaginazione è fatta di cultura e, come ho detto, il corpo ambìto, secondo i modelli più usurati ma ancora tanto vitali, deve essere più vicino all’infanzia che alla maturità.Il sesso (negato)
a settant’anni

Dacia Maraini

https://www.facebook.com/groups/249783391777356/permalink/1221274141294938/


mercoledì 25 gennaio 2017

Tu Non Sei Una Pari. Mi dispiace. ~ Dina Leygerman,

C'e' un post che sta facendo il giro dei social media, in risposta alla Marcia delle Donne di Sabato 21 Gennaio, 2017. Inizia con "Io non sono una "disgrazia per le donne" perche' non sostengo la marcia delle donne. Non mi sento una "cittadina di seconda classe" perche' sono donna..."
Questa e' la mia risposta a quel post.

Ringrazia

Ringrazia. Ringrazia le donne che ti hanno dato una voce. Ringrazia le donne che sono state arrestate e imprigionate e picchiate e gassate per farti avere una voce. Ringrazia le donne che si sono rifiutate di arrendersi, le donne che hanno combattuto senza sosta per darti una voce. Ringrazia le donne che hanno interrotto le proprie vite, che -buon per te- non avevano "cose migliori da fare" che marciare e protestare e manifestare per la tua voce. Per non farti sentire come una "cittadina di seconda classe." Per farti sentire una "pari."

Ringrazia Susan B. Anthony e Alice Paul per il tuo diritto al voto.

Ringrazia Elizabeth Stanton per il tuo diritto al lavoro.

Ringrazia Maud Wood Park per la tua cura prenatale e la tua identita' al di fuori di tuo marito.

Ringrazia Rose Schneiderman per le tue condizioni di lavoro umane.

Ringrazia Eleanor Roosevelt e Molly Dewson per la tua possibilita' di lavorare in politica e modificare le norme.

Ringrazia Margaret Sanger per i tuoi anticoncezionali legali.

Ringrazia Carol Downer per i tuoi pari diritti riproduttivi.

Ringrazia Sarah Muller per la tua pari educazione.

Ringrazia Ruth Bader Ginsburg, Shannon Turner, Gloria Steinem, Zelda Kingoff Nordlinger, Rosa Parks, Angela Davis, Malika Saada Saar, Wagatwe Wanjuki, Ida B. Wells, Malala Yousafzai.

Ringrazia tua madre, tua nonna, la sua bisnonna che non aveva la meta' dei diritti che hai tu adesso.

Tu puoi fare le tue scelte, parlare ed essere ascoltata, votare, lavorare, controllare il tuo corpo, difendere te stessa, difendere la tua famiglia, grazie alle donne che hanno marciato. Tu non hai fatto niente per guadagnarti quei diritti. Sei nata con quei diritti. Non hai fatto niente, ma cogli i benefici di donne, donne forti, donne che hanno combattuto la misoginia e resistito alla patriarchia e combattuto per te. E te ne stai sul to piedistallo, un piedistallo che sei fortunata ad avere, a digitare. Una guerriera da tastiera. Una combattente della noncuranza. Una che accetta cio' che le e' stato dato. Una che nega i fatti. Avvolta nella tua illusione di uguaglianza.
Tu non sei una pari. Anche se ti senti d'esserlo. Guadagni ancora meno di un uomo nel suo stesso lavoro. Guadagni meno come amministratrice, come atleta, come attrice, come dottoressa. Guadagni meno nel governo, nell'industria, nella sanita'.
Non hai ancora pieni diritti sul tuo stesso corpo. Gli uomini ancora dibattono sul tuo utero. Sulla tua cura prenatale. Sulle tue scelte.
Devi ancora pagare le tasse per necessita' sanitarie di base.
Devi ancora portare lo spray al pepe quando cammini da sola di notte. Devi ancora dimostrare in tribunale perche' eri ubriaca la notte che sei stata stuprata. Devi ancora giustificare il tuo comportamento quando un uomo si impone su di te.
Non hai ancora permesso di maternita' retribuito (o non retribuito). Devi ancora andare al lavoro anche quando il tuo corpo e' a pezzi. Quando soffri in silenzio da depressione post-parto.
Devi ancora combattere per allattare in pubblico. Devi ancora dimostrare ad altre donne che e' tuo diritto farlo. I tuoi seni ancora offendono.
Sei ancora oggettificata. Sei ancora fischiata. Sei ancora sessualizzata. Ti viene ancora detto che sei troppo magra o troppo grassa. Ti viene ancora detto che sei troppo vecchia o troppo giovane. Vieni elogiata quando "invecchi con grazia." Ti viene ancora detto che gli uomini invecchiano "meglio." Ti viene ancora detto di vestirti come una signora. Vieni ancora giudicata per i tuoi vestiti anziche' per cosa c'e' nella tua testa. La marca di borsa che porti conta ancora piu' della tua laurea universitaria.
Vieni ancora maltrattata da tuo marito, dal tuo ragazzo. Vieni ancora uccisa dai tuoi partner. Vieni ancora molestata, denigrata, disumanizzata.
Alle tue figlie viene ancora detto come sono belle prima che gl venga detto come sono intelligenti. Alle tue figlie viene ancora detto di comportarsi bene anche se "i maschi sono maschi." Alle tue figlie viene ancora detto che i maschi che gli tirano i capelli e le pizzicano lo fanno perche' gli piacciono.
Tu non sei una pari. Le tue figlie non sono pari. Siete ancora sistematicamente oppresse.
L'Estonia concede ai genitori fino a tre anni di permesso, pienamente retribuito per i primi 435 giorni. Gli USA non hanno norme che regolamentino il permesso di maternita'.
Le donne del Singapore si sentono al sicuro a camminare per la strada di notte. Le donne americane no.
Le donne della Nuova Zelanda hanno il divario salariale di genere piu' piccolo al mondo, al 5.6%. Il divario salariale degli USA e' del 20%.
L'Islanda ha il maggior numero di donne in amministrazione, al 44%. Gli USA al 4%.
Gli USA sono al 45° posto quando si tratta di uguaglianza delle donne. Dopo il Rwanda, Cuba, le Filippine, la Giamaica.
Ma lo capisco. Non vuoi ammetterlo. Non vuoi essere una vittima. Credi che il femminismo sia una parolaccia. Credi che non sia elegante combattere per l'uguaglianza. Odi la parola figa. A meno che ovviamente non sia per insultare un uomo che non rispecchia i tuoi standard di virilita'. Hai presente, il tipo di uomo che "permette" alla "sua" donna di fare tutto quello che le pare. Credi che le femministe siano emotive, irrazionali, irragionevoli. Perche' le donne non sono soddisfatte dalle proprie vite, dico bene? Accetta quello che hai e non ti arrabbiare, no?
Lo capisco. Vuoi sentirti in controllo. Non vuoi credere di essere oppressa. Perche' questo vorrebbe dire che sei davvero una "cittadina di seconda classe." Non vuoi sentirti come tale. Lo capisco. Ma non preoccuparti. Io camminero' per te. Io camminero' per tua figlia. E per la figlia di tua figlia. E forse tu vorrai ancora credere che il mondo non e' cambiato. Vorrai credere di aver sempre avuto i diritti che hai oggi. E va bene cosi'. Perche' alle donne che si prendono davvero cura delle altre donne e le sostengono non frega niente di quello che pensi di loro. A loro importa del proprio futuro e di quello delle donne che verranno dopo di loro.
Apri gli occhi. Aprili bene. Perche' io sono qui a dirti, insieme a milioni di altre donne, che tu non sei una pari. La nostra uguaglianza e' un'illusione. Un gioco di prestigio piacevole. Un trucco della mente. Mi dispiace dirtelo, ma tu non sei una pari. E non lo sono neanche le tue figlie.
Ma non preoccuparti. Noi cammineremo per te. Noi combatteremo per te. Noi ci alzeremo per te. E un giorno sarai davvero una pari, anziche' credere di esserlo e basta."
~ Dina Leygerman, 2017
https://medium.com/@dinachka82/about-your-poem-1f26a7585a6f…

domenica 22 gennaio 2017

Trump, la marcia delle donne. Un fiume a Washington

Attrice America Ferrera apre manifestazione a Washington. Hillary, marciamo per i nostri valori.

Sono 2,5 milioni i manifestanti in tutto il mondo che hanno aderito alla marcia delle donne organizzata nelle principali capitali contro l'insediamento di Donald Trump. Lo riferiscono gli organizzatori del Womens March.

Una marea umana a Washington per la 'marcia delle donne', una mobilitazione nata da un'idea lanciata su Facebook e diventata un evento storico con centinaia di migliaia di persone che, nel primo giorno dell'amministrazione Trump, si sono riversate nella capitale per far sentire la propria voce, per dare forma alla protesta contro un presidente che "non ci rappresenta", dicono. E il messaggio e' forte e chiaro nella mobilitazione che ha pochi precedenti, al punto che l'organizzazione dell'evento e' costretta a cambiare i piani all'improvviso per gestire l'enorme partecipazione, oltre ogni aspettativa. E quando la marcia parte cambia anche il tragitto: si va verso la Casa Bianca.

Si parla di oltre 500 mila persone che come un fiume in piena scorrono lungo le principali arterie della citta'. Un'onda rosa che nella protesta adesso sembra inarrestabile. Ma ci sono tutti i colori dell'America in questa massa umana, ci sono tutte le generazioni, ci sono gli uomini scesi in piazza da "alleati" delle donne, ci sono famiglie intere, con bambini piccoli. Ci sono i padri e le figlie. I nonni e i nipoti. C'e' chi ha guidato per dieci ore per essere qui. Chi e' arrivato in treno o in bus. E per tutta la mattinata i vagoni della metropolitana hanno viaggiato pienissimi. Qualcuno ha cominciato a scandire slogan e intonare canti fin da li', nonostante la calca. Alle fermate designate per la manifestazione scendono tutti e alzano subito i cartelli: Black Lives Matter, R-E-S-P-E-C-T, "I diritti delle donne sono diritti umani", "La diversità rende l'America grande ADESSO!". Sono tra le migliaia di messaggi, dai piu' classici ai piu' creativi. E non si contano i pussyhat, i cappellini rosa nati da un'idea di due amiche californiane e diventati simbolo della protesta. Li indossano anche i moltissimi uomini che marciano con le mogli, le figlie, le amiche, le sorelle. Il perche' lo spiega all'ANSA Michael Mcewen del Maryland: "Mi ha portato in piazza oggi il desiderio, da uomo, di essere un alleato delle donne. Non sono qui per guidare questa marcia, non sono io il protagonista, ma sono qui per difendere il rispetto dei diritti di tutti".

Parolacce Madonna in diretta, imbarazzo tv Usa
'Rivoluzione parte da qui, non abbiamo paura' ''E' l'inizio della nostra storia: la rivoluzione parte da qui. Noi non abbiamo paura''. Lo afferma Madonna, intervenendo alla marcia delle donne contro Donald Trump a Washington. Madonna nel suo intervento in diretta tv si lascia andare all'uso di parolacce, imbarazzando i network americani collegati in diretta, che tagliano corto, tolgono il collegamento e interrompono Madonna.


E dal sito della Casa Bianca 'spariscono' sezioni clima, diritti' - Le pagine sui diritti civili, il cambiamento climatico e i diritti Lgbt spariscono dal sito della Casa Bianca di Donald Trump. La sezione sul cambiamento climatico è stata sostituita da An American First Energy Plan, in cui non si parla di clima e si afferma che il presidente "è impegnato a eliminare le politiche non necessarie e dannose come il Climate Action Plan''. La pagina sui diritti civili è stata rimpiazzata dalla sezione Standing Up for Our Law Enforcement Community, in cui i timori su come la polizia agisce vengono sostituiti dalla richiesta di aumentare il numero delle forze dell'ordine. Nel sito le parole 'nero' o 'afro-americano' non compaiono in nessuno dei documenti sulle prossime politiche di Trump, cosi' come non c'e' una sezione dedicata a uno dei temi che ha piu' cavalcato nella campagna elettorale, l'immigrazione.
http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2017/01/21/hillary-marciamo-per-nostri-valori_c17ab632-7fa6-4bd9-a3f3-460fa2891260.html
 

sabato 21 gennaio 2017

Washington: le donne in marcia contro Trump di Cristina Piotti

La marcia delle donne americane contro Trump, e contro il pericolo di una nuova cultura sessista, è un evento diventato di portata globale. Anche Hollywood ha deciso di partecipare allo storico evento
Tutto è nato all’indomani della notte elettorale. La Clinton sconfitta, le battute sessiste del futuro presidente, il timore che, sui diritti umani (e sul ruolo delle donne), si facesse un enorme passo indietro.

Una nonna hawaiana (nonché giudice in pensione), Teresa Shook, ha condiviso il suo sdegno su Facebook, invitando altre donne a protestare con lei, marciando per le strade di Honolulu il 21 gennaio, giorno dell’insediamento di Donald Trump quale nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Quando Teresa è andata a dormire, il suo post era stato condiviso da una quarantina di amiche. Quando si è svegliata, erano diventate 10 mila, e la sua idea si era trasformata in una gigantesca, corale, marcia su Washington, dichiaratamente ispirata a quella storica manifestazione del 1963, quando il reverendo Martin Luther King Jr. pronunciò il suo celebre discorso, I Have a Dream.

Ma nel corso dei mesi, l’evento, ribattezzato semplicemente Women’s March, ha preso una piega prima nazionale, allargandosi a 50 città statunitensi, e poi internazionale, arrivando all’adesione di gruppi organizzati in una ventina di nazioni. Il 21 gennaio, quindi, migliaia di donne in tutto il mondo (solo 100mila si sono registrate per l’appuntamento nella capitale Usa), insieme a molti uomini, scenderanno in piazza per l’uguaglianza di genere, ma anche contro misoginia, razzismo e omofobia. L’appuntamento principale è atteso per le ore 10, tra la Independence Ave. e la Third Street S.W. (luogo ancora da confermare) per terminare di fronte alla Casa Bianca. Le organizzatrici precisano che (ufficialmente) non si tratta di una manifestazione contro Trump. E il portavoce del neoeletto presidente s’affretta a precisare che può contare su uno “straordinario” numero di supporter donne. Ma la verità è che la critica è meno che velata, l’obiettivo stesso della loro presenza alla marcia è chiaro a tutte: denunciare la condotta sessista e le affermazioni lesive del prossimo presidente degli Stati Uniti.

Come in passato, Hollywood si schiera. A poche settimane dal discorso fortemente critico, tenuto da Meryl Streep durante gli Oscar, le donne dello star system appoggiano la marcia. Da Amy Schumer ad America Ferrera, da Julianne Moore a Debra Messing, ecco le star che marceranno contro Trump, a Washington: guarda la gallery.
http://www.iodonna.it/attualita/storie-e-reportage/2017/01/20/marcia-delle-donne-contro-trump/