martedì 7 gennaio 2020

Buon 2020 con le femministe che ci piacciono! di Giovanna Badalassi

Le femministe che ci sono piaciute nel 2020
E alla fine ci siamo riuscite!

Sei giorni fa, leggendo la classifica annuale delle 50 donne che più hanno lasciato il segno nel 2019 del Corriere, e notando come questa comprendesse donne di ogni tipo, abbiamo scritto un post nel quale facevamo presente la differenza tra donne di successo e femministe di successo. Da questa riflessione abbiamo lanciato provocatoriamente una richiesta di segnalazione che riguardasse non tanto le donne quanto le femministe che più ci sono piaciute nel 2019,

Lo ammettiamo senza vergogna: abbiamo un po’ sottovalutato una provocazione che è stata invece presa molto sul serio. Abbiamo ricevuto moltissime segnalazioni e creato aspettative ben al di là di quello che era l’obiettivo del post. È emerso (inaspettatamente?) quanto forte sia il bisogno di riconoscimento dell’impegno di tante, non solo in termini di individuazione delle role model, ma soprattutto rispetto all’emersione, alla conoscenza e alla condivisione dell’impegno quotidiano di tante femministe.

Abbiamo deciso di pubblicare i nomi di tutte le femministe che ci sono state segnalate senza fare alcun tipo di selezione. Siamo ben consapevoli che, date le circostanze garibaldine con le quali è nato questo esperimento, non si tratta di segnalazioni di merito assoluto ma solo di merito relativo. Per tale motivo, nella consapevolezza di questi limiti, la lista con oltre 500 nominativi è in ordine rigorosamente alfabetico e rimarrà ancora aperta per alcuni giorni ad altre segnalazioni che vorrete mandarci (o rimandarci, non escludiamo di aver perso qualche segnalazione nel marasma di messaggi, chat e post che abbiamo ricevuto, e ce ne scusiamo).

Leggendo la lista cogliamo diversi spunti di riflessione su cosa significhi essere femminista oggi.

Il dilemma tra l’essere femminista e il fare qualcosa di femminista
Abbiamo bisogno di riflettere ancora molto su cosa voglia dire la parola femminista, perché in questa lista c’è di tutto: attiviste, giornaliste, paladine dei diritti, donne di spettacolo, di cultura, manager, avvocate, politiche ecc.. Femministe storiche assieme a femministe della nuova generazione, donne che si identificano come femministe ma anche donne che non si definiscono come tali ma che hanno fatto qualcosa di femminista, in alcuni casi a propria insaputa. Donne che esprimono il proprio femminismo a livello territoriale, altre che sono attive a livello nazionale se non internazionale.

Si tratta di un’enorme ricchezza ma anche di una grande complessità, di storie, culture, motivazioni e aspirazioni, che certamente ha contribuito alla frammentazione che oggi si osserva nel femminismo italiano, e non solo.

Il femminismo è letto sia come pubblico che privato, sia individuale che collettivo
Nella lista ci sono alcune donne che mai forse definirebbero sé stesse come femministe, che non appartengono a movimenti o gruppi ma che sono state segnalate per il valore delle proprie battaglie, spesso per sé stesse o per i propri familiari. Vi è quindi un riconoscimento del femminismo “privato” all’interno delle famiglie.

Ci sono poi ancora altre donne che non appartengono neanch’esse a gruppi o movimenti ma che hanno fatto qualcosa di femminista a livello pubblico.

In alcuni casi, invece, nonostante avessimo chiesto dei nominativi, ci sono state segnalate associazioni e organizzazioni di vario tipo, che vogliamo comunque citare a latere.

Anche in questo caso, il termine femminista copre quindi uno spettro molto ampio di situazioni che combinano in vario modo la dimensione privata e pubblica con quella individuale e colletiva.

Il femminismo degli anni 20 dovrà riconnettersi con sé stesso
Tante, troppe, sono le donne nella lista per meriti propri e senza appartenenza a movimenti o gruppi. E’ chiaro che la frattura generazionale avvenuta a partire dalla fine degli anni 70 fa sì che molte delle femministe di oggi si siano conquistate il proprio nome e status in modo autonomo e individuale senza un particolare sostegno e supporto da parte di reti di donne. Però, come vediamo dalla situazione delle donne in Italia, queste esperienze preziose non bastano. I tempi sono cambiati infatti non solo rispetto agli anni 70 ma anche rispetto ai decenni successivi, e cambieranno ancora: non si può pensare che il femminismo in Italia continui ad avere lo stesso livello di frammentazione che c’è stato finora. Occorre fare rete, “unire i puntini”, trovare un comune denominatore che unisca tutte e che sappia al contempo preservare la ricchezza di tutte queste differenze.

E’ paradossale che in quanto donne disponiamo in dosi massicce di quella capacità di fare rete e stringere legami e rapporti che non riusciamo ad esprimere altrettanto bene in quanto femministe.

Il femminismo 2020 non potrà/dovrà essere competitivo
Qualcuna nei vari commenti ha scritto che non piacciono le classifiche e non ha senso farle per le femministe. Un’obiezione che ci ha fatto piacere leggere perché è vero, questo esperimento non voleva essere una classifica e come vedete non lo è diventato.

Qualcun’altra ha mostrato una discreta quanto legittima aspirazione di visibilità e riconoscimento.

A noi vanno bene entrambi gli approcci, perché è giusto sia fare squadra, riscoprendo quel senso di sorellanza che dopo gli anni 70 abbiamo un po’ perso per strada, sia premiare chi si impegna, non solo per il giusto riconoscimento ma anche per offrire una fonte di ispirazione ad altre donne.

Di certo occorre trovare un punto di equilibrio, evitando di livellare tutto ma anche di incentivare dinamiche competitive che sono contro spirito del femminismo.

Il femminismo deve salvare solo le donne o tutto il mondo?
Per alcuni nominativi è interessante osservare la sovrapposizione tra il femminismo e l’impegno per la difesa dei diritti umani. Donne che si sono distinte per il proprio impegno contro il razzismo o a favore dei diritti degli stranieri, ad esempio, sono state indicate come femministe, senza essere associate ad uno specifico impegno a favore dei diritti delle donne. Questo ci porta a ragionare su fino a che punto si debba estendere il concetto femminismo, se debba limitarsi a sostenere i diritti delle donne o se si debba assumere la responsabilità di quello che lo circonda. A noi di Ladynomics piace la definizione più ampia di femminismo, che significa prendersi la responsabilità del mondo e della collettività. Quindi una visione più estesa di quella che identifica il femminismo nella tutela e difesa dei sacrosanti diritti delle donne, che non li esclude ma anzi li include e li valorizza. Il femminismo per definizione non può essere infatti autocentrato ma deve avere un’elevata consapevolezza ed una propria identità che si esprime appieno solo se sa pensare ai diritti di tutte e di tutti.

La lista delle femministe per l’anno prossimo e.. ringraziamenti!
Nella interminabile lista dei buon propositi per il 2020 c’è anche quello di ripetere questa esperienza. Lo promettiamo: più organizzata e strutturata, ma l’ondata di partecipazione che c’è stata ci fa pensare che ce ne sia bisogno.

Prima di lasciarvi alla lettura dei nomi, vogliamo ringraziare di cuore tutte le amiche che ci hanno aiutato con le segnalazioni, i gruppi di whattsapp, di facebook, le risposte su twitter o chi ci ha scritto via mail: è stato un impegno corale davvero intenso e gratificante.

Ah. Un’ultima cosa, così per chiudere.
Le femministe sono proprio belle. Tutte, anche quelle che non trovate nella lista per i limiti di questo esperimento, sono belle grazie alle proprie storie personali, emozioni, esperienze. E sono pure ricche. Ricche di ideali, visioni, motivazioni, entusiasmo.

Dobbiamo andarne tutte fiere perché sono, siamo, la parte migliore della nostra società.

Buon 2020 a tutte!

le liste dei nomi al link https://www.ladynomics.it/femministe-piaciute-nel-2019/?fbclid=IwAR1Iwr2aRxEHu1jlkk5fjx37W2UxTOFyphVkPtMCvUoz8SCVBR3tUham9Gk


Nessun commento: