lunedì 1 maggio 2017
Il primo maggio delle donne: le pioniere italiane che hanno fatto “un lavoro da uomini” di Leda Balzarotti e Barbara Miccolupi
Dalle prime laureate di fine Ottocento, alle protagoniste della politica. Dalle prime pilote alle astronaute, ecco 25 avanguardie a cui dobbiamo tutte qualcosa
Una donna con l’elmetto antinfortunistico in un cantiere colpisce ancora oggi, come una specie rara, eppure la lunga marcia delle donne nel mondo del lavoro è un racconto scritto soprattutto da pioniere che si sono fatte largo coraggiosamente in tanti ambiti, e parte da molto lontano. Tenacia, ostinata determinazione e una forza inesauribile a non lasciarsi sopraffare dai pregiudizi, e spesso anche dai limiti imposti dalla legge, sono gli ingredienti comuni alle storie di tante donne, che sono state capaci di conquistare il diritto a lavorare in campi tradizionalmente maschili.
Tra le prime a lottare per il proprio sogno professionale, è la piemontese Lidia Poët, che vera apripista, il 17 giugno 1881 diventa la terza laureata in Italia dopo i medici Ernestina Paper e Maria Farné Velleda, ma la prima in Giurisprudenza, con una tesi sulla condizione femminile e il diritto di voto alle donne. Non riuscirà ad esercitare la professione se non nel 1920, quando arriva nei tribunali alla rispettabile età di sessantacinque anni dopo averne trascorsi oltre quaranta di dure battaglie. Nel 1883 la Corte d’Appello di Torino respingeva così la sua richiesta di essere iscritta all’Albo degli Avvocati: «…Non occorre nemmeno di accennare al rischio cui andrebbe incontro la serietà dei giudizi se, per non dir d’altro, si vedessero talvolta la toga o il tocco dell’avvocato sovrapposti ad abbigliamenti strani e bizzarri, che non di rado la moda impone alle donne, e ad acconciature non meno bizzarre…».
Da allora la storia delle donne in carriera è stata un crescendo di faticose conquiste, messe a segno sfidando tradizionalismi di ogni sorta e vincendo i molti pregiudizi sulla prosaica inadeguatezza del gentil sesso. Dall’aviatrice, Rosina Ferrario, che ottiene con ferma volontà il primo brevetto femminile in Italia, e ottavo nel mondo, a Grazia Deledda, che sin da giovanissima lotta contro tutti per poter studiare e realizzare il sogno di scrivere e pubblicare le sue opere fino a essere insignita del Premio Nobel nel 1926.
Una determinazione che accomuna le rare protagoniste della politica da Tina Anselmi, prima a ricoprire la carica di ministro della Repubblica, alla collega di partito Rosa Russo Iervolino prima donna d’Europa ministro dell’Interno, come anche l’alpinista Nives Meroi, insignita del titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana «per gli eccezionali traguardi raggiunti nell’alpinismo di alta quota, un’attività che era rimasta a lungo prerogativa maschile».
Senza dimenticare la sfida portata avanti dall’astronauta Samantha Cristoforetti, arrivata prima italiana tra le stelle, e quella vinta dalla giovane ingegnere nucleare Anna Bassu, che dallo scorso marzo è la prima donna a dirigere un impianto di Enel Green Power e, senza giri di parole, dichiara alla giornalista del Corriere, Elvira Serra: «Credo che gli incarichi debbano essere assegnati per le capacità e il merito, e non sono prerogative né maschili né femminili». Quasi a tendere la mano a quelle audaci antenate che con le loro scelte di vita hanno dimostrato al mondo che non ci sono lavori e occupazioni precluse alle donne.
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