mercoledì 20 febbraio 2019

"Cosa prevede il decreto sicurezza" 26.02.2019 ore 20.30 Bem Viver Cafè,via Monti 5 Corsico


Continua il nostro viaggio nel complesso e complicato mondo delle migrazioni.
Dopo la prima tappa in Sicilia, Spagna e Marocco per incontrare le braccianti agricole con la guida di Stefania Prandi autrice del libro “Oro Rosso. Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo”, una seconda tappa a Riace città dell'accoglienza di migranti, con la guida di Tiziana Barillà autrice del libro: “Mimì Capatosta. Mimmo Lucano e il modello Riace”, la terza tappa per conoscere le donne sbarcate a Lampedusa raccontate dal medico Pietro Bartolo nel libro: “Le stelle di Lampedusa”,

Vi invitiamo a unirvi a noi    martedì 26 febbraio per la quarta tappa. Faremo un viaggio di gruppo per incontrare migranti dopo l'applicazione della “Legge sicurezza”. Cfr. volantino allegato

Il nostro viaggio prevede ulteriori percorsi di cui vi informeremo per tempo.

martedì 19 febbraio 2019

Dall'astrofisica alla biologa marina: le nuove Barbie ispirate alle grandi donne scienziate di Francesca Biagioli

"Eroine dell'ambiente" per ispirare bambine e bambini a sviluppare la passione per la natura e la scienza. Si tratta della nuova linea di bambole Barbie, le cui protagoniste sono donne impegnate in campo scientifico, nella conservazione ambientale e la sostenibilità.

E’ già da un po’ che il modello della classica Barbie è stato superato grazie al lancio di alcune linee di bambole che rappresentano professioni e carriere importanti o addirittura personaggi noti (ricordiamo ad esempio le Barbie ispirate alle gradi donne eroine). Dalla Barbie chirurgo a quella pompiere, dalla chef alla più classica ballerina, le Barbie ormai sono pensate per soddisfare i variegati gusti di bambine e bambini sempre più moderni e che sognano modelli a cui ispirarsi.

Adesso sarà possibile giocare anche con delle Barbie appassionate di natura. Di recente, infatti, Mattel e National Geographic hanno collaborato insieme per creare una linea di Barbie con carriere legate al mondo della natura e della sostenibilità.

Le nuove bambole, come annunciato in un comunicato stampa, saranno disponibili dalla primavera 2019 e includeranno una conservatrice della fauna selvatica, una biologa marina, una fotoreporter di fauna selvatica, un’entomologa (ovvero la professionista che studia gli insetti) e un’astrofisica. I due marchi mirano a rappresentare, come dichiara la Mattel, "occupazioni in cui le donne sono sottorappresentate".

E le bambole, come potranno notare tutti i bambini appassionati di questi temi, sono davvero molto realistiche.

Per assicurarsi che ogni bambola fosse il più autentica possibile, una commissione che includeva la redattrice della rivista National Geographic, Susan Goldberg, e alcuni esploratori del National Geographic, ha consigliato ai progettisti quali accessori e set da gioco dovevano accompagnare ogni modello.

Proprio la Goldberg ha dichiarato l’intento delle nuove Barbie:
"Aiutare le persone a capire il mondo è, ed è sempre stato, lo scopo principale del National Geographic. Attraverso la nostra collaborazione con Barbie, siamo entusiasti di raggiungere i bambini in un modo nuovo, usando il potere del gioco per ispirare la nostra prossima generazione di esploratori, scienziati e fotografi".

Piccolo (ma neanche tanto) neo: le Barbie dedicate alla natura sono realizzate, come tutte le altre, in plastica. Insomma saranno un modello “green”... ma solo a metà!
Ci auguriamo che in futuro si realizzerà una linea di Barbie in bioplastica.
https://www.greenme.it/vivere/speciale-bambini/30508-barbie-ambiente-national-geographic?fbclid=IwAR0paJCf22rPCFTtWaR_h0lPXCkUBtAYmg_sYJ9t2ndxy_Q7OVax0aT0Sjk

lunedì 18 febbraio 2019

SE UN MARITO VIOLENTO È ROBA DI CUI RIDERE]

Ho visto ora lo scherzo a Lorenzo Insigne mandato in onda da Le Iene. Non l’avete visto? Ve lo racconto. Lorenzo Insigne è un uomo geloso. Uno geloso al punto che sua moglie Jenny non può essere sui social, subisce ogni sera una perquisizione e controllo dello smartphone, viene rimproverata se per strada qualcuno la guarda.
Che hanno fatto allora quei geni de Le Iene? Un bello scherzone a Insigne, per fargli mettere in mostra tutta la sua gelosia. Inscenano così che la moglie sia contattata da un regista per un provino. Da qui parte il tutto: lui si ingelosisce che manco l’avesse chiamata Brizzi, fa mille domande, si agita, la prende a sberle. Continuano le chiamate e la costringe a dormire sul divano, sbotta davanti ai figli, che quando uno dei due va ad abbracciare la mamma capisci che quelle cose l’ha già viste. Ma non è finita qui. All’ennesima chiamata le strappa il telefono dalle mani, riaggancia, sbotta che lei è moglie e madre, di certo non può fare l’attrice. Siccome le sono anche arrivate dei fiori costringe la domestica a buttarli e avvisa: d’ora in avanti se non c’è lui in casa le cose destinate alla moglie dovranno essere rispedite al mittente. Tutto così, arriva perfino a dirle che l'indomani la accompagnerà a cambiare numero. La situazione esplode poi sul finale, quando Insigne raggiunge la moglie sul set, e lì viene svelato lo scherzo, lei “torna a essere una brava mogliettina”. Baci e abbracci.
È tutto così sbagliato che mi viene voglia di urlare. Ricapitoliamo. Nel corso dello scherzo lei prende botte, è costretta a dormire sul divano, subisce controlli costanti da parte del marito. Di fatto Insigne si comporta con la moglie come se fosse roba sua, ne limita la liberà. E Le Iene ci ridono su. Pensano bene che una roba come questa meriti di essere scanzonata in prima serata su Italia Uno. E invece questa è malattia, è maschilismo, è patriarcato. Di atteggiamenti del genere si muore. Per mariti così ogni giorno in Italia ci sono mogli che vengono umiliate, picchiate, che muoiono. Insigne dovrebbe vergognarsi, la povera Jenny Darone dovrebbe chiedere aiuto, Le Iene dovrebbero rispondere dell’aver mandato in tv uno spettacolo del genere.
https://www.facebook.com/search/top/?q=beatrice%20brignone&epa=SEARCH_BOX

giovedì 14 febbraio 2019

tutte pronte per ONE BILLION RISING 2019?

Vi aspettiamo oggi alle 18.30 a Corsico in via Cavour  presso la Fontana dell'incontro

- indossate qualcosa di rosso

- portate con voi una luce da accendere al ballo

- preparatevi a ballare esercitandovi al link
https://www.youtube.com/watch?v=mRU1xmBwUeA


mercoledì 13 febbraio 2019

Il gruppo contro i diritti di donne e omosessuali preferito dal Cremlino arriva a Verona in pompa magna Yuri Guaiana Presidente dell’Associazione Radicale Certi Diritti

A marzo l'Italia ospiterà per la prima volta il Congresso Mondiale delle Famiglie. La kermesse si svolgerà a Verona e ha ottenuto il patrocinio della Provincia e della Regione Veneto nonché del Ministero per la famiglia e le disabilità. D'altronde interverranno il Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, il Vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, il ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, Marco Bussetti e, naturalmente, lo stesso Ministro per la famiglia e la disabilità, Lorenzo Fontana.

Beh, dove sta la notizia, si chiederà il lettore. Per capirlo occorre indagare meglio cosa sia il Congresso Mondiale delle Famiglie e chi siano alcuni degli invitati all'edizione italiana.

L'idea di un Congresso Mondiale delle Famiglie nasce in Russia dalle conversazioni dell'americano Allan Carlson – allora presidente del Centro per la Famiglia, la Religione e la Società – con Anatoly Antonov e Viktor Medkov, due professori di sociologia all'università statale di Lomonosov a Mosca, e con un mistico ortodosso, Ivan Shevchenko.

L'idea si materializza nel 1997 dando vita a una coalizione di destra inter-confessionale, ma dominata da cristiani, dedicata alla difesa di ciò che chiamano «la famiglia naturale», ovvero una famiglia nucleare composta da un uomo e una donna sposati e dai loro figli, come emerge dalla World Family Declaration del 2014.

Tra i gruppi sostenitori e attivi nel Congresso Mondiale delle Famiglie vi è anche l'associazione americana Alliance Defending Freedom che, tra l'altro ha sostenuto contenziosi a favore della criminalizzazione dei rapporti omosessuali tra adulti consenzienti.

Secondo l'associazione americana Public Research Associates le stesse campagne per la «famiglia naturale» del Congresso Mondiale delle Famiglie sono usate anche per promuovere leggi che criminalizzano l'aborto e l'omosessualità.

Nel 2011 il governo russo ha iniziato a limitare la possibilità di discutere di aborto negli ospedali per iniziativa della parlamentare Yelena Mizulina (a cui, ricordiamo, non è consentito entrare negli USA dal 2014 quando Obama ha sanzionato alcune personalità russe dopo il referendum in Crimea) un giorno dopo la tenuta, a Mosca, del Summit Demografico, la più importante iniziativa in Russia del Congresso Mondiale delle Famiglie, che successivamente rivendicò il suo ruolo nell'approvazione della legge.

Nel giugno del 2013 la Duma approvò la legge «per la protezione dei bambini dalle informazioni volte a negare i valori famigliari tradizionali», che nel 2017 la CEDU ha giudicato violare il diritto umano alla libertà d'espressione dei cittadini Russi. La legge era stata proposta sempre da Yelena Mizulina e, anche in questo caso, la sua approvazione è stata il frutto di una lunga e curata campagna condotta da attivisti russi e americani del Congresso Mondiale delle Famiglie.

Tra coloro che finanziano la maggior parte del lavoro del Congresso Mondiale delle Famiglie in Russia vi è Konstantin Malofeev, uno dei miliardari ortodossi che fa da ponte tra le politiche di Putin e quelle dell'estrema destra europea, tanto da aver avuto anche un ruolo rilevante nel finanziamento dei neofascisti europei e filo-russi all'interno del conflitto ucraino.

Nel novembre 2016, il Congresso Mondiale delle Famiglie si è dato infine una forma più strutturata attraverso l'Organizzazione Internazionale per la Famiglia a Città del Capo, in Sudafrica, con l'obiettivo di darsi una politica più aggressiva che prenda di mira direttamente il matrimonio egualitario. Non a caso, la Dichiarazione di Città del Capo, il loro documento fondativo, dice esplicitamente di voler difendere l'istituto del matrimonio dalle coppie dello stesso sesso. Naturalmente, oltre che da loro, il matrimonio, e quindi la società tutta, devono essere difesi anche dalla pornografia, dall'adulterio e dal divorzio.

Ma vediamo come questi principi e questa storia si traducono nelle biografie politiche di alcuni dei relatori che prenderanno la parola a Verona il prossimo marzo.

La sfilata quanto mai imbarazzante si apre con l'Arciprete Dmitri Smirnov, presidente della Commissione patriarcale per la famiglia e la maternità che, tra l'altro, ha lo scopo di influenzare la Duma e di aiutare Putin a sviluppare politiche in linea con i dettami della Chiesa ortodossa.

Si continua con il presidente moldavo pro-Putin Igor Dodon, che nel 2017, dopo che la polizia ha disperso una manifestazione della comunità LGBT, ha detto: «non ho mai promesso di essere il presidente dei gay, avrebbero dovuto eleggere il loro presidente», con Babette Francis, animatrice di Endeavour Forum un'associazione conservatrice australiana "fondata per opporsi al femminismo militante" e contro l'aborto, così come per la criminalizzazione dell'aborto è Denise Mountenay.

Ma l'apice si raggiunge con la partecipazione di Theresa Okafor – un'attivista nigeriana tra le proponenti della legge del 2014 che criminalizza le relazioni tra persone dello stesso sesso, lo scambio di effusioni in pubblico e persino la frequentazione di locali e associazioni LGBT e di Lucy Akello, ministro ombra per lo sviluppo sociale in Uganda, che l'anno scorso, ha chiesto di riportare in discussione in Parlamento e approvare la legge anti-gay del 2014, anche nota come «Kill the Gays bill», che prevedeva originariamente la pena di morte, poi l'ergastolo, per «omosessualità aggravata».

Per non parlare di John Eastman che pure ha auspicato, nel 2015, l'approvazione della legge anti-gay ugandese.

Quindi la domanda è: com'è possibile che si accetti di vedere il sigillo della Presidenza del Consiglio dei Ministri accostato a un evento che sfida in maniera così sfacciata i principi fondamentali di uguaglianza e di non-discriminazione della nostra Costituzione e che ha fattivamente contribuito all'approvazione di leggi contrarie alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che pure l'Italia ha sottoscritto ed è impegnata a rispettare?

E ancora: al Parlamento europeo sta bene che il proprio Presidente partecipi a un simile evento?

L'Associazione Radicale Certi Diritti ha sollevato queste domande con i parlamentari di "Più Europa" Emma Bonino e Riccardo Magi che hanno deciso di presentare un'interrogazione parlamentare sottoscritta anche da Rossella Muroni e Ivan Scalfarotto.
https://www.huffingtonpost.it/yuri-guaiana/il-gruppo-contro-i-diritti-di-donne-e-omosessuali-preferito-dal-cremlino-arriva-a-verona-in-pompa-magna_a_23665225/?fbclid=IwAR2a02cc17bSPs7Zg8x4yyC2AN2oSkWGP8NzD-PvCsNhrPwKfEjTc5_zexw

martedì 12 febbraio 2019

Maria Rachele Ruiu sostiene che la violenza sulle donne sia colpa di pornografia, gay, aborto legale e di donne che lasciano i mariti

Dato che dietro al fondamentalismo sedicente cattolico finanziato da Putin ci sono sempre gli stessi nomi, forse non stupisce che Maria Rachele Ruiu si sia messa a scrivere articoli per conto di Provita Onlus in qualità di membro del comitato omofobo di Gandolfini, parte del direttivo della Manif Pour Tous di Jacopo Chighe, di curatrice per un corso di educazione sessuale biblica promosso nelle scuole da Forza Nuova, nonché di fiera sostenitrice della sottomissione femminile e del sesso bareback.
Nonostante la signora Maria Rache Ruoi ami sostenere che l'omofobia sarebbe «libertà di parola» e che la discriminazione sarebbe «libertà di espressione», è sbraitando come una indemoniata che chiede la censura della Finocchio e della Dandini in quanto donne non conformi al ruolo che Gandolini chiede sia imposto loro. Il tutto propinandoci le sue follie attraverso i finanziamenti pubblici che l'amministrazione leghista di Verona ha deliberato a beneficio delle organizzazioni politiche che si definiscono opinabilmente "pro-life".

Offendendo e insultando come sua abitudine, la fondamentalista si mette ad inveire contro uno sketch trasmesso dalla TV delle ragazze, in un evidente tentativo di fare branco dopo le isteriche critiche già avanzate dall'imputata Silvana De Mari sulle pagine de La Nuova Bussola Quotidiana. Dice:

La chiamano satira. Dicono che questa sia proprio lo stesso genere letterario che, sin dagli antichi romani, porta una critica alla politica e alla società, mostrandone le contraddizioni. Quel genere artistico che dovrebbe far sorgere sulle labbra dello spettatore un sorriso, nella mente un pensiero critico.
A me il sorriso è mancato, anzi è mancato proprio il respiro a immaginare bambini, ragazzi e adulti ascoltare cotanto dialogo (perché, cara Serena, magari le bambine durante la registrazione non hanno ascoltato quanto ha detto Angela Finocchiaro, ma, indovina un po’?, la registrazione è stata mandata in onda durante un programma in prima serata… che dici? Tutti gli spettatori e le spettatrici di qualunque età avranno ascoltato?).
Non voglio entrare nel merito dei miei pensieri scaturiti dalla battuta blasfema sulla Vergine Maria, perchè non sono stati pensieri cristiani (facile fare i blasfemi sempre con i cristiani, eh?), ma voglio soffermarmi sul “problema”, sulla “critica” che questa scenetta avrebbe dovuto rappresentare. Immagino che il quid fosse la violenza contro le donne (immagino solo, perchè onestamente mi sono risparmiata di guardarmi il prima e il dopo). Le nostre amiche, cioè, hanno inteso fare una critica alla società, al problema “della violenza contro le donne”, sottolineando che tutti gli uomini sono pezzi di me*da. Geniale. Andiamo a vedere perchè.

Forse qualcuno dovrebbe provare spiegare alla signora Maria Rachele Ruiu che le sue accuse di «blasfemia» sono tutt'altro che dimostrate, così come si potrebbe osservare che molte persone di buonsenso potrebbero ritenere che le sue parole siano assai più blasfeme e pericolose di qualunque battuta della Finocchiaro. Quindi perché mai la signora Maria Rachele Ruie dovrebbe poter bestemmiare il nome di Dio ogni qualvolta riterrà utile utilizzarlo come giustificazione all'odio mentre la Finocchiaro non dovrebbe poter fare un labile riferimento ai presunti annunci della Madonna di Fatima? Siamo forse già in dittatura?
E non passa inosservato neppure come la signora Mara Rachele Ruiu tenti di rilanciare gli slogan leghisti sul fatto che i cristiani sarebbero discriminati rispetto agli islamici dato che in televisione non si fanno riferimenti ad Allah. Ma come? Il suo amichetto Pillon e il suo idolo Salvini dicono che il cristianesimo sia una «tradizione» del popolo italiano e lei si lamenta che i riferimenti culturali siano a quella religione? Non sarà forse ovvio che in un Paese di tradizione cristiana si faccia riferimento ai simboli del cristianesimo e non contro chi lei vorrebbe fosse insultato per il suo piacere personale?

In quel patetico tentativo di alterare il senso alle parole che tanto piace al fondamentalismo, la signora Ruiu inizia a negare l'esistenza della violenza sulle donne attraverso semplificazioni imbarazzanti:

Il primo pensiero, scontato, che sono riuscite a farmi sorgere, è che mi spiace che loro abbiano avuto un rapporto brutto con il loro padre, ma il mio, di padre, non è pezzo di m*, anzi; così come non lo sono i miei fratelli, i miei amici; così come sicuramente non lo è mio marito. Ho incontrato uomini sgradevoli, così come ho incontrato donne sgradevoli. Uomini violenti, donne violente. Indistintamente.

Quel suo sostenere che non esisterebbe alcun fenomeno culturale che farebbe sentire alcuni uomini legittimati a picchiare la moglie è parte della negazione del femminicidio portata vanti dalle lobby integraliste. Il «vero femminicidio è l'aborto» si leggeva sui manifesti finanziati da Putin che sono stati stampati dal suo ex presidente Filippo Savarese.

Si passa così a deridere chi chiede la parirà di genere, sostenendo che la violenza sulle donne sia colpa delle donne. Non lasciassero i loro mariti, non verrebbero uccise, dice:

Sì, care Serena e Angela, e cari tutti gli autori di questa genialata, e car* tutt* sessantottin* ch* v* impegnat* a * asfaltar* l* figur* de* padr* d* ann* (ops, mi sono fatta prendere la mano), per evitare che aumentino gli omicidi efferati che compiono gli uomini quando vengono lasciati, abbandonati, e cioè tutti quegli omicidi nati, mi si perdonerà la semplificazione, da una mancanza di strategia di tolleranza della frustrazione, servirebbe riscoprire la figura del padre, e tutto quello che rappresenta. Volendo studiare questo fenomeno, infatti, non perché siano di più gli omicidi contro le donne, ma perché le donne e gli uomini sono obiettivamente diversi e quindi le donne vanno protette “di più”, perchè “più deboli”, volendo quindi riconoscere questo fenomeno, dicevamo, si scopre che in questa società post-moderna tecno-liquida dove tutto è “se posso pensarlo, lo pretendo, come e quando lo dico io”, i fattori di rischio che, interagendo tra loro, possono causare il fenomeno della violenza contro le donne, sono lo stress, la mancanza di strategie per tollerare la frustrazione (troppo pochi “no”, nella vita), scarsa stima di sè e della partner, uso di droghe e pornografia, incapacità di gestire i conflitti e incapacità di empatia. Tutti fenomeni imputabili a un’ assenza del padre.

Insomma, chi uccide la moglie per gelosia lo farebbe per colpa della pornografia o perché non c'è sufficiente mancanza di rispetto verso le persone transessuali. Certo, come no? Ed è patetico anche come la signora sostenga che le donne sarebbero più deboli in una negazione del fenomeno sociale che è la vera causa del femminicidio.
Iniziando a sostenere che la Dandini e la Finocchiaro vogliano promuovere droghe e pornografia, la fondamentalista aggiunge:

Sì, care Serena, Angela, e car* tutt*, mentre voi vi impegnate a indebolire la figura paterna, a farle perdere quella forza virile capace di iniziativa, azione, e disposta ad assumersi le responabilità delle proprie azioni, rendete difficoltosa la costruzione dell’identità, della stima, della fiducia verso se stessi e verso la vita dei nostri giovani. Mentre voi strappate con violenza, ehm… satira, da 50 anni, il padre ai ragazzi, strappate con violenza, loro, la libertà di essere, la libertà di riconoscere i propri limiti, la libertà di poter essere rifiutati.

Ed ancora, la signora Maria Rachele Ruoi si mette a ripetere i suoi mantra sulla necessità di dire ai bambini che i maschi devono fare sesso con le femmine:

E ancora un’altra volta sì, care Serena, Angela, e car* tutt*, insegnare sin da subito a gustare in famiglia la differenza complementare tra mamma e papà, cioè insegnare e testimoniare che mamma e papà nel riconoscersi diversi, nel riconoscere la forza, la peculiarità e la vocazione dell’altro, insegnare che proprio nel riconoscere queste differenze la mamma e il papà si alleano e portano frutto, protegge dalla violenza contro il diverso. Non fingendo che non ci sia differenza. La mamma e il papà, un’alleanza per la Vita, così come allenze più contingenti tra uomo e donna ma altrettanto preziose, nella complementarietà.

Dopo aver promosso il maschilismo, non poteva mancare una battuta maschilista sul fatto che le donne sopra una certa età non servano a niente:

No, care bambine, la fatina dei giardinetti deve aver dormito molto male questa notte (ehm sono molte notti che dormono male queste fatine, da una cinquantina di anni suppergiù) e, non volendo, si e ci stanno complicando la vita. Gli uomini non sono nostri nemici, anzi! Sono i nostri alleati migliori. Per la Vita. Nostra, e vostra. Per la felicità. Per andarci a prendere le stelle. Andiamoci, con loro.

Il proclamo firmato dalla signora Maria Rachele Ruiu dovrebbe farci riflettere, dato che lei è la fondamentalista che vorrebbe andare nelle scuole ad indottrinare i figli altrui al suo sessismo misogino con l'aiuto dei leghisti. E il suo essere donna non è un alibi: così come esistono gay alla Giorgio Ponte che odiano i propri simili, purtroppo esistono anche donne che odiano le altre donne.
https://gayburg.blogspot.com/2018/11/maria-rachele-ruiu-se-le-donne-non.html?fbclid=IwAR0Tm0dMx0U2InA8VXwR4mkEiYaz-yI9oRdVbwhlsY-o5h6aGMx1H87Oyu8&zx=ad827902eb4af219

lunedì 11 febbraio 2019

"Sgozzate quella comunista e parassita": messaggio in diretta contro consigliera Pd di Milano che denuncia l'autore

Diana De Marchi stava parlando del caso Diciotti durante un talk show quando è arrivato il messaggio sul cellulare riservato ai telespettatori. "La Digos informata, basta con la violenza anche verbale"
Un messaggio arrivato in diretta, durante un talk show politico su una tv locale. Niente giri di parole: "Sgozzate quella cagna comunista e parassita". Destinataria, la consigliera comunale del Pd di Milano Diana De Marchi, che è anche presidente della commissione pari opportunità. A denunciare l'episodio è la stessa De Marchi, che racconta: "Lunedi scorso, mentre partecipavo ad una trasmissione televisiva è arrivato alla redazione un messaggio molto grave contro di me. Stavamo discutendo del processo a Salvini ed è arrivato questo 'Sgozzate quella cagna comunista e parassita'. La Digos sta già facendo le opportune verifiche. Dopo averci riflettuto a lungo ho deciso di denunciare anche pubblicamente la cosa, perché è necessario fermare immediatamente ogni forma di violenza, anche verbale, sempre più diffusa nei social, soprattutto contro le donne, e pericolosamente incline a degenerare in aggressione fisica".

La trasmissione in questione era in onda sull'emittente Telenova, in studio con De Marchi anche Valerio Federico di +Europa e due politici di centrodestra, Angelo Ciocca e Stefano Maullu. De Marchi ha espresso la sua posizione sul possibile processo al ministro dell'Interno per il caso Diciotti, mentre i telespettatori inviavano i loro commenti a un numero di telefono. Durante la pausa pubblicitaria, tra questi messaggi, è arrivato quello in questione. La conduttrice Adriana Santacroce, alla ripresa della diretta, ha stigmatizzato il messaggio arrivato, sottolineando che non sono tollerate frasi del genere. Subito dopo la decisione di De Marchi di denunciare alla Digos l'accaduto, fornendo il numero di cellulare da cui è stato inviato il messaggio.

Aggiunge De Marchi sul suo profilo Facebook: "In questo momento storico, e lo dico con tristezza, sono spesso proprio i politici - ministri, parlamentari ecc. - a usare un linguaggio aggressivo, violento, a sfondo xenofobo o peggio razzista, contro le minoranze e gli avversari. Non possiamo stupirci se poi qualche mente debole o esaltata, influenzata da tale deriva verbale, cerca di passare dalle parole ai fatti. Richiamo dunque chi spesso trascende nei suoi discorsi e nei suoi messaggi a un maggior senso di responsabilità". Solidarietà dalla segretaria metropolitana del Pd Silvia Roggiani: "Solidarietà alla consigliera Diana De Marchi raggiunta da minacce violente e gravissime, a sfondo sessista, mentre partecipava ad una trasmissione televisiva. Serve maggiore responsabilità, soprattutto da parte di chi riveste incarichi istituzionali e politici, nell'evitare l'utilizzo di toni e parole aggressive e cariche d'odio che, anzi, vanno condannati. Non abbassiamo la guardia: occorre reagire e denunciare per fermare questa brutta e pericolosa deriva". E messaggi simili anche dal Pd regionale e dai consiglieri del Movimento 5 Stelle.

Tre anni fa De Marchi era stata vittima, ancora durante una trasmissione tv, di frasi vergognose da parte dell'avvocato Carlo Taormina mentre si discuteva di immigrazione: "Vai a farti stuprare se ti piace l'integrazione. Fai le corna a tuo marito e fatti ingravidare".
https://milano.repubblica.it/cronaca/2019/02/08/news/violenza_fascismo_diana_de_marchi_pd_milano_messaggio_sgozzatela-218625509/

venerdì 8 febbraio 2019

Al via la Commissione sul femminicidio. La presidente Valeria Valente all'Huffpost: "La violenza è un fatto pubblico" di Luciana Matarese

Intervista alla senatrice dem: "Non si tratta di un'emergenza, ma di un fenomeno sociale e culturale drammatico. Dobbiamo tutelare le donne che denunciano"
"Niente polemiche col Governo, voglio partire col piede giusto". Valeria Valente è appena stata eletta alla presidenza della Commissione di inchiesta sul femminicidio del Senato. Sedici voti a favore su diciotto votanti - i componenti sono venti - la senatrice Pd ha sfiorato l'unanimità. Il segno politico alla guida della Commissione, che inizia a lavorare a quasi un anno dalle elezioni politiche, non cambia: Valente raccoglie l'eredità di Francesca Puglisi, ex senatrice dem che ha presieduto la Commissione nell'ultimo dei cinque anni della scorsa legislatura. HuffPost l'ha raggiunta al telefono mentre sta andando verso l'Aula di Palazzo Madama per la seduta che sta per iniziare.
"Il primo passo - scandisce Valente - è assumere la consapevolezza che il femminicidio non è un'emergenza, che come tale ha una durata temporale determinata, ma un fenomeno sociale e culturale drammatico. Tenendo sempre ben presente che la violenza non è un fatto privato, ma un fatto pubblico".
Quarantadue anni, napoletana, alle spalle una lunga militanza politica, nel Pds, nei Ds, quindi nel Pd, consigliera comunale e assessora al Comune di Napoli, nel 2013 è eletta deputata, nel 2016 si è candidata a sindaco di Napoli sfidando anche Antonio Bassolino, fino ad allora il suo principale riferimento politico, nel 2018 è diventata senatrice. Esperta di questioni di genere e pari opportunità, è stata anche coordinatrice delle donne democratiche della Campania e nella scorsa legislatura ha presieduto il Comitato Pari Opportunità della Camera.
Da oggi guiderà la Commissione di inchiesta su due questioni, il femminicidio e la violenza di genere, di grande attualità: le cronache registrano ogni giorno episodi di violenza contro le donne, i numeri una donna uccisa ogni 72 ore. Mentre infuria la protesta contro il disegno di legge sulla riforma dell'affido condiviso, del senatore leghista Simone Pillon, contestato soprattutto perché non tutela le donne e i bambini che subiscono violenza in famiglia. Il 10 novembre il movimento femminista si è ritrovato in un centinaio di piazze italiane per chiederne il ritiro. A Roma c'era anche lei, Valente.

Senatrice, ha detto: "Bisogna raggiungere la consapevolezza che la violenza è un fatto pubblico". A che punto siamo nel nostro Paese?
Una parte di strada in questa direzione è stata fatta, ma dobbiamo ancora lavorare perché questa consapevolezza aumenti.

Negli ultimi giorni ci sono stati un femminicidio a Bergamo e un tentativo a Vercelli. In entrambi i casi le donne colpite avevano denunciato, ma questo non le ha messe al riparo dalla violenza.
Rispetto al passato le donne denunciano un po' di più, ma si deve lavorare per fare in modo che sempre più donne escano allo scoperto. Tenendo ben presente che arrivare alla denuncia è un percorso tutt'altro che facile. E poi c'è l'altra grande questione.

Quale?
Quella dell'immediata presa in carico di chi raccoglie la denuncia, penso per esempio alle forze di polizia, agli operatori di primo soccorso. Dobbiamo arrivare al punto che nessuna donna che arriva a denunciare poi corra il rischio di tornare nel suo ambiente e subire nuove violenze o essere uccisa. Una donna che esce allo scoperto è più esposta, dobbiamo assicurarle che la sua denuncia verrà presa in carico adeguatamente. Ecco, mi impegnerò in questo senso.

Da più parti si continua a far notare che, nel contratto di governo, la violenza di genere è stata affrontata in maniera superficiale.
La Commissione è trasversale e autonoma, è altra cosa dal Governo e nulla ha a che vedere col contratto. Viene istituita su richiesta dei gruppi e per averla voluta tutte le forze, credo la questione femminicidio e violenza di genere sia una priorità assoluta per tutti. La prova sta anche nel fatto che sono stata eletta quasi all'unanimità.

"Niente polemiche", lo ha detto.
Mi auguro, e lavorerò per ottenere questo obiettivo, che le tensioni restino fuori dall'aula della Commissione. Voglio lavorare con tutte le forze presenti, per costruire un percorso comune e condiviso. Partendo, ovviamente da quanto già fatto da chi ci ha preceduto.

Si riferisce alla relazione finale della Commissione della scorsa legislatura?
Certo, il lavoro svolto è stato importante, la relazione è seria e impegnativa, nei prossimi giorni incontrerò l'ex presidente. Partiamo da lì, poi, ovvio, continueremo a lavorare in piena autonomia.

Proprio in quella relazione finale si mettevano in evidenza altre due grandi questioni: la carenza di risorse finanziarie per attivare i percorsi di uscita dalla violenza e l'assenza di linee guida per le Regioni sul trattamento della violenza.
Il nuovo disegno di legge per l'istituzione della Commissione, attribuisce a questo organismo, mi pare, anche il potere di verificare quanto fatto dalle Regioni. Intendo lavorare in sinergia con le Regioni e impegnarmi perché siano destinati più fondi al contrasto della violenza di genere. Tutto quello che è stato fatto negli anni precedenti va bene, va bene il Codice Rosso, ma, come ho già detto, dobbiamo mirare affinché nessuna denuncia cada nel vuoto, perché nessuna donna corra più rischi. Per questo voglio lavorare con tutte le forze presenti nella Commissione del Senato".

Intanto a Montecitorio la Commissione sul femminicidio ancora non c'è.
Era così già nella scorsa legislatura. Se, nella sua piena autonomia, la Camera dei Deputati decidesse di istituirla, saremo ben contenti di lavorare in sinergia.
www.huffingtonpost.it/2019/02/07/al-via-la-commissione-sul-femminicidio-la-presidente-valeria-valente-allhuffpost-la-violenza-e-un-fatto-pubblico_a_23663754/?fbclid=IwAR0lVYPKEne_fTDss6kEibdmocfY73-f8jiXXCJN-m1osvTURGI0x7uiQuk

giovedì 7 febbraio 2019

Ballate con noi a Corsico il 14 febbraio 2019


Anche quest'anno ventunesimodonna con altre associazioni del territorio ha organizzato l'evento a Corsico per dire ballando insieme uomini e donne, ragazze e ragazzi, bambini e bambine 
NO alla Violenza in tutte le sue forme

mercoledì 6 febbraio 2019

Il medioevo prossimo venturo (se non facciamo qualcosa) di Sergio Scorza

Il disegno di legge “Pillon” sulle “norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità” porta il nome del senatore Simone Pillon, eletto il 4 marzo 2018 e membro in parlamento della Lega. Avvocato e mediatore familiare, è anche membro fondatore del Comitato “Family Day”. Il ddl Pillon è stato presentato il 1° agosto ed è in corso di esame in Commissione giustizia al Senato.

Ieri sera la trasmissione di Riccardo Iacona, #PresaDiretta , ha trasmesso un’eccellente inchiesta di Giulia Bosetti dal titolo “Dio, Patria e Famiglia”. Quello che segue è un breve campionario delle affermazioni deliranti e misogine fatte da esponenti di primo piano dell’arcipelago neo-oscurantista di varie associazioni che premono per l’approvazione del #ddlPillon(inclusi i fascisti di Forza Nuova):

1. ” Il feticcio più evocato dall’estremismo femminista è la violenza in famiglia. Ma solo quella declinata al maschile. Ma nel contesto separativo quasi sempre la violenza ha le chiavi di casa e porta i tacchi a spillo “ , Vincenzo Spavone, presidente di GESEF (Genitori Separati dai Figli);

2. “[ …] Non trovate strano che in Italia le donne siano soggette a una violenza che non esiste negli altri paesi?” , Vittorio Vezzetti, pediatra, fondatore dell’associazione “Figli per sempre”;

3. ” L’interesse dei minori sarebbe che i genitori non si separassero. La famiglia non è un affare privatistico, ma un fatto sociale. Da quando le donne hanno acquisito il diritto di separarsi sono diventate più libere e più felici? No. Bisogna fornire delle questioni oggettive per separarsi. Il matrimonio non è basato sull’amore, anzi, è qualcosa di diverso da una semplice consacrazione dell’amore. ” , Massimiliano Fiorin, avvocato e saggista, già candidato con Il Popolo della Famiglia;

4. “L’aborto è più grave dello stupro perché è la soppressione del concepito e lo stato non lo tutela semplicemente perché il concepito non può votare.”, Pietro Guerini, Fondatore comitato referendario ” No194″;

5. “Bisogna convincere la donna a non abortire. Informare la donna e farle capire che la vita è un grande valore. Perché non lo sa. Le donne hanno tutto il diritto di emergere nella società ma una donna non deve far carriera per forza. In politica quelle brave si contano sulle dita di una mano, la maggior parte sono carrieriste “, Alberto Zelgher, Consigliere Comunale di Verona (Lega);

6. ““Il suo ambito [della donna n.d.r] è quello domestico, familiare e degli affetti privati da cui non è bene che venga strappata. Secondo me sarebbe meglio se si favorisse, attraverso lo stipendio del marito o del padre, la possibilità di un mantenimento più dignitoso della famiglia.” , Maurizio Ruggero Presidente del” Sacrum Romanum Imperium”;

7- ” Le femministe vogliono sovvertire il diritto naturale. La donna è prima di tutto moglie e madre. “ , Matteo Castagna fondatore del circolo” Cristus Rex “;

8. “Facciamo entrare i musulmani. Che stiano a casa loro. Vogliono riempirci idi musulmani e uccidere i bambini italiani. Le nostre preghiere hanno fatto arrivare Fontana e Pillon, questa è la grazia le preghiere”, Sostenitore pro-life, membro del comitato referendario No194-

A pagina 24 del “Contratto per il governo del #cambiamento“ firmato dal M5S e Lega, sotto il titolo “Diritto di famiglia” c’è questa roba qui: “Nell’ambito di una rivisitazione dell’istituto dell’affidamento condiviso dei figli, l’interesse materiale e morale del figlio minorenne non può essere perseguito se non si realizza un autentico equilibrio tra entrambe le figure genitoriali, nel rapporto con la prole. Pertanto sarà necessario assicurare la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori, rivalutando anche il mantenimento in forma diretta senza alcun automatismo circa la corresponsione di un assegno di sostentamento e valutando l’introduzione di norme volte al contrasto del grave fenomeno dell’alienazione parentale. È necessario riorganizzare e semplificare il sistema delle adozioni nazionali e internazionali. “. Unire i puntini e trovare la relazione, ovvero, il medioevo prossimo venturo, se non facciamo qualcosa prima.

Solo ad una lettura superficiale può sfuggire il fatto che il punto caduta di tutto il ragionamento contenuto nella parte citata del “contatto di governo” di M5S e Lega dedicata al “diritto di famiglia” è il riferimento che si fa alla fine del  paragrafo alla d nozione di “alienazione parentale” che coincide esattamente con quella di “Sindrome da alienazione genitoriale” teorizzata da un certo Richard Gardner. Ma cos’è la “Sindrome da alienazione genitoriale”? Meglio conosciuta meglio con l’acronimo inglese PAS  (Parental Alienation Syndrome),  la sindrome da alienazione parentale è una presunta malattia psichiatrica di cui soffrirebbero i figli delle coppie separate.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) ed il  Ministero della Sanità, la PAS non esiste. Invece, secondo i suoi teorici, la PAS è quella sindrome che durante le cause di divorzio e di separazione, viene causata generalmente dalla madre al/la figlio/a per motivi di vendetta, di gelosia o per altro, al fine di  estraniarlo  dall’altra figura genitoriale. La sindrome si manifesterebbe ogni volta che il/la figlio/a minore manifesti  rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo ad uno dei due genitori.
Una sentenza della Cassazione del 2013  ha stabilito che la “sindrome di alienazione parentale” non esiste dal punto di vista scientifico e quindi non può essere usata dal CTU [1] . Va detto, tuttavia, che il fatto che la PAS non sia considerata scientificamente una malattia non significa che non esistano genitori che spingono i figli ad odiare l’ex partner. Nelle separazioni conflittuali spesso i figli vengono usati come un’ “arma” per ferire l’ex coniuge. Nel 2016 la stessa Cassazione ha poi affermato che non è compito della medesima stabilire o meno la validità scientifica di qualsiasi teoria. Ma a queste giravolte siamo abituati.
Il  principale sostenitore dell’esistenza della PAS è stato il dottor Richard A. Gardner[2] che la “inventò” nel 1985 e che definiva la PAS come un “disturbo” che nasce quando, durante le separazioni uno dei genitori, inizia un’opera sistematica di denigrazione nei confronti dell’altro genitore e come una forma di indottrinamento e/o lavaggio del cervello del figlio. Ma perché vi sia “PAS” anche il  figlio deve contribuire attivamente  all’attività di “alienazione”.  In ogni caso la PAS,  in questi 30 anni,  non  è stata mai dimostrata. Gardner, che si  presentava come professore di psichiatria infantile presso la Columbia University,  pur essendo solo  un “volontario non retribuito”,  nel suo libro L’isteria collettiva dell’abuso sessuale[3]  sostiene che le donne provano piacere ad essere picchiate e violentate e che “ la pedofilia può aumentare la sopravvivenza della specie umana avendo finalità procreative” arrivando, addirittura, a giustificarla perché si “fa così in molte culture”. 
In un altro testo scritto da Gardner dal titolo inquietante True and False Accusations of Child Sex Abuse”[4]  questi scrive che “bisogna dire ai bambini che in fondo gli abusi sessuali sono una cosa normale perché normalmente praticate in altre società  e culture”. Da consulente tecnico di parte nei tribunali; Richard A. Gardner ha lavorato assai di frequente alla difesa di genitori accusati di pedofilia e di abusi sui figli.

Il trucco è che nel ddl Pillon non si parla di PAS  ma di “ Alienazioni “ e di “ estraneazioni”.  Poi, però, vai a leggere e ritrovi pari pari  le teorie di Richard Gardner. Quelle teorie tradiscono posizioni apertamente misogine ed il Disegno di Legge Pillon è certamente ispirato ed orientato decisamente da una volontà punitiva nei confronti delle donne dal momento che non tiene conto, in alcun modo, né dei dati, quantitativi e qualitativi, che le vedono enormemente svantaggiate sia sul piano sociale che su quello reddituale, né di quelli relativi alle violenze domestiche da parte dei padri e di cui sono vittime sia le donne che i figli, presumibilmente  “alienati”,  i quali, secondo quanto previsto dal  ddl Pillon, per “guarire dall’alienazione”, devono essere presi con la forza e rinchiusi  in una casa famiglia per essere sottoposti ad un “recupero comportamentale”  che gli faccia  “accettare” il genitore “alienato”.

Nell’ottobre del 2012, davanti alla scuola elementare di Cittadella, nel padovano, un bambino di dieci anni venne prelevato con la forza dagli agenti di polizia, tra le urla dei presenti che chiedevano di lasciare stare il bimbo e di ascoltarlo. Le forze dell’ordine stava dando così esecuzione ad un’Ordinanza della sezione Minori della Corte d’Appello di Venezia che aveva accolto, per l’appunto, la tesi dell’ “alienazione parentale”.  La madre riprese il tutto con il proprio smartphone, mentre urlava di lasciare stare il figlio. Tre minuti in cui il piccolo venne strattonato, infilato nell’auto di servizio, piegato e tenuto con la forza. Il tutto mentre urlava disperato : “Non respiro, zia, aiutami!”. Tre minuti in cui il bambino tentò di divincolarsi dalla stretta di un uomo che lo teneva per le spalle e di un altro che gli stringeva le caviglie. Alla fine di questo strazio, la zia del bambino rivolse alcune domande ad una donna che aveva partecipato al prelevamento e che le rispose di essere un ispettore e di non essere tenuta a darle spiegazioni: “Sono un ispettore di polizia. Lei non è nessuno”.

1] Consulente Tecnico d’Ufficio e si riferisce a quella figura di perito che lavora al fianco del Giudice (art.61 del Codice di Procedura Civile) e presta la sua opera di consulenza sulla base di precise competenze stabilite dal Codice di Procedura Civile..

[2] Richard Alan Gardner  ( New York ,  28 aprile  1931  –  Tenafly ,  25 maggio  2003 ) è stato uno  psichiatra forense  statunitense , ideatore della controversia  Sindrome da alienazione genitoriale

[3]  Richard Alan Gardner,  Hysteria sugli abusi sessuali: Revisioni di Streghe di Salem rivisitate , Cresskill (NJ), Terapeutici creativi, 1990

[4] Richard Alan Gardner,  Vere e false accuse di abusi sessuali su minori: valutazione e causa , Cresskill (NJ), terapie creative, 1992.
http://contropiano.org/interventi/2019/01/30/il-medioevo-prossimo-venturose-non-facciamo-qualcosa-0111896?fbclid=IwAR1R6Qd9f0vv7iybbLcCul9PgLbhm3JsHgqgnFgIHzEWO112WY_M9ct9uGI

lunedì 4 febbraio 2019

Uomini violenti: ecco chi sono i sostenitori di Pillon e del ddl 735

Forse adesso chi si deve svegliare si sveglierà, chi ha ancora dei dubbi se li potrà togliere definitivamente, e chi ancora sostiene che si tratta di poveri uomini a cui le madri non fanno vedere i figli, potrà finalmente tacere e capire di che gente si tratta e perché le mamme allontanano i figli dalle loro mani.
A portare nuova luce nel deserto del ddl Pillon in discussione al senato sulla riforma della famiglia, oltre alla preziosa inchiesta di Giulia Bosetti andata in onda su Raitre a Presa diretta, è stato il gravissimo episodio di violenza che ieri si è consumato a Roma nella sala consigliare del I municipio dove le donne sono state aggredite verbalmente e fisicamente dai padri separati presenti in sala, dimostrando così chi si cela veramente dietro il sorriso anche un po’ forzato del senatore Pillon. Gli strenui sostenitori del ddl 735 e fedeli servitori del senatore, ieri hanno apostrofato e spintonato donne, che protestavano contro questa riforma, usando una violenza inequivocabile: quella che loro vogliono continuare a esercitare con il timbro istituzionale di una legge. In particolare un uomo a un certo punto si è alzato e ha fisicamente aggredito prima Maria Brighi della Casa internazionale delle donne, e poi altre donne intervenute nelle vicinanze: un uomo che l’organizzatore del convegno, il consigliere leghista Marco Veloccia, deve conoscere bene dato che lo ha chiamato più volte per nome: “Alessandro”.
Maria Brighi della Casa internazionale delle donne aggredita ieri da “Alessandro”
Senza sapere che queste donne ogni giorno salvano altre donne da uomini come loro e che non hanno paura di certe intimidazioni, di certi sguardi, di certi accenti e sanno cosa significa quando un uomo si sente in diritto di chiudere una discussione, o anche una provocazione, alzando le mani, hanno agito con improvvisa violenza come se fosse la cosa più normale del mondo, come se fossero abituati, come se fosse stato doveroso interrompere la protesta in quel modo. Uomini che hanno apostrofato queste donne come “zocole” vantandosi in maniera aggressiva e intimidatoria di “aver fatto un clo così” a ex mogli prendendosi la collocazione dei figli e anche il mantenimento, e blaterando non solo che il femminicidio non esiste ma che i reati di stalking e maltrattamento in famiglia sono stati “inventati”, dato che il 95% delle violenze sono false denunce (mentre vanno dal 2 al 5%). Portatori di un’ignoranza spropositata e in perfetta linea con quello che propone il ddl Pillon, per loro la vera violenza non è quella subita da più di un miliardo di donne e ragazze nel mondo, come dicono i dati delle Nazioni Unite, ma quella subita dagli uomini a causa di madri malevoli che accusano questi poveri uomini indifesi di maltrattamenti e abusi, con la bastardata di alienare anche i figli convincendoli che hanno un padre violento.
Il consigliere leghista Marco Veloccia, il senatore Simone Pillon e il senatore William De Vecchis, vicepresidente della Commissione Lavoro di Palazzo Madama
Ebbene ieri per la prima volta, grazie alla presenza di telecamere e fotografi, abbiamo potuto osservare come agisce quel sottobosco che da anni cerca di far passare l’alienazione parentale come legge, e che si avvale di avvocati e psicologi prezzolati per punire e vendicarsi della moglie che li ha denunciati per maltrattamento e abuso, e che sono il fulcro del business che gira intorno all’alienazione parentale usata da consulenti del tribunale, assistenti sociali compiacenti, avvocati senza scrupoli, e case famiglia dove i bambini valgono circa 3.000,00 euro al mese. Gente che per farla franca e avere la meglio su quella sgualdrina che osa ribellarsi al loro controllo, preferisce mandare i propri figli in casa famiglia pur di toglierli alla madre, e foraggia manipolatori di professione che convincono giudici a lasciare i bambini nelle mani di maltrattanti che hanno anche procedimenti in penale o addirittura sentenze, senza andare a indagare ma solo sottoscrivendo pseudo perizie (Ctu, consulenze tecniche d’ufficio) in cui si sostiene che forse ipoteticamente un giorno quella donna potrà essere pericolosa per il bambino, e questo basandosi su una teoria inventata da un pedofilo e rifiutata da tutti gli organismi internazionali: l’alienazione parentale. Una tragedia che in realtà succede grazie a quell’intramontabile e inossidabile stereotipo per cui le donne in fondo sono tutte delle grandissime bugiarde, inaffidabili, poco di buono che vanno punite: pallini sessisti che girano troppo spesso anche nelle teste di assistenti sociali e giudici che applicano questo abominio dando ragione a uomini come questi. Cose dell’altro mondo che succedono sotto il nostro naso ora e in questo momento nei tribunali di Roma, Milano, Lecce, Bari, Brindisi, Perugia, Torino, Bologna, e in tutta Italia, con mamme disperate che non sanno dove a sbattere la testa e senza che nessuna istituzione alzi una mano per fermare questa gravissima violazione dei diritti umani.
Uomini che sui social coltivano hate speech contro le donne, svilendole, apostrofandole come il signore in giacca ieri al I municipio, uomini che negano il femmincidio perché per loro è normale trattare le donne in questo modo, uomini che ti minacciano apertamente se contesti quello che loro sostengono, e non come hanno fatto le donne di ieri, ma presentandosi direttamente sotto casa tua, scrivendoti alla tua posta privata, chiamandoti al telefono con parole e toni irripetibili. Uomini ai quali Pillon e i suoi amici vorrebbero mettere in mano i bambini per andare a ingrandire quel business che non gli basta più, in nome di una falsa bigenitorialità in quanto avere due genitori significa avere due persone che ti amano e non che usano violenza su di te.
In quella sala, dove il titolo dell’evento organizzato per il legista Pillon era “Famiglia e natalità. Quali politiche per affrontare il drammatico invecchiamento della nostra società” (un altro bel tema contro l’aborto e contro la presupposta invasione dello straniero che venendo a figliare qui inquinerebbe la nostra razza), le donne del movimento Non una di meno e quelle della società civile, tra cui i centri antiviolenza di Dire, Differenza Donna, Be free e la Casa internazionale delle donne, hanno protestato sia fuori che dentro cercando di interrompere l’incontro come segno di forte protesta contro i tentativi di ritorno indietro di 50 anni (forse più): una protesta in cui il senatore Pillon avrebbe dovuto semplicemente desistere evitando che si creassero tensioni. Ma il Pillon di ieri, che non ha preso posizione contro i fatti che sono accaduti davanti a lui dicendo che non aveva visto nulla e non ha condannato la violenza successa davanti ai suoi occhi, era un Pillon evidentemente scosso anche dai fatti della mattina dove non solo il comune di Roma aveva votato una mozione unificata tra 5stelle e Pd in merito a un “impegno per la sindaca Raggi affinché esprima la contrarietà” del consiglio al disegno di legge 735, ma anche il sottosegretario Vincenzo Spadafora, con delega alle pari opportunità, in un intervento alla sala della stampa estera aveva espresso un netto rifiuto a far passare il ddl così com’era, assicurando che finché c’è lui, passi indietro su questi temi non se ne faranno.
Il sottosegretario Vincenzo Spadafora, con delega alle pari opportunità
Affermazioni a cui il senatore leghista ha risposto dicendo di essere aperto a eventuali cambiamenti del suo ddl dopo la fine delle audizioni, ancora in corso, accorpando gli altri disegni di legge che sono in commissione giustizia. Peccato che questi altri disegni di legge siano uno peggio dell’altro e in sintonia con il ddl Pillon: il ddl 45 (firmato Binetti, Saccone, De Poli) introduce il percorso obbligatorio di riconciliazione per chi si separa, enfatizza l’alienazione genitoriale e cambia l’art. 572 cp per cui i maltrattamenti passerebbero pericolosamente da abituali a sistematici, negando così la classica dinamica di up and down tipica della violenza domestica che non è mai sistematica ma con pause a cui seguono picchi di violenza; il ddl 768 che limita i poteri del giudice e sostiene l’alienazione parentale; il ddl 118 che vuole la mediazione familiare a pagamento da parete della coppia. Insomma tutta roba già contenuta nel ddl Pillon, un costrutto difficile da salvare e che per la maggior parte delle associazioni, così come per molti giudici e avvocati, va buttato nel cestino interamente.
https://donnexdiritti.com/2019/02/01/uomini-violenti-ecco-chi-sono-i-sostenitori-di-pillon-e-del-ddl-735/?fbclid=IwAR3M4uEgLN181H8UZeo2XKNb34CmAX0xAB4Uro21Q8MfaGS1TdlN3z8YP9s

domenica 3 febbraio 2019

Ventunesimodonna dice no al ddl Pillon

Abbiamo visto il servizio “Dio Patria e Famiglia” fatto da Presa Diretta lunedì 29 gennaio ed abbiamo apprezzato gli approfondimenti sui punti critici del disegno di legge in discussione in Commissione.
Abbiamo letto e discusso ciò che hanno scritto “Se Non Ora Quando?” e “Non Una Di Meno”. Pensiamo che valga la pena di condividere con tutte e tutti voi.

La questione non può essere silenziata.

Cercheremo di organizzare una seconda serata di riflessione dopo quella organizzata lo scorso novembre in occasione del percorso sulla violenza degli uomini sulle donne, violenza di cui la proposta di legge in questione è intrisa.

Il  link della trasmissione https://www.raiplay.it/video/2019/01/Presa-diretta-Dio-Patria-Famiglia-dac69806-544d-4729-893c-92f3b6faf437.html


Se Non Ora Quando?  Mercoledi, 30/01/2019 -
L'altra sera vedendo l’ottima trasmissione su Rai 3, Presa Diretta intitolata "DIO PATRIA FAMIGLIA", abbiamo rafforzato la nostra convinzione di quale sia il disegno politico che questo governo nasconde sotto il ddl Pillon.

Era quello che noi avevamo ben capito già da tempo e che da subito abbiamo contrastato. Far tornare le donne al medioevo, relegarle in un angolo, mortificarle ulteriormente e soprattutto dichiararle esseri inferiori. Ben vengano trasmissioni di tale spessore che accendono le luci su quello che è il vero disegno politico di questo governo.

Ed è per questo che noi tutte chiediamo l’immediato ritiro del ddl che ci umilia e se ciò non dovesse accadere è chiaro che bisognerà fare muro contro chi oggettivamente mette in discussione la nostra libertà di scelta conquistata con 70 anni di lotta.

Fronte comune significa lottare nelle piazze, nelle istituzioni, tutte insieme, per non rimpiangere domani di non aver lottato per quello che pensavamo fossero diritti acquisiti. Questa è la vera emergenza nazionale, altro che immigrazione, che avanza e che sta pericolosamente mettendo in discussione la nostra democrazia.

Noi non ci fermeremo, ma soprattutto non permetteremo mai che le donne vengano relegate a ruoli decisi da ministri retrogradi e bigotti. E’ ora di reagire.
Grazie, per averci dato voce in modo così ampio ed amplificato, a tutta la redazione di Presa Diretta.

Non Una Di Meno – Roma
#Roma #CircoMassimo
Giovedi 31 gennaio alle ore 17 #Pillon sarà ospite della Lega di Salvini nella sala consiliare del I Municipio di Roma (via della Greca, 5).
Usciamo dai social e andiamo a dirgli noi che ne pensiamo del #DdlPillon!
Porta un fazzoletto fuxia!
Il Ddl Pillon, attualmente in discussione alla #CommissioneGiustizia, rappresenta una vera e propria minaccia per i minori e donne che affrontano la separazione.
Il presupposto del disegno di legge, è che il divorzio abbia di fatto privilegiato le madri e penalizzato i padri: dei minori non importa.
Abolendo l'assegno di maternità, imponendo la bigenitorialità perfetta come criterio quantitativo e non qualitativo, introducendo la mediazione familiare obbligatoria e il piano genitoriale, sdoganando l'utilizzo della PAS (sindrome da alienazione parentale) in tribunale, e aumentando i costi del divorzio, si cerca di riportare l'orologio indietro di diversi decenni legando le donne al destino di un matrimonio fallito, oltre a subordinare le esigenze dei figli alla volontà dei genitori, anzi dei padri, e a legittimare la violenza domestica sottraendo alle donne ogni strumento normativo per garantire serenità e sicurezza a se stesse e ai figli.
Intanto, il congedo di maternità diventa flessibile mentre il congedo di paternità è solo di 5 giorni, mentre il sostegno scolastico viene tagliato e il reddito di cittadinanza diventa un cappio per famiglie troppo povere per separarsi.
Lo abbiamo gridato il #10n e ribadito nella puntata di PresaDiretta:
il Ddl Pillon è contro le donne.
Ci volete ancelle, ci avrete Ribelli!
#StopMedioevo


venerdì 1 febbraio 2019

Il magistrato Fabio Roia fa chiarezza sull'alienazione parentale Da Michelle Hunziker al contratto di governo: quando una cultura sbagliata diffonde (anche in buona fede) pratiche giudiziarie che ledono i diritti dei bambini.di Cristina Obber

Davvero ci importa dei bambini e delle bambine? Ce lo chiediamo spesso quando di fronte a separazioni e divorzi assistiamo a una contesa privata e pubblica in cui sentiamo sempre più spesso parlare di alienazione parentale (o genitoriale, conosciuta anche come Pas), una presunta manipolazione psicologica con cui un genitore allontana (aliena) i figli dall'altro. Se ne parla anche nel contratto di governo stipulato da Lega e Movimento 5 stelle, dove alla voce «Diritto di famiglia» il fenomeno viene definito «grave» e si fa riferimento all'introduzione di norme per contrastarlo. E i parlamentari non se lo sono fatti ripetere due volte: a giugno 2018 è stata infatti depositata una proposta di legge a firma leghista (ddl Pillon). A tutto questo ha risposto la rete nazionale dei centri antiviolenza Dire con un appello al presidente Mattarella: «Si tratta di una violazione dei diritti umani fondamentali di donne e bambini/e», scrivono.

«Il papà è sempre il papà, si tende culturalmente a dire, e i bambini hanno diritto di continuare a vedere entrambi i genitori»
Se di fronte all'utilizzo dell'alienazione parentale per screditare le donne che denunciano abusi sessuali sui figli (e che costringe dunque questi ultimi a continuare a frequentare i padri) è facile per l'opinione pubblica schierarsi contro. Più difficile è farsi un quadro della situazione quando siamo in presenza di violenza sulla donna a cui il minore assiste. Il papà è sempre il papà, si tende culturalmente a dire, e i bambini hanno diritto di continuare a vedere entrambi i genitori. Inoltre si è creata forse ancora più confusione sul tema anche per la posizioni dell'attuale ministra Giulia Bongiorno e di Michelle Hunziker, della cui buona fede non si può dubitare, che si esprimono in favore dell'alienazione genitoriale a nome della fondazione Doppia difesa. Di pas ne ho voluto parlare con il magistrato Fabio Roia, presidente di Sezione del Tribunale di Milano e autore, tra l’altro di un recente saggio intitolato Crimini contro le donne, politiche, leggi e buone pratiche (edito da Franco Angeli), che, nella nostra lunga chiacchierata, l'ha definita «una sorta di moda che va fermata».

DOMANDA. Ci spieghi cosa intende.
RISPOSTA. Di fronte al rifiuto di un bambino di incontrare un genitore, di solito il padre, molti giudici tendono a dire che la madre ne manipola in qualche modo l’emotività. Ma questo rifiuto del figlio normalmente accade quando è stato spettatore di una violenza assistita che gli ha ovviamente procurato dei traumi e delle sofferenze. La sua è una naturale richiesta di tutela.

Eppure ci sono anche avvocati che propongono corsi di formazione sull’alienazione parentale e la mediazione familiare.
C’è una pericolosa cultura della terapia della coppia che interpreta la violenza come un conflitto e quindi agisce con la pratica della mediazione anziché attivare la necessaria protezione. È importante distinguere tra violenza e conflitto. Quest'ultimo presuppone infatti una situazione di parità fra le due parti che deve essere pro valutata a tutti i livelli, economico, sociale, culturale. Raramente esiste, ce lo confermano l’ esperienza, i dati giudiziari e quelli Istat.

Di questo i giudici non tengono conto?
Nei nostri tribunali, soprattutto in ambito civile, la violenza intrafamiliare non viene sufficientemente letta, conosciuta e interpretata da tutti gli attori del processo che devono per esempio decidere se mantenere l’affido condiviso oppure no. Si ricorre meccanicamente a questa chimera della pas, che non ha fondamento scientifico. Sarebbe sufficiente acquisire gli atti del procedimento penale e valorizzare la violenza. Mi riferisco ai servizi sociali, ai consulenti tecnici, e allo stesso giudice che poi è il dominus di tutta la vicenda dovendo decidere.

Ma il bambino ha diritto alla bigenitorialità?
È giusto dirlo. Come è giusto che il padre violento faccia un percorso di consapevolezza per poi ripresentarsi con una caratteristica diversa e proseguire il rapporto col minore. Ma, ripeto, sono percorsi che vanno costruiti considerando gli abusi, paralizzando nel frattempo la relazione. Dobbiamo tutti agire nell’interesse primario del bambino in quanto portatore autonomo di diritti. Ce lo dicono tutte le convenzioni che abbiamo adottato e ratificato. Invece molte volte viene messo sullo sfondo e si dà preminenza all’interesse egoistico dell’adulto.

Che cosa intende?
Abbiamo una visione adultocentrica e quindi non scaviamo, non andiamo a interrogare il bimbo, ovviamente con le modalità di protezione che conosciamo, per capire cosa voglia fare. Applichiamo la pas facendolo diventare un soggetto invisibile. Ci possono essere dei casi in cui c’è una attività manipolatoria da parte di un genitore ma sono molto rari, lo dicono i dati delle indagini giudiziarie. Non siamo di fronte a un fenomeno. Bisognerebbe chiedere a coloro che ne parlano se hanno dei dati a riguardo in assenza di violenza domestica.

Alcuni distinguono tra pas e alienazione genitoriale o parentale.
Cambiano i termini ma il concetto è lo stesso.

Fabio Roia Magistrato
Il magistrato Fabio Roia.
I padri separati che accusano le donne di alienazione difficilmente ammettono le loro responsabilità.
Certamente. E poi non bisognerebbe mai dimenticarsi che la violenza non è solo fisica: dare alla moglie un tot a settimana e pretendere di vedere gli scontrini della spesa è una forma di violenza economica. È violenza il controllo, la sopraffazione. E poi mi permetta una precisazione.

Prego.
Normalmente siamo in presenza di padri che si scoprono genitori a scoppio ritardato, che dimostrano egoismo nel richiedere il figlio. Dov'era la genitorialità quando agivano violenza accettando che il figlio vi assistesse?

Eppure spesso l’affido condiviso viene concesso.
C’è una schizofrenia nel sistema giudiziario italiano rilevata anche dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femmincidio: in ambito penale si porta avanti un procedimento per violenza e poi in sede civile si chiede alla donna di favorire gli incontri tra figli e padre. Con una doppia ricaduta, sul minore e sulla madre che, dovendo rimanere in relazione con il suo aggressore, per favorire un presunto interesse del bambino, subisce una vittimizzazione secondaria di matrice giudiziaria.

Dunque i giudici che si occupano di affido non sono preparati?
Dovrebbero esserlo ed essere assistiti da persone che dovrebbero essere esperte.

Però lei sta usando il condizionale.
Lo faccio perchè nelle grandi città ci sono giudici che fanno solo separazioni e divorzi, che fanno formazione e quindi queste cose le conoscono. Il problema c’è nei tribunali medio piccoli dove il giudice fa anche altre cose, ma si dovrebbe specializzare. In Italia abbiamo purtroppo una situazione a macchia di leopardo. Ci sono realtà che funzionano bene altre no, a volte anche a pochi chilometri di distanza. Dobbiamo rendere omogeneo l’intervento perchè non è possibile che le risposte siano diverse a seconda di dove tu subisca la violenza. Non è accettabile.

Il caso di Federico Barakat però era in carico al tribunale di Milano. La mamma del piccolo fu accusata di alienazione perchè si opponeva agli incontri tra padre e figlio, e durante uno di quegli incontri l’uomo ha ucciso il piccolo.
È vero, anche a Milano ci sono ancora delle criticità. Lì si è agito proprio in nome del diritto alla bigenitorialità, che è un diritto astrattamente assolutamente condivisibile ma il problema è la traduzione nella realtà concreta. C’è però un’importante novità molto positiva.

Ce la racconti.
Con la risoluzione del 9 maggio 2018 il Consiglio superiore della Magistratura ha sottolineato come in sede civile nei procedimenti per l’affido si possano vanificare le cautele adottate in sede penale. Ha prescritto ai giudici di valorizzare la storia di violenza intrafamiliare attraverso una preliminare conoscenza degli atti del procedimento penale nonché interventi professionali specializzati. Ha inoltre sottolineato la necessità di porre una particolare attenzione al minore rendendolo destinatario di decisioni che lo tutelino, anche a discapito delle richieste adultocentriche. Questo è molto importante perchè non sono soltanto parole, questo tipo di risoluzioni hanno un obbligo vincolante, devono essere applicate.

Lei mi ha detto che non vuole commentare proposte di legge, ma Giulia Bongiorno aveva parlato addirittura di introdurre il reato di alienazione parentale nel nostro codice penale e siccome di quello si parla anche nel contratto di governo forse c'è un problema.
Penso che sia assolutamente inutile perchè un reato viene introdotto quando vi è una necessità e questa necessità non c’è. Come dicevamo prima si tratta di un’enfatizzazione che tende a trasformare in un fenomeno qualcosa che fenomeno non è, e i dati lo dimostrano. Tutte le argomentazioni sull’alienazione genitoriale vanno bene in caso di separazioni conflittuali ma casi del genere sono molto rari e quindi non meritano un intervento legislativo; oltretutto gli strumenti ci sono già per la prevista violazione dell’art. 570 del codice penale che riguarda gli obblighi di assistenza nei confronti del minore. Non abbiamo bisogno di nuove leggi ma di applicare bene le leggi che abbiamo. La commissione parlamentare sul femminicidio ci ricorda che l’articolo 31 della Convenzione di Istanbul (che intende garantire che, in sede di affidamento dei figli e di disciplina dei diritti di visita, l'autorità prenda in considerazione i precedenti episodi di violenza commessi dai genitori, così da tutelare la vittima e i minori, ndr) per noi è legge, ma non viene applicata in maniera adeguata.

In effetti la Convenzione risponde a tutta la complessità del fenomeno della violenza contro le donne, la svolta sarebbe applicarla.
Quello che temo è che una questione che dovrebbe essere di civiltà trasversale stia diventando una battaglia culturale o peggio di contrapposizione ideologica. Così non deve essere. Sono diritti minimi condivisi, scritti in tutte le convenzioni sovranazionali e adottati da tutti i Paesi a prescindere dalle categorie di appartenenza. Non possono diventare una lotta tra politica. Di questa tendenza mi preoccupo come cittadino e come magistrato.

Collabora con la ministra Giulia Bongiorno anche Michelle Hunziker, che ospite di Fabio Fazio aveva parlato della necessità di occuparsi di alienazione parentale. Nessuno dubita della sua buona fede, ma le dichiarazioni di un personaggio così noto e amato influenzano l’opinione pubblica.
Sono temi difficili e proprio per questo bisognerebbe assicurarsi sempre un contraddittorio, magari invitando volti meno famosi, con tutto il rispetto per la signora Hunziker, ma più competenti.
https://www.letteradonna.it/it/articoli/conversazioni/2018/08/03/alienazione-parentale-fabio-roia/26323/?fbclid=IwAR3niyj9YUbZxa8LRLgBM3QyHL73b2TJMRSiDaFs3BJqwI-qR9bx71_L6Z8