lunedì 24 maggio 2021

IL CASO LAURA MASSARO

Figli sottratti, il caso di Laura Massaro e una richiesta alle istituzioni

Alla cortese attenzione di

Il «caso» Laura Massaro non è solo il «caso» di Laura e di suo figlio. Molte donne, in nome dell’alienazione parentale si vedono strappare i figli in sede civile, quasi sempre come diretta conseguenza di una denuncia per violenza domestica.

 Lettera alle istituzioni affinché si apra una commissione di inchiesta su tutti i casi che coinvolgono bambini e bambine sottratti a seguito di un’accusa di alienazione parentale 

Illustrissimo Signor Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica,

Signora Marta Cartabia, Ministra della Giustizia,

Signor Roberto Speranza, Ministro della Salute,

Signora Elena Bonetti, Ministra Pari Opportunità,

Signora Carla Garlatti, Garante dell’Infanzia,

Professoressa Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al MEF,


Oggetto: La PAS non esiste, ma il fatto sussiste!?

Illustrissimo Signor Presidente della Repubblica, signora Ministra Marta Cartabia, signor Ministro Roberto Speranza, signora Ministra Elena Bonetti, Signora Carla Garlatti, Professoressa Maria Cecilia Guerra,

siamo donne e uomini della società civile,

ci permettiamo di indirizzare alla Vostra attenzione questa lettera consapevoli del grande impegno che state profondendo in questo delicato momento di uscita dalla pandemia, che richiede e richiederà una grande attenzione alla salute e al benessere - sociale, economico e psicofisico - di noi tutti cittadini e cittadine di questo Paese. Sappiamo, infatti, quanto il Covid19 abbia avuto un impatto ad ogni livello, in misura maggiore sulle donne e sulle madri.

Proprio in quest’ottica, ci permettiamo di condividere la grande preoccupazione per il caso che coinvolge Laura Massaro, la madre ancora sottoposta a procedimento davanti al Tribunale per i minori di Roma con il rischio ormai concreto che il figlio sia mandato in una casa-famiglia. Laura è al nono giorno di sciopero della fame in un estremo tentativo di proteggere il suo bambino, terrorizzato da questa ipotesi.

Siamo di fronte a una situazione diffusa e grave che colpisce moltissimi bambini e bambine a causa di procedimenti giudiziari che coinvolgono le loro madri, le quali, attraverso la mistificazione priva di fondamento scientifico dell’alienazione parentale, si vedono strappare i figli in sede civile, quasi sempre come diretta conseguenza di una denuncia per violenza domestica.

Questa pseudo-teoria è già stata censurata sia dalla Corte di Cassazione sia dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali e infine dalla Organizzazione Mondiale della Sanità che l’ha considerata, appunto, una mera strategia giudiziaria; in Italia più di recente è stata considerata incostituzionale dalla Procura della Cassazione e, proprio in questi giorni, da una nuova Ordinanza della Cassazione che si è pronunciata in merito alla vicenda di allontanamento di una bambina dalla propria madre sulla base della cosiddetta sindrome da alienazione parentale.

Il caso di Laura Massaro colpisce in modo particolare anche per la pronuncia della Corte di appello di Roma, che solo l’anno scorso aveva annullato il decreto di allontanamento del bambino richiamando i giudici innanzitutto alla tutela del suo benessere psicofisico. Ora però il giudizio è tornato al Tribunale per i minori che potrebbe procedere all’allontanamento coatto e collocare il bambino in una casa-famiglia. Ci soffermiamo sul concetto di benessere psicofisico del bambino, a sottolineare come le principali vittime di questi procedimenti siano proprio loro, bambini e bambine a cui si distruggono l’infanzia e la vita. Centinaia, forse migliaia, che non solo non sono ascoltati, ma intimamente violati nei loro diritti e nella possibilità di una vita serena.

Il figlio di Laura Massaro, infatti, non è purtroppo l’unico bambino/a coinvolto in un procedimento giudiziario che coinvolge la madre. Non esistono dati riguardanti le donne che, soprattutto dopo aver denunciato violenza, si vedono coinvolte in sede civile in processi per alienazione parentale, ma ormai si assiste quotidianamente – in un assordante silenzio istituzionale - a una vera e propria “mattanza” di bambini e bambine prelevati tra urla strazianti, privati del loro ambiente, dei loro affetti e quindi della loro serenità. Ci sono ormai molte donne che per timore di questi procedimenti, sottostanno a umiliazioni, rinunciano a denunciare, per non incorrere in un calvario giudiziario e finanziario (non dimentichiamoci che queste madri, per difendere i figli, si rovinano anche economicamente), che sanno distruggerebbe la vita dei loro figli/e, oltre alla loro stessa vita.

Si dirà che Laura Massaro ha parlato troppo, ha “denunciato” troppo, si è esposta mediaticamente. Eppure, cosa avrebbe dovuto fare una madre che vede il proprio figlio sottoposto da otto anni a procedimenti giudiziari per una sindrome che tutti sappiamo essere inesistente, nella piena consapevolezza di trovarsi di fronte a un sistema che ha fatto carta straccia di qualunque convenzione internazionale a tutela di donne e bambini e che non tollera il diritto all’autodifesa? Noi avremmo fatto lo stesso.

Siamo preoccupate. Siamo con Laura, per suo figlio.

Siamo preoccupate perché di fronte ai numeri allarmanti che riguardano la denatalità nel nostro Paese, riteniamo che vada acceso un faro su questi procedimenti che infondono sfiducia nella possibilità di crescere serenamente dei figli in questo Paese. Perché non bastano le parole nelle giornate dedicate alla violenza contro le donne e bambini/e. Serve agire.

E serve agire oggi, fermando il procedimento in cui è coinvolta Laura Massaro e agire poi, aprendo una commissione di inchiesta specifica su tutti i casi che coinvolgono bambini e bambine sottratti a seguito di un’accusa di alienazione parentale.

Vi scriviamo perché abbiamo fiducia nella Giustizia. Abbiamo ancora la speranza che questa pandemia ci restituirà un mondo migliore. A partire da un’attenzione maggiore ai bambini e alle bambine.

Vi scriviamo perché crediamo nelle Istituzioni e nel nostro Paese. Confidando in un Vostro intervento, Vi ringraziamo fin d’ora per quanto vorrete fare.

seguono moltissime firme

Per adesioni, scrivere a lapasnonesiste@gmail.com

https://27esimaora.corriere.it/21_maggio_21/figli-sottratti-pas-non-esiste-ma-fatto-sussiste-6b82b800-b9da-11eb-9c80-c1fe6e22b062.shtml?fbclid=IwAR2qHlAo5h652HqdK9qonC5d5rK7KiA2ImOLBbUzGnA6gV29n6IEJKP0ZL4

mercoledì 19 maggio 2021

Da Napoli a Milano un grido tutto rosa inizia ad alzarsi.

Non Una Di Meno - Milano

E, no, il rosa non è un colore scelto a caso.

Perché un uomo non si troverà mai a vivere circostanze in cui dovrà sottolineare, magari anche più volte, nel corso della stessa conversazione, il ruolo professionale che riveste.

“Ho un appuntamento con (nome)”,

“Signora o signorina?”

“Ti do del tu, tanto sei giovane.”

Poche frasi estrapolate da conversazioni reali che risulteranno di sicuro familiari, alle donne - soprattutto di giovane età - che rivestono ruoli professionali all’interno di varie aziende o servizi.

E così ci troviamo a dover richiedere, con educazione e rispetto (caratteristiche che, evidentemente, mancano a chi è dall’altro lato), il riconoscimento di un titolo, di un ruolo e di tutto il percorso fatto per raggiungere entrambi.

❌E no, non è solo un discorso basato sulla formalità o sulla distanza tra utenza e professionista (che costituirebbero, anche da sole, ragioni più che valide!), ma una vera e propria violenza:

Nessun titolo, nessuna competenza.

Nessuna competenza, nessun riconoscimento dello status professionale.

Non esisti come lavoratrice.

Non esisti come persona.

Sei donna. Donna e basta!

“Signorina” se non sei sposata.

“Signora” se accanto a te hai un uomo, altrimenti accontentati del vezzeggiativo.

❌E no, non è rispettoso. Non è elegante. Serve solo a marcare le differenze.

Qualcun* ora penserà “Eccole! Ste caz*o di femministe frustrate”.

Beh, quel qualcuno ha ragione.

Lo siamo!

Perché ci troviamo ancora costrette a chiedere cose che dovrebbero spettarci per diritto!

‼️Perché vogliamo il riconoscimento dei nostri saperi, dei nostri titoli, della nostra professionalità e dei nostri ruoli.

E vogliamo anche che siano declinati al femminile.‼️

🔥Siamo dottoresse, avvocatE, ingegnerE, medichE, controllorE, direttrici, operatrici ecologiche, addette alle pulizie, tranviere, educatrici, professoresse, bariste, infermiere, operatrici socio sanitarie, badanti, giornaliste, panettiere, benzinaie..

Siamo professionistE.

La competenza é (anche) Femminǝ.

Nella declinazione e legittimazione sociale.

📣E noi faremo di tutto per vedercela riconosciuta.

Intanto, partiamo da qui. 🌊

https://www.facebook.com/nonunadimenomilano/posts/1442964102730220







mercoledì 12 maggio 2021

10 anni dalla convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, Von der Leyen: “Molti Stati Ue non hanno aderito, è inaccettabile”

La presidente della commissione Ue ha chiesto maggiore impegno agli Stati membri: "L'Ue deve inviare un segnale forte, che la violenza contro le donne e le ragazze è inaccettabile. E che la violenza domestica non è una questione privata". Mobilitazioni ad Ankara dopo la decisione di Erdogan di ritirarsi dalla convenzione

“L’Ue deve inviare un segnale forte, che la violenza contro le donne e le ragazze è inaccettabile. E che la violenza domestica non è una questione privata”. In occasione del decimo anniversario dalla convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, la presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen è intervenuta per chiedere uno sforzo maggiore agli Stati membri dell’Unione europea. “La Convenzione di Istanbul“, ha scritto su Twitter, “è la pietra miliare della protezione di donne e ragazze, in tutto il mondo. Una base importante su cui dobbiamo costruire ulteriormente”. La convenzione, una vera e propria “costituzione” per i diritti delle donne, è un trattato internazionale aperto alla firma l’11 maggio 2011 e sottoscritto in totale da 45 Stati (compresa l’Italia). Perché è così importante? Si tratta del primo strumento giuridico a livello internazionale per la prevenzione della violenza sulla donne, la protezione delle vittime e la persecuzione dei colpevoli. E gli Stati che aderiscono, si impegnano a mettere in campo strumenti legislativi che vadano in questo senso.

Convenzione di Istanbul: ecco chi in Ue vuole demolire la Carta contro violenza sulle donne. E perché non preoccupano solo Turchia e Polonia

Nel suo intervento la presidente parla del ritiro della Turchia dalla Convenzione, il 20 marzo scorso, una decisione che “invia un messaggio terribile”. “Ma per essere credibili dobbiamo mantenere in ordine la nostra casa”, ha evidenziato Von der Leyen. “Tutti sapete che più Stati dell’Ue non hanno ratificato la convenzione” mentre altri “stanno pensando a voce alta di uscirne”, e “questo è inaccettabile. La violenza contro le donne è un crimine e come tale deve essere punito”. La leader europea ha ricordato che l’accesso della Ue alla convenzione è stato bloccato al Consiglio, ma annuncia: “come Commissione proporremo un’alternativa. Proporremo nuove regole per prevenire e lottare contro la violenza contro le donne. Solo questo garantirà che tutte le donne e le ragazze siano al sicuro in Europa”.

Oggi Amnesty International ha proclamato per oggi una Giornata globale di azione, sia online che con iniziative di piazza. “La Turchia è stato il primo Paese a firmare e ratificare il trattato che porta il nome della sua città più iconica e, se non modificherà la sua decisione, sarà il primo Paese a lasciarlo”, ha dichiarato la segretaria generale di Amnesty International, Agnes Callamard. “Dieci anni dopo la firma le donne parlano oggi con una voce sola per chiedere che le autorità turche modifichino una decisione che metterà a rischio la sicurezza di milioni di donne e ragazze in pericolo”. In occasione della ricorrenza, il coordinamento di associazioni locali nato per opporsi alla decisione di Ankara ha inoltre annunciato una campagna di sensibilizzazione che culminerà con manifestazioni di piazza il primo luglio, giorno in cui -salvo retromarce del governo – l’abbandono del trattato da parte della Turchia diventerà definitivo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/05/11/10-anni-dalla-convenzione-di-istanbul-contro-la-violenza-sulle-donne-von-der-leyen-molti-stati-ue-non-hanno-aderito-inaccettabile/6194345/?fbclid=IwAR07tOLTpZw_ce884bb03WN2ZQ0N-4U0c8GZqc5XW4kMCS9s3q17

lunedì 3 maggio 2021

Frances McDormand è senza dubbio una diva (altro che antidiva)

Che tristezza, l’epiteto “antidiva”.

 Che tristezza, l’epiteto “antidiva” perché una si presenta spettinata e con una ricrescita grigia in mezzo alla crema delle creme del glamour planetario, alla Notte degli Oscar (che pure ce n’ha di stelle acciaccate, visto che ha perso milioni di spettatori in un anno, e il terrore nero di Hollywood & Co è che non sia solo perché più che una cerimonia sembra un webinar, ma perché è proprio il cinema come lo conosciamo a essere minacciato).

Che tristezza, non riconoscere lo stile e la classe, nel Valentino così rigoroso da diventare invisibile (compresi i bordi delle maniche di piume di struzzo) (e ho detto piume di struzzo), nei brillocchi veri e un poco grezzi, abbaglianti come lei, con la sua risata piena di rughe e la sua carnagione riottosa: a Frances McDormand, produttrice e protagonista di “Nomadland”, semplicemente non si addice alcuna etichetta, visto lo slancio con cui le dribbla e le salta tutte. Specialmente se le etichette servono a delineare uno star-system opposto e coincidente (quest’anno vanno le minoranze, i margini, le quote), gli “antidivi” uguali ma contrari ai “divi”, le foto compiaciute e “trasgressive” a chi (la regista Chloé Zhao) porta trecce e sneakers e soprattutto veri “nomadi” a testimoniare che il cinema è anzitutto un modo di raccontare e arrivare alla gente, e poi il baraccone scintillante autocelebrativo che conosciamo (e amiamo, pure, eh: siamo fatti della stessa sostanza dei brillocchi, dei sogni, della celluloide, delle paillettes, delle ciglia finte, delle lacrime finte che dicono cose vere).

Non so cosa sia una “antidiva”, ma se “diva” vuol dire che ha qualcosa della dea, specialmente il suo splendore, allora Frances McDormand è senza dubbio una diva. Perché splende qualsiasi cosa abbia addosso o tra i capelli, e solo i poveri di spirito possono tentarne una contabilità a uso dei rotocalchi. Provate a definirla mentre ulula (cosa difficilissima, ululare bene, più che fischiare alla pecorara), per rendere omaggio a un giovane lupo morto (il tecnico del suono del film, Michael Wolf Snyder, suicida a 35 anni). Con Valentino e piume di struzzo e brillocchi e capelli orrendi e rughe generose: cosa fa, se non splendere?

https://www.huffingtonpost.it/entry/frances-mcdormand-e-senza-dubbio-una-diva-altro-che-antidiva_it_6087e7dde4b09a22a44734f4?fbclid=IwAR1kVZs3c3PikeKeBfE9BpSOLwMO5JNPo-AjxQ-8mIOL3b6pWstp36LSEfA