martedì 26 luglio 2016

Il nostro sdegno per il dileggio a Laura Boldrini da Matteo Salvini

Esprimiamo sdegno per l'atto di dileggio rivolto da Matteo Salvini e dalla sua gente a Laura Boldrini, donna e Presidente della Camera dei deputati.
Quanto accaduto dimostra il persistere di maschilismo e sessismo che investono le donne, anche quando ricoprono cariche istituzionali e lo scherno oltraggioso intacca e offende assieme alle donne le istituzioni.
Condanniamo con forza l'azione riprovevole e ci auguriamo che la politica, quella vera, tenga alti i valori del rispetto nei confronti di donne e uomini, valore fondativo della politica sinonimo di civiltà  

domenica 24 luglio 2016

Rete antiviolenza "La rosa dei venti"

Per correttezza.

Portiamo a conoscenza di tutte e di tutti, dopo l'ultimo comunicato di “ventunesimodonna” in cui si sosteneva che sul sito del Comune di Corsico non c'era traccia del centro antiviolenza "La Stanza dello Scirocco" esistente da più un anno, che dal 14 luglio è stata inserita nella prima pagina del sito la comunicazione, inviata ai Comuni della Rete Antiviolenza “La ROSA dei Venti”, contenente i numeri telefonici e gli indirizzi dei Centri Antiviolenza dei distretti del territorio.

“La ROSA dei Venti” è la neocostituita rete antiviolenza, capofila il Comune di Rozzano, che ha rimodellato due precedenti progetti a sostegno delle donne maltrattate ed allargato l'ambito territoriale a 19 Comuni includendo il secondo Centro Antiviolenza di Pieve Emanuele, come richiesto da Regione Lombardia per poter accedere ai nuovi finanziamenti. La rete ha inoltre il compito di sovrintendere, coordinare e monitorare la gestione dei due centri con modalità che sono in via di definizione.

Ci auguriamo che questa sia la fase iniziale di un percorso informativo che possa includere anche costante la comunicazione sul Giornale di Corsico e rendere sempre più visibile ed accessibile alle donne vittime di violenza l'esistenza dei due centri territoriali.
Ci piacerebbe poi che coloro che agiscono qualsiasi forma di violenza utilizzassero la pausa estiva per interrogarsi sulle cause profonde, individuali, collettive e culturali, che generano violenza di ogni tipo, morte e distruzione.
Ricerca indispensabile per poter iniziare a riscrivere una nuova storia delle donne e degli uomini fatta di ascolto, dialogo , inclusione, gestione pacifica di ogni forma di conflitto.
È la nostra Utopia, necessaria per un domani migliore del presente.
Buona pausa di riflessione a tutte e a tutti.

venerdì 15 luglio 2016

Orari centri antiviolenza coinvolti nel progetto "La rosa dei venti"

Segnaliamo gli orari dei Centri Antiviolenza coinvolti nel progetto "LA ROSA DEI VENTI" che lavorano sui nostri distretti.

Centro Antiviolenza di Corsico - La Stanza dello Scirocco
lun. 13 - 17.00
merc. - ven 9.30-13.30
telefono - numero verde 800049722

Centro Antiviolenza di Pieve Emanuele e di Noviglio:
SEDE DI PIEVE EMANUELE  Telefono : 02.90422123
lunedì 10-12 su appuntamento
martedì 10-12       18.30-20.30
mercoledì 10-12 su appuntamento   15-17
giovedì 17.30-19.30
venerdì 15.17
SEDE DI NOVIGLIO  Telefono : 02.9055319
mercoledì 9.30-11.30
venerdì 16-18

Centro Antiviolenza di Milano
da lun-a giov 10,00 – 18,00
Venerdì -  10,30 – 14,30
telefono 02.55015519
Mese di agosto: mart. e giov. 10.30-15.30

Ricordiamo che le donne devono telefonare ai Centri per fissare un appuntamento e che la segreteria dei centri viene ascoltata quotidianamente dalle operatrici.


La stanza dello scirocco può attendere



La telenovela corsichese continua
 “La Stanza dello scirocco” può  attendere.
Il Consiglio Comunale di Corsico rinvia a Settembre  la discussione  sul Centro antiviolenza

Dal lontano febbraio noi, donne di un'associazione che da anni svolge sul territorio percorsi di informazione e di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, preoccupate per l'instabilità causata dal mancato finanziamento regionale de  “La Stanza dello Sirocco” abbiamo ripetutamente e inutilmente cercato di interloquire con chi governa la nostra città (Sindaco, Assessore ed Assessori, Dirigenti).
La richiesta: dare stabilità al centro, affiancandolo anche con finanziamenti locali dei 19 Comuni  dell'area interdistrettuale che nel frattempo, su richiesta della Regione, si è allargata ed ha incluso un secondo centro “La Rosa del Sud” con sede a Pieve Emanuele.
Nessuna risposta. Neanche quando alle nostre voci si sono aggiunte quelle di alcune associazioni di zona, quelle numerose di cittadine e cittadini e le delibere di alcuni Consigli Comunali.
Il silenzio non è casuale. Parla. Dice che chi governa la nostra città-plurale è disponibile ad interloquire solo con chi ha approvato con il voto ed approva ora con il consenso, le azioni di governo.  Se con le cittadine e con i cittadini che non esprimono consenso incondizionato non si dialoga, il Governo della città ha dovuto dialogare sul tema nei luoghi istituzionali.

Quando, dopo mesi di stallo,  una  mozione, che recepiva quanto succedeva  attorno ai centri antiviolenza,  arriva finalmente in Consiglio Comunale ne viene  di fatto impedita la discussione attraverso continui rinvii .
Crediamo che un tema così importante avrebbe meritato una risposta immediata. Indipendentemente dall’iter consiliare un’Amministrazione sensibile avrebbe potuto rispondere diversamente, una dichiarazione in Consiglio, un atto di giunta,  una forzatura  del regolamento  per dimostrare vicinanza alle donne  che subiscono violenza.

L’ennesimo rinvio  della discussione sulla “Stanza dello scirocco”, stabilito nel Consiglio Comunale del 13 Luglio,  dimostra  la totale  insensibilità verso le donne che, per uscire dalla violenza, hanno bisogno di sicurezze attraverso progetti concreti,  non di meste  manifestazioni  di solidarietà come quella organizzata dall’Amministrazione il 5 Luglio.

Evidentemente per la nostra Amministrazione Comunale  le donne e le bambine violentate dagli uomini, anche quelle a noi vicine, possono aspettare. Le beghe, gli intrighi e gli interessi di potere hanno la priorità.

Del resto quale interesse al mantenimento dei centri antiviolenza può esserci se fino ad oggi l'Amministrazione  ha perfino dimenticato di inserire sul proprio sito l' esistenza del centro con sede a Corsico?

Noi non ci arrendiamo e  continueremo a chiedere  all'Amministrazione Comunale di Corsico azioni concrete di contrasto alla violenza di genere intanto con la stabilità dei due centri antiviolenza, affiancate da azioni di prevenzione a partire da una capillare informazione dell'esistenza dei centri di zona.



martedì 12 luglio 2016

Il MIUR promuove l’educazione al rispetto di genere

Riportiamo qui di seguito le parole di Davide Faraone, Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che ieri ha ribadito il costante impegno del MIUR nel promuovere programmi di educazione al rispetto di genere in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Per noi del Gioco del rispetto è molto importante leggere queste parole, perché ci danno la forza e la motivazione di continuare con il nostro lavoro. E ribadiscono ancora una volta che non stiamo parlando di “opinioni personali”, ma di leggi. In particolare, comma 16 della legge 107.

Il MIUR chiede esplicitamente di insegnare consapevolmente il rispetto di genere con azioni progettate e inserite nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa. E il nostro progetto risulta quindi essere pienamente in linea con quanto previsto e raccomandato. Siamo orgogliose di poter partecipare con il Gioco del rispetto al cambiamento e alla crescita di un Paese sempre migliore e rispettoso dei diritti di tutte e di tutti.

“Educazione di genere significa educare al rispetto delle differenze per prevenire violenza o discriminazione. Non altro

Non permetteremo alla stampa strumentalizzata o a personaggi in cerca di scena politica di mentire sulle spalle della scuola. Negli ultimi giorni si è tornati a diffondere leggende metropolitane sull’educazione di genere a scuola, sia con articoli falsi e pretestuosi sia con comunicati di persone in cerca di visibilità, millantando la difesa dei “figli degli italiani”. I figli degli italiani li difendono già le loro famiglie, i loro docenti e i loro dirigenti, uniti insieme nei percorsi educativi più rispondenti. Certo non li difendono personaggi come Gandolfini, di cui sono note le mire politiche, non educative, o testate giornalistiche che fanno dialettica partitica.

Le scuole fanno già, e lo fanno bene, educazione di genere, come indicato dal comma 16 della legge 107, un insegnamento trasversale che altro non è che educazione alle pari opportunità e alla lotta alle discriminazioni, tutte, a partire da quella di genere. Anche come forma di prevenzione della violenza: contro il sessismo, l’omofobia, l’intolleranza per le differenze. In nome di un rispetto per la persona dovuto a tutti e che va ribadito e praticato a scuola fin da piccoli. I casi di femminicidi e gli ultimi tremendi atti di violenza di genere anche ad opera di ragazzini su coetanee ci confermano come quel comma fosse essenziale.

Cosa vuole chiarito Gandolfini?
Contro cosa si scaglia Libero?
Lo vadano a chiarire a quei ragazzi in prigione, che nemmeno si sono resi conto della gravità delle loro azioni.
Lo vadano a chiarire a quella ragazza rinchiusa e abusata per una notte in garage.
O ai genitori e ai figli delle donne uccise dai propri compagni.
Mi pare che prevenire tutto ciò sia esattamente una difesa della famiglia.
Dove se ne deve parlare di rispetto per le donne e per le differenze, tutte le differenze, se non a scuola e in accordo con le famiglie?
Se ne faccia una ragione questo personaggio in cerca di visibilità.

La scuola già fa questo lavoro importantissimo, né tantomeno rende un servizio a tanti e tante docenti che si prodigano in questo lavoro quotidiano e potente coloro che dicono “non si fa nulla”. Molto resta da fare, certo, specie nella formazione del personale, e siamo proprio impegnati in tal senso, ma molto si sta già facendo.
Nuove leggi depositate per introdurre l’ora di educazione sentimentale? Non basta un’ora. Noi abbiamo detto che in tutte le ore, non in una, con tutte le discipline si deve insegnare consapevolmente il rispetto di genere. E che le azioni che si prefiggono questo scopo vanno previste, progettate e inserite nel piano triennale dell’offerta formativa.

Non è un optional, è già legge: comma 16, legge 107.
Le linee guida, su cui si interrogano costoro, servono solo a ribadire quello che è già legge e che le scuole hanno già posto in essere con il loro lavoro quotidiano. Al Miur abbiamo avviato azioni nazionali belle, nuove, di lotta agli stereotipi, a cui le scuole possono aderire in tutta libertà, come è stato ad esempio il Mese delle Stem, a cui hanno aderito in tutta autonomia migliaia di scuole. E così andremo avanti, con riflessioni e azioni nazionali e con riflessioni e azioni locali. Questo sono le linee guida. Non altro. Riflessioni a cui seguiranno azioni. Camminando insieme alle scuole.

La prossima? La grande consultazione sul riequilibrio di genere nei libri di testo, fermo da 40 anni, consultazione preannunciata dalla ministra Giannini. Anche questa: una consultazione nazionale aperta a tutti, per aprire il paese intero a una discussione comune, franca ma positiva, con la scuola e con gli editori e autori, sulla presenza delle donne nei libri di scuola. Per educare non solo gli studenti e le studentesse ma anche gli adulti.
Chi lo ha mai fatto? Nessun governo. Il cosiddetto Codice Polite (pari opportunità nei libri di testo) è fermo da trent’anni. Noi lo riprendiamo e aggiorniamo.

Le famiglie sono tranquille e han compreso l’importanza di quello che si sta facendo, non solo per i loro figli ma per il Paese intero. Specie, ripeto, osservando i terribili atti di violenza sessista, ma anche omofoba e razzista a cui assistiamo tutti sbigottiti.
Stiamo costruendo un’Italia civile, rispettosa delle differenze e libera nella responsabilità, siamo consapevoli che questo cambiamento profondo non sia compreso da tutti, perché la libertà e il rispetto delle differenze esigono anche una responsabilità, e abbiamo contro i media, che non sempre sono maturi da questo punto di vista; stiamo chiedendo di uscire dalla comfort zone per entrare in un mondo nuovo fatto di rispetto e tolleranza, in cui razzismo, sessismo, omofobia, discriminazione del diverso sono banditi e condannati in ogni ambito della vita sociale, culturale e collettiva; lo insegniamo a scuola, credo sia un grande passo per il paese, se ne facciano una ragione coloro che marciano contro i diritti e la tolleranza.”

Avanti così.
http://giocodelrispetto.org/2016/07/11/miur-promuove-leducazione-al-rispetto-genere/

domenica 10 luglio 2016

Quando il nostro corpo è in pericolo è la libertà a essere in pericolo D.i.Re – Donne in rete contro la violenza

Avvertiamo tutte con assoluta chiarezza la morsa di un attacco subdolo e feroce alla nostra autodeterminazione e all’inviolabilità dei nostri corpi.
La rappresentazione ufficiale magnifica la parità raggiunta, le contraddizioni risolte, la presenza nelle istituzioni, la libertà sessuale, la maternità come scelta.
Invece noi rischiamo la vita e la perdiamo con impressionante frequenza nelle relazioni con uomini violenti, dentro e fuori le nostre case e sperimentiamo la discriminazione nell’accesso e nella permanenza sul mercato del lavoro, l’inferiorità di salari e pensioni, il lavoro di cura iniquamente distribuito, non visto, non valorizzato né riconosciuto.
I diritti conquistati con lunghe e durissime lotte sono a repentaglio, tutti.
La legge 194 che garantisce l’aborto libero, gratuito e sicuro è disattesa, svuotata, trasgredita in quasi tutto il nostro paese.
Le legge che punisce la violenza sessuale come grave reato contro la persona è troppe volte calpestata nei commissariati e nei tribunali mettendoci sotto accusa al posto degli stupratori e degli assassini.
Nella consapevolezza generale non è passato il fatto che la violenza maschile – quella espressa dall’uomo qualunque che sfrutta, picchia, perseguita, stupra, uccide – fa emergere un dato strutturale e pervasivo della società, e non è il frutto della follia ma di un sistema.
La rappresentazione della violenza affidata agli “esperti”, criminologi, avvocati, psicoterapeuti assicura una lettura opposta e neutra, che prescinde dall’analisi femminista, quella stessa che sostiene il metodo dei Centri antiviolenza, nati dal movimento delle donne.
Siamo davanti a un tentativo di svalutazione della storia, delle esperienze e delle pratiche del femminismo.
Non per caso i Centri sono sempre più in difficoltà, e chiudono in molte città.
L’intento, diventato palese con la pubblicazione del Piano Nazionale Antiviolenza, ora si concretizza con l’azzeramento delle condizioni di sostenibilità. Le misure di questo Governo contro la violenza, al di là della occasionale, temporanea, estemporanea indignazione per i femminicidi, sono frammentate, scarsamente finanziate e improntate a emergenza, sicurezza, ordine pubblico. In alternativa a questo si mira ad istituzionalizzare i Centri antiviolenza, svuotandoli di senso, azzerandone metodo specifico e dimensione politica.
La complessità, l’ampiezza la gravità della violenza esercitata sulle donne è arrivata a un punto tale che i fondamenti della cittadinanza e dei diritti umani sono messi in discussione e violati. Mentre lottiamo per noi stesse sappiamo bene che il fronte è grande quanto il mondo: perché con immenso dolore e indignazione vediamo le nostre sorelle, donne come noi, con figli come i nostri, che affogano nel Mediterraneo cercando scampo dalla guerra, dalla dittatura, dal fondamentalismo e dal terrorismo. Quelle che arrivano vive, sovente, sono sopravvissute a prigione, torture, stupri, schiavitù sessuale, abusi di ogni genere. Nell’ipotesi migliore trovano centri di accoglienza e di transito invece di case tranquille e di cure, si scontrano con controlli e polizia invece di incontrare l’azione sapiente e familiare di altre donne che saprebbero come aiutare e sostenere.
Per questo, per tutto questo, dobbiamo costruire un nuovo modo di stare al mondo creando e rafforzando alleanze, conquistando nuovi spazi pubblici e politici. E’ il momento buono per ascoltare le nostre diverse anime e riconoscerle come una ricchezza.
Per questo proponiamo a tutte un incontro nazionale a Roma,
una assemblea di tutte le donne – di quante vogliono cambiare per creare condizioni di vita diverse e approcci che rispettino il vivere insieme – nella quale darci nuove prospettive, intervenire sulla scena politica e culturale, nella consapevolezza che siamo noi donne il “soggetto imprevisto” della storia.
Con la nostra competenza e esperienza, noi possiamo rigenerare e cambiare radicalmente l’intera struttura delle sfere di potere democratico.
D.i.Re – Donne in rete contro la violenza
http://www.direcontrolaviolenza.it/quando-il-nostro-corpo-e-in-pericolo-e-la-liberta-a-essere-in-pericolo/

sabato 9 luglio 2016

Le torture di Federica portate in corteo di MICHELA MARZANO

I genitori di Federica De Luca hanno sfilato tenendo in mano la foto del viso tumefatto della figlia, uccisa dal marito il 7 giugno scorso. In un mondo in cui le parole si sbriciolano, solo l'immagine sembra poter testimoniare e denunciare il "male gratuito"

Le immagini possono sostituire le parole? Prima le parole bastavano. Cioè. Le parole non bastano mai per dire veramente la sofferenza, dire il dolore, dire la violenza. Però aiutano, o almeno aiutavano, a raccontare la disperazione e l'orrore nel quale si precipita quando arrivano le tenebre. Aiutano, o almeno aiutavano, a testimoniare la "frattura del mondo", come scrive la poetessa francese Jeanne Hyvrad, e a urlare l'ingiustizia del male. Quel "male gratuito", di cui ha parlato ieri monsignor Ferro a San Cataldo, la cattedrale di Taranto, celebrando la messa in memoria di Federica al termine della fiaccolata durante la quale avevano marciato mamma Rita e papà Enzo stringendo in mano la foto del viso tumefatto della figlia. Quel "male gratuito" che esiste e di cui è già testimonianza il "Cristo inchiodato alla croce", come ha detto sempre monsignor Ferro. Quel "male gratuito" per il quale oggi, però, le parole sembrano non bastare più. Anzi, oggi le parole si sbriciolano e diventano polvere. Forse perché, passata la tragedia - e di tragedie così, in questi ultimi mesi, ce ne sono state tante, tantissime, troppe - tutti se ne dimenticano. Forse perché, nonostante le lacrime, poi la vita ricomincia. Forse perché, dopo i discorsi, le commemorazioni, le petizioni, i progetti di legge, gli impegni del governo e le promesse delle autorità, cala il silenzio e tutto torna come prima. E allora ci si aggrappa alle immagini. A cos'altro ci si può d'altronde aggrappare in un'epoca in cui le parole scivolano via, e solo l'immagine sembra vera, appiccicandosi agli occhi e al cuore? Cos'altro fare quando solo le immagini sembrano scuotere realmente le coscienze, nonostante foto di questo tipo possano essere scioccanti?

Lo aveva già fatto Ilaria Cucchi, mostrando la foto del cadavere di Stefano e facendo di quell'immagine un vero e proprio strumento politico per ottenere giustizia. Hanno minacciato di farlo i genitori di Giulio Regeni, di fronte all'oscenità delle menzogne e all'assenza di pietà, pronti a diffondere l'immagine di quel "viso piccolo piccolo dove si è concentrato tutto il male del mondo", pronti a quel "dolore necessario". Lo ha fatto recentemente Luana, la ragazza di Cagliari picchiata dall'ex, pubblicando su Facebook le foto del proprio volto turgido, con le ferite appena suturate in ospedale. Come se solo i lividi, le unghie strappate, le costole rotte o le ferite ricucite dicessero la verità, dissipando dubbi e incertezze. Come se solo le immagini fossero capaci di testimoniare il sacrificio di quelle vite.

E le parole, allora? Non servono sempre e comunque per accompagnare le immagini, anche solo per evitare voyerismo e strumentalizzazioni? Che cosa avrei voluto che facesse mia madre, se al posto di Federica ci fossi stata io? Cosa avrei fatto io se fossi stata al posto di Rita?

"Rita ci diceva che le tremavano le gambe", racconta una signora dell'Avo, l'associazione volontari ospedalieri di cui fa parte anche la mamma di Federica. "È un monito per tutti", "La nostra vita è finita il 7 giugno", hanno ripetuto Rita ed Enzo, le mani strette sulla foto della figlia scattata in obitorio poche ore dopo il delitto e lo sguardo vuoto. Perché quando perdi una figlia, è tutto vuoto, non solo lo sguardo. E deve essere stato straziante decidere di esporre allo sguardo altrui il cadavere tumefatto di Federica. Perché non è una semplice immagine quella che girava ieri per le strade del centro di Taranto e poi, velocemente, su Internet. Sulla foto non c'è un'estranea, c'è la figlia. Sulla foto ci sono i suoi lividi e i segni del suo massacro. Sulla foto c'è la carne della propria carne e il sangue del proprio sangue. È un'immagine sconvolgente, certo. Ma è l'immagine vera dell'assassinio vero della propria bambina. Io, forse, non avrei voluto esserci su quella foto. Forse però, se fosse successo a mia figlia, mi sarei comportata come Rita. Per mostrare al mondo intero di cosa un uomo può essere capace. Mostrarlo, appunto. "Un monito per tutti".
Quando le parole, da sole, non bastano più.
http://www.repubblica.it/cronaca/2016/07/09/news/violenza_sulle_donne_parole_immagini-143723526/

venerdì 8 luglio 2016

L’importanza di dire sindaca di Massimo Lizzi

Gentile Barbara Spinelli. Ma davvero il problema è di dire avvocata invece che avvocato? Sindaca invece che sindaco? Io sono un persono abbastanza concreto, non sono certo un idealisto, ma questa cosa della a e della o, non è un po’ una stronzata? Io credo che tutte le persone e i personi di buon senso capiscano che se Maria è sindaco non è che ha cambiato sesso. E adesso magari mi diran che sono maschilisto.
Natalino Balasso – 21 giugno 2016

Più di uno ha il problema molto importante di stabilire che sia un problema poco importante la declinazione al femminile delle cariche pubbliche e delle professioni di prestigio, quando ricoperte da una donna. Secondo lui, il maschile, finché d’uso abituale, può andar bene per tutti (inclusivo di tutte). Pensarla in modo diverso, dirlo e scriverlo, significa fare una crociata. A cui, pare, occorre rispondere con una controcrociata.

Poiché sono un uomo, qualsiasi ruolo abbia interpretato, sono sempre stato chiamato con il genere che mi corrisponde. In questo modo, ho sempre visto e sentito chiamare gli altri uomini, miei simili. Inoltre, nella storia e nella contemporaneità, la mia soggettività, quella maschile, non è mai stata negata. Anzi, essa ha sempre preteso, e tuttora pretende, di essere neutra, universale e inclusiva della soggettività del sesso opposto. Di un uomo importante si può capire e nominare il genere sessuale. Di una donna importante, basta capirlo, ma non lo si può nominare altrimenti suona strano, forzato, cacofonico, ridicolo. Così, per me personalmente, la declinazione al femminile dei ruoli di potere non è un problema. Tuttavia da questa posizione sarei imbarazzato nel voler spiegare ad una donna, un’avvocata, una femminista, quali devono essere suoi problemi importanti, le sue priorità, il suo buon senso. Magari lei sa cogliere il nesso tra un problema e l’altro (specie quando sono i suoi) meglio di quanto sappia fare io.

Un problema, in effetti, lo può diventare, se presto attenzione alle regole grammaticali, per amore della lingua italiana; e lo diventa se presto attenzione alle ragioni simboliche e politiche, per amore di giustizia. Entrambe sono ben spiegate dall’Accademia della crusca.

Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale; mentre le ragioni di chi lo sostiene sono apertamente culturali e, al tempo stesso, fondatamente linguistiche.
Cecilia Robustelli – Accademia della Crusca, marzo 2013
Per provocazione o per ignoranza, gli oppositori della declinazione al femminile, controbattono con analogie scorrette, tipo: se bisogna dire sindaca quando è una donna, allora bisogna dire piloto, poeto, autisto, etc quando è un uomo. Va dunque ricordato che:
sono maschili quasi tutti i nomi con desinenza in -o; i nomi (in gran parte di origine straniera) terminanti in consonante; alcuni nomi con desinenza in -a, soprattutto di origine greca e di uso tecnico o scientifico.
Alcune parole (come insegnante, giornalista, fisiatra, amante) hanno un’unica forma invariabile per il maschile e il femminile.
I nomi maschili che terminano in -o formano il femminile cambiandolo in -a; i nomi maschili che terminano in -a, e i nomi di forma invariabile possono segnalare il genere con la presenza dell’articolo o di un aggettivo.
Ci sono poi (poche) parole di genere femminile usate anche per gli uomini, tuttavia, si tratta solo di possibili sinonimi di nomi maschili, per esempio: persona al posto di individuo, singolo, uomo; o guardia al posto di custode, vigile, sorvegliante, secondino.
Ciò detto, la questione è simbolica. E le questioni simboliche sono importanti, perché riguardano il significato che diamo alla realtà. Lo sono ancora di più, quando quel significato è dato in modo inconsapevole e naturale. Cosa significa, nel linguaggio corrente e giornalistico, che i ruoli umili siano declinabili al femminile e i ruoli di prestigio siano adoperati al maschile per entrambi i sessi?

Le ragioni culturali

Una giustificazione neutralizzante dice che usiamo il genere maschile nei ruoli occupati da sempre dagli uomini; dato che quei ruoli iniziano ad essere occupati anche dalle donne, piano piano inizieremo ad usare anche il genere femminile. In questa giustificazione c’è del vero e c’è del falso. Operaia si dice con facilità, anche se le operaie sono poche. Una donna in miniera è una rarità, ma non è il minatore, una donna sulle impalcature non è il muratore. Per quanto introvabile, una donna addetta all’installazione e alla manutenzione delle tubazioni dell’acqua, è in tutta tranquillità un’idraulica. Una donna in marina sarebbe facilmente una marinaia. Una donna che guida il taxi non è il taxista ed una che guida il camion non è il camionista. Quando il lavoro è collocato nella parte inferiore o intermedia della gerarchia sociale, pur se monopolizzato dagli uomini, si declina al femminile anche per poche e rare donne. Laura Boldrini, è presidente della camera. Per molti è il presidente; fosse tranviere, per nessuno sarebbe il tranviere.

Nei ruoli di prestigio e di potere resiste (ed è una strenua resistenza) la declinazione maschile, che vuole essere neutra. Ciò significa che in quei ruoli le donne sono considerate uniche, eccezioni transitorie, parentesi, oppure donne che si fanno uomo, assumono regole, requisiti e parametri maschili per essere competenti e adeguate come lo sarebbe un maschio. Da questo punto di vista, non sono sminuite dall’essere chiamate come un uomo, anzi sono elevate alla maschilità, poiché l’autorevolezza e il valore sono maschili. Infatti, vi sono donne, come Maria Elena Boschi, che vogliono essere chiamate il ministro.

Tutto questo può essere riconfermato, riprodotto, rinforzato dal linguaggio che scegliamo di usare. Oppure smentito. Un nuovo linguaggio può affermare che l’autorità, il carisma, il valore sono anche femminili e nominarli come tali quando sono incarnati da una donna.

Qualche volta chiamiamo crociata un conflitto condotto con fanatismo. Molte volte, chiamiamo crociata soltanto un conflitto che rifiutiamo. Spesso le donne aprono conflitti che gli uomini rifiutano e per rifiutarli reagiscono con la censura, il dileggio, l’insulto, la violenza. Il linguaggio non è pura e vergine spontaneità, è territorio di conflitto, fa egemonia, come Gramsci diceva della toponomastica (territorio prossimo alla battaglia sull’uso delle parole).

È vero che un linguaggio nuovo bisogna soprattutto parlarlo e scriverlo. Ciò non esclude il mettere in discussione l’uso del linguaggio tradizionale, anche se questo può ottenere effetti contrari, come quel leghista che, rivolto a Laura Boldrini, dice per dispetto il signor presidente. I conservatori possono continuare a parlare la loro lingua, ma ormai sanno che, appunto, è soltanto la loro lingua, un codice limitato, parziale, sessista, condiviso sempre più soltanto tra simili. Il punto, per me, nell’immediato, non è ottenere che tutti adoperino per dovere la corretta declinazione al femminile. Il punto è violare l’autorità patriarcale del linguaggio, rompere con l’idea che il linguaggio sia neutro e viva soltanto di vita propria, indiscutibile e insindacabile. Le donne hanno posto la questione del sessismo nel linguaggio. C’è da scegliere come parlare e assumersene la responsabilità, senza nascondersi dietro giustificazioni neutralizzanti e benaltriste.
http://www.massimolizzi.it/2016/06/28/linguaggio-resistenza-alla-sindaca/

giovedì 7 luglio 2016

De Luca, «la bambolina» Raggi e quelle parole che legittimano la violenza Il Governatore campano chiama la sindaca di Roma «una bambolina imbambolata». Non capisce che come politico dovrebbe dare l’esempio, prendere le donne sul serio e smetterla di offenderle di Michela Marzano

«Personaggetti», «bamboline». E poi? Quale altra magnifica espressione dobbiamo attenderci nei prossimi giorni dal governatore campano? Gli capita mai, a Vincenzo De Luca, di rendersi conto di essere grottesco e fuori luogo? A che cosa (o a chi) serve alimentare la violenza verbale e il sessismo? Che poi, a parte i soliti cretini che ridono pensando che l’umorismo sia questo, nessuno, se è sincero con se stesso, può veramente divertirsi nel sentir dire a un (ormai) anziano signore che la neoeletta sindaca di Roma Virginia Raggi sembra una «bambolina imbambolata».

È un linguaggio vecchio e antiquato. Esattamente come vecchie e antiquate sono le metafore di cui si nutre questo linguaggio. Puro retaggio pseudo-culturale di un’Italia che non ce la fa proprio a integrare il fatto che la donna, ormai, non c’entra niente con le bamboline o le imbambolate.

Ma per capirlo, De Luca e tutti i cretini che hanno riso ascoltando le sue parole, dovrebbero fare un sforzo di cui, forse, non sono capaci. E uscire una buona volta per tutte da questa commedia all’italiana ormai desueta in cui, da anni, sono sempre gli stessi che recitano gli stessi ruoli. Anche solo per rendersi conto che i tempi sono cambiati e che la donna non è più quella pallida controfigura del maschile cui l’uomo, per secoli, l’ha costretta a identificarsi.


Anzi, ormai sono sempre più le numerose le donne oggettivamente più preparate, più capaci, più veloci, più efficienti, più sensibili, più organizzate – e la lista sarebbe lunga… – dei propri colleghi maschi. Esattamente come sono sempre più numerosi quegli uomini che, in crisi di identità o incapaci di trovare un equilibrio in loro stessi, se la prendono con le donne, come se fosse loro la colpa dei propri insuccessi.

Ma forse il problema è proprio questo. A forza di ripetete che le donne sono «bamboline» non ci rende nemmeno più conto del fatto che le parole legittimano la violenza e che, in un Paese in cui ormai quotidianamente le cronache sono piene di femminicidi e di stupri, sono i responsabili politici i primi che dovrebbero dare l’esempio, cominciare a prendere le donne sul serio e smetterla di offenderle. «Le parole sono pietre», diceva Carlo Levi. E, esattamente come le pietre, fanno male e creano sofferenza quando vengono scagliate impunemente.
http://www.vanityfair.it/news/politica/16/07/05/de-luca-raggi-bambolina

domenica 3 luglio 2016

Chiarimenti da parte dell'associazione “ventunesimodonna”

Chiarimenti da parte dell'associazione “ventunesimodonna”


Nell'ultimo numero del “Giornale di Corsico” nell'articolo dal titolo “No violenza sulle donne”, dopo un freddo snocciolamento di dati sui costi economici della violenza sulle donne, l'assessora Villani dichiara “Nell'ambito dei progetti che stiamo portando  avanti come amministrazione ho proposto  l'organizzazione di un momento di  riflessione e di protesta silenziosa... La nostra città è particolarmente sensibile al tema, tanto che anche in Consiglio Comunale si è espresso più volte, anche recentemente. Sono quindi convinta che la partecipazione all'iniziativa sarà  numerosa, anche grazie al coinvolgimento diretto delle associazioni che operano sul nostro territorio”.
Ci corre l'obbligo di fare una serie di precisazioni.


La prima
Ci piacerebbe conoscere “i progetti che l'Amministrazione sta portando avanti” perchè finora abbiamo visto lo smantellamento dall'edificio comunale dello striscione contro il femminicidio, la presentazione de “La Stanza dello Scirocco”, voluta dalla  precedente Amministrazione, corsi di autodifesa, uno spettacolo teatrale e il “momento di riflessione e protesta silenziosa” in oggetto. Se i progetti ci sono, ci piacerebbe conoscerli perchè finora sono stati tenuti ben nascosti.


La seconda
La nostra è sicuramente una città  “particolarmente sensibile sul tema” della violenza, ma non abbiamo avuto occasione di vedere durante questa amministrazione “anche il Consiglio Comunale esprimersi  più volte, anche recentemente”; in verità da mesi stiamo aspettando che il Consiglio possa esprimersi su una mozione che riguarda la violenza di genere, cioè l'impegno dell'Amministrazione Comunale di attivare azioni, assieme agli altri Comuni dell'ambito interdistrettuale, affinchè i due centri antiviolenza, dei quali uno “La Stanza dello Scirocco” con sede a Corsico, possano diventare stabili e permanenti.

La terza
La nostra associazione, che è una delle poche associazioni di donne di Corsico, che si occupa da sempre della violenza di genere, che da anni organizza percorsi di informazione e di sensibilizzazione sul territorio e che recentemente fa parte della rete interdistrettuale antiviolenza “La ROSA dei venti”, non è stata minimamente coinvolta nel “momento di  riflessione e di protesta silenziosa”. Abbiamo ricevuto pochi giorni fa una mail, indirizzata in chiaro ad una serie di associazioni cittadine, in cui il Sindaco ci comunicava l'iniziativa e ci invitava ad essere presenti. Non ci sembra che si possa parlare di “coinvolgimento diretto”. Può darsi che altre associazioni siano state “direttamente coinvolte”, “ventunesimodonna” NO.

La quarta
Lasciando da parte le insoddisfazioni per le politiche di genere finora portate avanti  dall'Amministrazione, su cui avremmo molto da dire, abbiamo ritenuto di dover accogliere l'invito del Sindaco;  sottolineando alcune nostre perplessità  sulla opportunità della data coincidente con il periodo di vacanze, sulla inopportunità di connotare la manifestazione con un credo religioso, abbiamo sollecitato la partecipazione di altri soggetti per il doveroso rispetto e per il calore che in quanto cittadine sentiamo di dover far sentire alle donne ed alle bambine che subiscono violenza da parte degli uomini.

La quinta
“La Stanza dello Scirocco” non ha cambiato nome, come si sostiene sempre nell'articolo in questione, la “ROSA dei venti” è la rete che sovrintende i due centri antiviolenza dell'ambito interdistrettuale all'interno del quale c'è il secondo centro antiviolenza “La Rosa del Sud” con sede a Pieve Emanuele.

venerdì 1 luglio 2016

Manifestazione di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne


Manifestazione di sensibilizzazione 
contro la violenza sulle donne
martedì 5 luglio ore 20.30  Fontana dell’Incontro - Corsico
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Il Sindaco di Corsico ha invitato tutte le associazioni cittadine a partecipare ad una iniziativa di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne martedì 5 luglio alle 20.30 alla Fontana dell’Incontro.
Noi che da anni siamo presenti sul territorio con azioni di informazione e sensibilizzazione per contrastare la violenza di genere, abbiamo accolto l'invito.
La data, coincidente con l'inizio delle vacanze estive, potrebbe non favorire una partecipazione numerosa, mentre è necessario far sentire alle donne vittime di quotidiana violenza ed alle figlie ed ai figli delle donne uccise la vicinanza ed il calore del maggior numero possibile di cittadine e cittadini. 
Chiediamo, pertanto, di essere presenti alla manifestazione e di diffondere l'informazione.
Ricordiamo che la violenza degli uomini sulle donne continua il suo percorso incessante. Solo negli ultimi giorni una ragazza è stata stuprata da un gruppo di coetanei ed un'altra è stata stuprata dal “fidanzato” assieme ad un di “lui amico” e che due donne, uccise dai rispettivi partner, ingrossano le fila dei femminicidi che hanno oramai superato il numero dei 60 da inizio anno.
Cogliamo l'occasione per informare che da tempo stiamo seguendo con estrema attenzione le vicende del centro antiviolenza di Corsico “La Stanza dello Scirocco” e che da mesi giace in Consiglio Comunale una mozione presentata dalle opposizioni che ha come fulcro la richiesta alla Giunta di Corsico di attivarsi, assieme a tutti i Comuni dei tre Distretti Socio Sanitari interessati (Corsichese, Rozzanese e Pieve Emanuele), affinchè la “Stanza dello Scirocco” e “La ROSA del Sud”, il secondo centro antiviolenza con sede a Pieve Emanuele, possano diventare presidi antiviolenza permanenti sul territorio. Questioni burocratiche, e vogliamo augurarci solo tali, continuano a procrastinarne la discussione e la votazione in Consiglio.
Ci auguriamo e ci aspettiamo che donne e uomini di governo, che chiamano a raccolta la città sul tema della sensibilizzazione contro la violenza di genere, facciano seguire alla manifestazione concrete azioni a partire dal dare la possibilità alla mozione presentata di essere al più presto discussa ed approvata, auspichiamo all'unanimità.
Una nota finale.
Ci rimane poco comprensibile la motivazione che spinge un'Amministrazione, che dovrebbe della laicità fare bandiera, a mettere sotto un segno religioso un fenomeno che colpisce donne e bambine ed attraversa religioni, classi sociali, culture antiche e moderne a tutte le latitudini.