lunedì 18 giugno 2018

Pari opportunità: che fine hanno fatto le donne nel governo Conte? di Cristina Obber

Il silenzio delle leghiste e delle pentastellate sul contratto di governo e sulle dichiarazioni del ministro Fontana ci dice quanto ancora siamo poco libere, quanto ancora pensiamo noi per prime di non valere abbastanza da non ritenere prioritari i nostri diritti.
 
Potrebbe essere buona cosa pensando che con un’esperienza di presidente Unicef nonché garante dell’infanzia sappia già qualcosa di diritti.

Potrebbe essere buona cosa, ammesso che la sua - ipotizzata da altri - omosessualità fosse dallo stesso confermata, per la difesa indispensabile dei diritti delle persone lgbt. Le Pari opportunità di fatto non riguardano soltanto le donne, ma tutte le persone, indipendentemente dal genere, il sesso, la provenienza eccetera eccetera. Teoricamente dunque dovrebbe essere irrilevante il genere della persona che occupa quel ruolo.

Mi chiedo però come mai si sia pensato di nominare un uomo per un incarico storicamente femminile, in un Paese all'82esimo posto nel mondo in fatto di Pari opportunità di realizzazione tra uomo e donna, dove il 50 per cento della popolazione viene discriminata più o meno violentemente ogni giorno e in ogni dove per il fatto di essere donna.

Nel rispondermi non posso che ritrovare coerenza in questa nomina in un governo con una rappresentanza femminile così esigua ed estranea al mondo femminista da farci venir voglia di fare le valigie per Madrid.

Un governo che nel suo contratto ha affrontato la violenza contro le donne soltanto in termini emergenziali, senza nulla proporre in merito alla prevenzione (lo stesso Conte nel suo discorso di esordio non ha menzionato né scuola, né educazione). Che vi ha inserito preoccupanti intenzioni rispetto alla Pas (detta anche alienazione parentale) che tende a screditare le donne che denunciano la pericolosità dei loro partner o ex partner per i propri figli (perchè se è vero nei conflitti tra coniugi separati la strumentalizzazione dei figli riguarda entrambi i generi, è altresì vero che quando si parla invece di violenza domestica sono gli uomini ad essere pericolosi anche per i figli; un esempio il figlicidio del piccolo Federico Barakat, ucciso dal padre perché gli assistenti sociali accusavano la madre di alienazione parentale, ovvero di opporsi agli incontri padre-figlio per finalità personali). La presenza della pas nel contratto di governo non è casuale. La leghista Giulia Bongiorno ha presentato un disegno di legge per introdurre il reato di Alienazione parentale e la compattezza dell’alleanza lega-5stelle ci induce a pensare che Spadafora potrebbe non contrastare questa posizione.

D’altronde un reato che incarcererebbe tante donne vittima di violenza sarebbe il linea con il disegno del ministro della famiglia Fontana che ben rappresenta le posizioni integraliste di chi parla di aborto come di omicidio.

L'alternativa al carcere per il reato di alienazione parentale si tradurrebbe per tante donne nel silenzio, nella rassegnazione alla violenza, così come per le donne il reato di aborto significherebbe fare più figli anche se non desiderati e dunque ritirarsi sempre di più dallo spazio pubblico così faticosamente conquistato.

In merito al tema dell'aborto ci auguriamo che la vicinanza di Spadafora agli ambienti vaticani non lo trovi più allineato al pensiero di Fontana che al diritto di autodeterminazione femminile.

La prima nomina di un uomo alle Pari opportunità avviene proprio nel momento storico in cui le donne nel nostro Paese e nel mondo ricominciano ad alzare la testa.

Se uniamo i puntini tra le dichiarazioni e le scelte di questi primi giorni di 'governo del cambiamento' possiamo intravedere il disegno di un cambiamento in peggio, di un arretramento per contrastare conquiste e libertà, per rimettere le donne al loro posto.

Il silenzio delle donne leghiste e pentastellate sul contratto di governo e sulle dichiarazioni del ministro Fontana ci dice quanto ancora siamo poco libere, quanto ancora pensiamo noi per prime di non valere abbastanza da non ritenere prioritari i nostri diritti, accontentandoci che vengano affrontate le nostre questioni se ci sarà il tempo, senza fretta, si sa mai che qualcuno arrivi in fondo alla lista.

Ciò che conta sono le decisioni grosse, le cose da uomini, appunto, dalle quali guarda caso questo governo più di qualsiasi altro ci ha escluse.

Critichiamo tutte la compagna di Salvini, Elisa Isoardi, che lava e stira sulle copertine delle riviste riproponendoci uno stereotipo di donna anacronistico e ridicolo che sembra uscito dall'enciclopedia della donna degli Anni '50 (coerente con il 'contratto' che parla di conciliazione casa-lavoro solo per le donne). Un bersaglio facile – e femmina – mentre lasciamo lavorare questo governo di maschi che delle questioni femminili così le chiamano, si vuole occupare in bilico tra autoritarismo e paternalismo, calpestandoci le vite, i diritti e i corpi.

Che ci toglie il potere, quel poco che abbiamo. Che non rappresentandoci - nemmeno malamente - ci rende del tutto invisibili, non solo metaforicamente.

In questo contesto un uomo a capo delle Pari opportunità, laddove si dovrebbero contrastare il protagonismo del maschile e il suo atavico controllo sul nostro pubblico e privato, nel mondo del lavoro come all’interno della famiglia, sulla nostra sessualità e la nostra salute riproduttiva, è dunque perfetto.
https://www.letteradonna.it/it/articoli/politica/2018/06/14/pari-opportunita-governo-conte/26064/

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