La lotta contro la violenza di genere passa per diversi canali, offline e online, e si fa sempre più necessario un approccio trasversale che vede gli strumenti digitali a fianco delle donne e non solo contro di loro, come avviene nei casi di cyberviolenza (ad esempio revenge porn, sextortion, deepnude, cyberstalking e utilizzo di app spia).
La normalizzazione della violenza, il dilagante hate speech sui social e la cronaca spietata dei femminicidi oscurano la complessità di strumenti capaci di ribaltare la narrazione sulla violenza verso le donne: per chiedere aiuto, informazioni, o segnalare un caso di violenza verso terzi, esistono infatti app scaricabili gratuitamente e chat che vedono la pronta risposta di un operatore anche e soprattutto se si vuole rimanere nell’anonimato.
Cyberviolenza: un fenomeno da combattere
Gli ultimi dati Istat del 1522 (numero anti violenza e stalking) registrano un incremento di richieste d’aiuto per stalking rispetto al 2023 (+74,9% nel primo trimestre e +24,8% nel secondo semestre). Sono invece 9.433 i reati commessi nel 2023 contro la persona registrati dalla Polizia postale che includono ancora stalking, revenge porn, molestie, trattamento illecito dei dati e linguaggio d’odio. App di messaggistica come whatsapp vengono utilizzati per monitorare lo stato “online” o per chiedere costantemente una testimonianza di dove la persona si trovi fisicamente in un determinato momento.
In contrasto, abbiamo approfondito tre touch point di messaggistica (chat e app) per chiedere aiuto in caso di violenza forniti dal 1522, dalla Polizia di Stato e della rete nazionale antiviolenza D.i.Re.
Chiedere aiuto equivale a esercitare un diritto
Di pari passo con la possibilità di contattare telefonicamente il numero anti violenza e stalking 1522 esistono anche la chat sul sito e l’app scaricabile sul telefono. Due strumenti che soprattutto dal periodo di lockdown del Covid hanno permesso a molte persone di contattare le operatrici spesso con l’intento di rimanere anonime. Nel periodo tra marzo e ottobre 2020, i dati mostravano un incremento del 71,7% (la crescita di richieste d’aiuto tramite chat era triplicata passando da 829 a 3.347 messaggi). Considerato l’obiettivo finale degli strumenti digitali, ovvero fornire poi assistenza adeguata presso un centro antiviolenza, i contatti per avere informazioni sui centri erano invece aumentate del 65,7%.
La natura online stessa dello strumento e la profilazione sicura, sono due aspetti evidenziati dalla responsabile 1522 di Differenza Donna Arianna Gentili per Alley Oop: «Provare a convincere le vittime a recarsi in un centro antiviolenza tramite la chat ci permette di decostruire stereotipi e pregiudizi rispetto a centri antiviolenza e altri servizi. Per alcune donne andare in un centro antiviolenza equivale a sporgere una denuncia, noi facciamo invece da ponte. L’anonimato aiuta a scardinare questo pregiudizio, garantendo la riservatezza delle informazioni. Questo avviene prima di tutto per esercitare un diritto: un primo colloquio vuol dire reperire informazioni che diventeranno poi strumenti per la vittima. La mancanza di contatto fisico crea una situazione di sicurezza per cui la persona riesce a comunicare a prescindere dalla paura o la vergogna. Alcuni tipi di violenza sono così complessi che la persona non riesce a parlarne di persona o a voce».
La chat a supporto delle donne straniere, migranti o all’estero
Donne che si trovano all’estero, donne non italiane in erasmus o che sono in Italia per lavoro utilizzano la messaggistica. La chat è infatti l’unico strumento del 1522 che può essere utilizzato dall’estero, suggerendo un fortissimo aspetto di inclusività. Persone che vivono in altri paesi chiedono alle operatrici un numero similare al 1522, mentre connazionali che vivono all’estero per lavoro e stanno subendo violenze chiedono a chi possono rivolgersi e come possono rientrare in Italia in sicurezza.
L’interfaccia sul sito sembra una conversazione whatsapp che non rimane tracciata e non viene salvata, così nessuno può vedere che è stata utilizzata. L’app può invece essere scaricata e tenuta sempre a portata di mano sul cellulare.
Le giovani in aumento dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin
La chat risulta più utilizzata da ragazze giovani con un livello di soggezione molto alto, vittime spesso di stalking e revenge porn. «La fascia centrale per le richieste d’aiuto è dai 45 ai 55 anni, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin la soglia si è abbassata. Alcuni comportamenti sono ancora fraintesi e identificati come gelosia e amore. Succede anche nei casi di stalking, in quell’età si ha paura di esporsi e perdere la propria libertà. La tecnologia ha permesso un maggiore controllo, viene chiesto costantemente di mandare una posizione e alcune donne sono costrette a mandare le loro foto per dare testimonianza di dove si trovano. Quindi una chat che non devo scaricare e che posso aprire e chiudere senza lasciare traccia va oltre la paura di essere rintracciate» puntualizza la responsabile 1522 di Differenza Donna Arianna Gentili.
L’app della Polizia di Stato per segnalare abusi
Durante l’emergenza pandemica, la segnalazione per violenza domestica è stata aggiunta all’interno dell’app YouPol, l’applicazione gratuita della Polizia di Stato nata nel 2017 per facilitare la comunicazione nel prevenire e contrastare il bullismo e lo spaccio di sostanze stupefacenti. In questo modo è stato possibile implementare il lavoro a contrasto della violenza di genere, raccogliendo dati e testimonianze utili ad approfondire i fenomeni della violenza e cyberviolenza.
Eugenia Sepe, vice questore della Polizia di Stato dell’ufficio comunicazione istituzionale, fornisce una spiegazione tecnica ad Alley Oop: «YouPol è un’app che consente di effettuare segnalazioni di reati di cui si è vittima o spettatori, è un modo per entrare in contatto e per conoscere nuovi fenomeni che altrimenti potrebbero sfuggire al controllo di Polizia. Notizie e informazioni che seppure non trovano riscontro nell’immediato per il reato segnalato, vengono incamerate per settore: spaccio di droga, bullismo e violenza domestica, quest’ultima integrata nel periodo Covid. Tramite app è possibile inoltre allegare video e foto, o monitorare se la segnalazione è stata raccolta. Ci rivolgiamo soprattutto ai giovani con l’intento di usare uno strumento a loro affine e conquistare la loro fiducia».
I numeri dell’app YouPol e l’importanza delle segnalazioni da terzi
Secondo i dati forniti ad Alley Oop le segnalazioni per violenza domestica registrate sull’app YouPol sono ad oggi 1786, un dato in crescita rispetto al 2023 (1722) e 2022 (1633). Le metriche associate al segnalatore includono genere e provenienza geografica, con la possibilità di rimanere anonimo. Il numero più alto di richieste nel 2024, pari a 1049, risulta nella categoria dei profili anonimi con una prevalenza dal sud Italia (321 centro, 284 nord, 444 sud). Le segnalazioni registrate da parte degli uomini sono 383 contro le 354 da parte delle donne, un dato che mette comunque in luce la predilezione per l’anonimato.
«La sensibilità di chi subisce o chi assiste di segnalare agli organi di Polizia va al di là del fatto statistico. Quando facciamo campagne di sensibilizzazione miriamo a cambiare l’atteggiamento e la consapevolezza delle persone rispetto a vari fenomeni tra cui la violenza di genere, spesso segnalata da terzi che hanno assistito ad un reato. Per i reati legati alla violenza di genere abbiamo una formazione costante rivolta al personale, sul profilo giuridico, sulle norme e sugli strumenti a disposizione, soprattutto per fornire un servizio più completo possibile in fase di raccolta della denuncia».
La nuova chat sperimentale della rete nazionale D.i.Re
Lo scorso 14 ottobre è stata presentata l’iniziativa don’t call me promossa dall’ente Saugella che ha coinvolto la rete nazionale anti violenza D.i.Re – Donne in rete contro la violenza. L’obiettivo comune è portare avanti campagne di sensibilizzazioni e azioni concrete a contrasto della violenza di genere, prendendo spunto dal concept della campagna che approfondisce il tema del cat calling. Il brand supporterà infatti l’associazione attraverso la creazione e la gestione di una nuova chat sperimentale avviabile dal sito www.direcontrolaviolenza.it, dove sarà possibile chiedere sostegno e informazioni in caso di violenze e molestie.
Lo strumento è una novità nel suo tecnicismo, ma fonda le sue radici in una necessità culturale molto più profonda, come racconta ad Alley Oop la consigliera nazionale della rete D.i.Re Francesca Maur: «Stiamo attivando nuovi servizi consapevoli del fatto che l’ampia diffusione dei media digitali in ogni ambito della vita ha determinato e continua a determinare nuovi processi di soggettivazione, sia online che offline, delle donne e delle ragazze. Questi media, infatti, da un lato condizionano gli immaginari e i modelli di genere, dall’altro sfidano le norme sui corpi, la sessualità e le relazioni esistenti. Sono quindi veicoli di una complessa ambiguità, in cui coesistono norme rigide sulle relazioni di genere insieme a processi di liberazione riguardo a queste stesse relazioni e ai comportamenti sessuali».
Le donne vengono aiutate anche da remoto
Ad oggi, come ci spiega la consigliera Maur, quasi tutti i centri della rete antiviolenza D.i.Re utilizzano modalità da remoto per svolgere colloqui con donne e ragazze maggiorenni che si rivolgono con richieste di supporto per uscire da situazioni di violenza: «Piattaforme come zoom, meet, vengono usate per colloqui con le donne e per le call con i servizi sociosanitari che fanno parte delle reti territoriali antiviolenza. Sistemi di messaggistica come messanger o whatsapp si sono affiancati a canali più tradizionali di contatto con i centri antiviolenza».
La nuova chat vuole rispecchiare e rispettare la metodologia di accoglienza che caratterizza tutti i centri della rete D.i.Re, basata su un ascolto empatico e non giudicante, e sull’anonimato delle donne che si rivolgono all’associazione. Uno degli obiettivi sarà prestare, se possibile, un’attenzione ancor maggiore all’uso delle parole.
Dai social al centro antiviolenza: un post può fare la differenza
Come testimoniato dalla responsabile 1522 per Differenza Donna Arianna Gentili, altri strumenti digitali come i social o le comunicazioni istituzionali tramite mail possono suscitare interesse o creare un link con chi è vittima o assiste ad una violenza: «Tutti gli strumenti digitali fanno da tramite, anche cose non pensate in maniera specifica per questo come un link ad un evento o un post su Instagram. Entrambi questi canali possono portare una persona ad avvicinarsi durante un incontro o chiedere informazioni su un centro vicino. Capita che chi vede un post sui social trovi una frase che li riguarda da vicino e lì scatta qualcosa. È vero che ci sono molti femminicidi, ma è vero anche che molte donne ce la fanno. E noi questo aspetto lo dobbiamo raccontare, altrimenti le persone non chiedono aiuto».
Tutti gli strumenti attuali e in divenire rispondono all’esigenza di scardinare il fenomeno struitturale della violenza di genere con il tentativo di ribaltare l’utilizzo improprio del digitale e opporsi alla cyberviolenza. Al pari di un’app spia, esiste un’app o una chat nati per chiedere aiuto in caso di violenza, creando quindi un sistema di contrasto in continua evoluzione.
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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.
Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.
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