domenica 29 dicembre 2024

AUGURI

 L'anno che si sta concludendo non è stato amico dell'umanità.

Ci auguriamo che il nuovo anno apra nuovi orizzonti.


sabato 21 dicembre 2024

Giséle Pelicot

 "Non siamo noi a doverci vergognare, sono loro... Voglio che tutte le donne che sono state violentate possano dire: Madame Pelicot ce l'ha fatta, posso farcela anch'io. Non voglio che si vergognino più..." (Gisèle Pelicot)



lunedì 16 dicembre 2024

Il linguaggio è potere. Nei processi di stupro serve un nuovo alfabeto

 «Nei processi non vengono più utilizzate espressioni offensive nella formulazione delle domande, ma permane un linguaggio più sottile», continua Benevieri. La domanda «perché non ha morso?» non ha di per sé un contenuto lessicale offensivo, fa notare l’avvocato, ma chi la formula introduce uno stereotipo, suggerendo che «in quel momento la persona fosse libera di scegliere», ignorando così «decenni di studi di psicologia sulle vittime di fronte a violenze sessuali orali», e il fenomeno del freezing (che porta a reagire alla paura con un’immobilizzazione, non solo fisica, ndr). Per l’avvocato, in questa materia, si è creato un cortocircuito: da un lato, c’è la presunzione dell’avvocatura di conoscere il linguaggio, dall’altro la presunzione di conoscere le dinamiche della violenza sessuale. Ma, si chiede, perché in un processo per bancarotta, i legali studiano la normativa, mentre nei casi di violenza sessuale nessuno studia le dinamiche connesse al fatto, da un punto di vista psicologico, sociale, relazionale?Occorre dunque, sottolinea l’esperto, «formulare un nuovo vocabolario per noi avvocati quando difendiamo gli imputati» di violenza sessuale, che impedisca di caricare di significato condotte precedenti della vittima e imponga di fare domande che rimangono nel perimetro del capo di imputazione. Che non trasformino, quindi, il processo in un attacco alla persona offesa, producendo vittimizzazione secondaria. Evidenzia l’avvocato: «La domanda è sempre un atto di potere». Alle domande che introducono gli stereotipi le varie parti del processo possono opporsi, e il giudice può dichiararle inammissibili. Ma, ancora oggi, la mancanza di formazione non permette di sollevare la questione in giudizio. Non si conoscono aspetti, giuridici, sociali, linguistici, psicologici. La stessa convenzione di Istanbul chiede di «fornire e rafforzare» la formazione di tutti gli operatori, ma le maggiori criticità in Italia, nella formazione in materia, coinvolgono proprio l’attività forense e i consulenti tecnici, aveva rilevato nel 2021 la commissione d’inchiesta del Senato sul femminicidio.

(...)
Ad alimentare gli stereotipi giudiziari, la norma sulla violenza sessuale così come prevista dal codice penale. L’articolo 609-bis non pone al centro il consenso, come richiesto dalla convenzione di Istanbul e da organismi internazionali, ma la costrizione che si ritiene quasi sempre fisica.«Nei processi si cercano ancora i segni sul corpo per provare la violenza, ma potrebbero non esserci, come dimostrato da molte ricerche e previsto dagli stessi orientamenti della Cassazione», spiega Benevieri, ricordando che la costruzione di una norma «è un atto politico» e «il consenso della donna fa ancora paura al legislatore».

venerdì 13 dicembre 2024

Misurare il patriarcato di Erica Aloè, Marcella Corsi, Giulia Zacchia

Qual è lo stato del patriarcato in Italia? Per rispondere a questa domanda, tre economiste hanno lavorato a un indice empirico, che consente di misurare gli effetti concreti degli stereotipi di genere nel nostro paese 

Il concetto di patriarcato è astratto, ma le sue conseguenze sono visibili e sostanziali nella società in un elenco infinito di eventi che riguardano principalmente la vita delle donne, ma non escludono nemmeno l'esperienza di vita degli uomini.

Definendo un indice di patriarcato per l'Italia - che abbiamo poi presentato all'interno della trentaduesima conferenza della International Association for Feminist Economists (Iaffe), che si è tenuta dal 3 al 5 luglio 2024 a Roma presso l’Università Sapienza - ci siamo proposte di descrivere il patriarcato, da un punto di vista economico, come un aggregato complesso, basato su diversi stereotipi, rappresentati da una serie di variabili relative a comportamenti individuali e norme sociali, classificate in quattro domini: il grado di patrilocalità,[1] il predominio degli uomini sulle donne, il predominio delle generazioni più anziane su quelle più giovani e il dominio socioeconomico. 

Per come è strutturato, potrebbe integrare il più famoso Indice di uguaglianza di genere (Gei), calcolato dall'Istituto Europeo per l'Uguaglianza di Genere (Eige), come misura che si concentra sulla parte "invisibile" della disuguaglianza di genere. 

Definire il patriarcato

Definire il patriarcato non è un compito facile. Come ha scritto recentemente Nancy Folbre, "patriarcato e patriarcale sono parole usate per descrivere la disuguaglianza di genere (...). Sebbene le loro esatte definizioni rimangano controverse, solitamente etichettano gli accordi sociali che danno agli uomini eterosessuali maturi il potere sugli altri. (...) Il sostantivo 'patriarcato' (come 'capitalismo') descrive un'entità che sta da sola o separata, come un sole circondato da pianeti soggetti alla sua forza gravitazionale". 

Nel tentativo di misurare il patriarcato - per la prima volta in assoluto - nel nostro paese, abbiamo dovuto scegliere con molta attenzione quali "pianeti" considerare e siamo partite dagli stereotipi sui ruoli delle donne e degli uomini, ancora molto forti in tutta Italia. 

Da una ricerca di Ipsos, realizzata nel 2018 per il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, emerge una visione di un paese con forti disuguaglianze di opportunità legate all'origine familiare, e in cui il duro lavoro conta certamente per avere successo nella vita, ma conoscere le persone giuste sembra essere altrettanto importante, e provenire da una famiglia culturalmente valida o ricca, anche se in misura minore. Una società quindi percepita come diseguale, in cui le caratteristiche ascritte valgono quasi quanto le competenze e le abilità acquisite.

Parlando nello specifico delle differenze di opportunità tra uomini e donne, l'idea diffusa è che siano stati fatti dei progressi nella condizione femminile, ma che la discriminazione di genere e gli stereotipi che l'accompagnano siano ben lontani dall'essere superati, soprattutto in due ambiti specifici: il mercato del lavoro e la sfera personale/familiare, in particolare in presenza di figli/e.

I dati dell’indagine mostrano una forte aderenza agli stereotipi di genere, che si concentrano soprattutto sugli aspetti legati alla maternità e le cui radici vanno quindi oltre i confini del mercato del lavoro e si riferiscono alla sfera delle scelte personali e familiari. La maternità è infatti considerata una "zavorra" per le donne, che impedisce loro di affermarsi in ambito professionale, in quanto ritenute ancora le principali responsabili della cura della famiglia: circa la metà delle persone intervistate ritiene che le donne con figli piccoli non debbano lavorare (53%) e poco meno della metà (44%) pensa che, anche se lavorano, debbano avere la principale responsabilità della cura della famiglia. Circa un terzo della popolazione è convinto che la maternità sia l'unica esperienza che permette a una donna di realizzarsi completamente. 

'adesione agli stereotipi è particolarmente alta tra giovani, persone con un basso livello di istruzione e persone situate nel Centro e nel Sud Italia (Figura 1). Circa il 40% delle persone intervistate ha una visione più attenuata, mentre gli stereotipi di genere sembrano essere molto meno condivisi da un terzo (32%) delle persone intervistate: opinioni di questo tipo sono più diffuse tra donne, casalinghe, studenti, e persone con un livello di istruzione più elevato. 


Figura 1. Livello di adesione agli stereotipi verso le donne nella sfera personale e familiare in Italia

Fonte: Ipsos (2018)

L'indice di patriarcato 

La creazione di un indice di patriarcato per l'Italia è stata ispirata da tre studi precedenti. Abbiamo preso come punto di riferimento per i nostri calcoli l'indice composito sviluppato da Gruber e Szołtysek nel 2016. Si tratta di una misura composita indicizzata per valutare l'organizzazione e le relazioni familiari nell'Europa storica (a cavallo tra il 1800 e il 1900). Questo indice si basa su quattro domini: il dominio degli uomini sulle donne, il dominio della generazione più anziana su quella più giovane, il grado di patrilocalità, e lo sbilanciamento numerico dei sessi (preferenza per i figli maschi). 

Seguendo l'esempio di una ricerca condotta da Abhishek Singh ed altri, il nostro studio integra la sfera socio-economica nella misurazione del patriarcato, riconoscendo gli squilibri sociali ed economici tra uomini e donne nelle famiglie, sia in termini di retribuzioni che di controllo sul denaro e sull'istruzione. Infine, come nello studio di Ajit Zacharias ed altri, questa analisi considera la rilevanza dell'ideologia patriarcale attraverso i dati provenienti da indagini sugli atteggiamenti di genere. 

A nostra conoscenza, nessuno ha mai calcolato un indice di patriarcato per l'Italia. Abbiamo deciso di farlo per le quattro macroregioni italiane (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Sud). Utilizziamo le macroregioni piuttosto che le regioni perché questo rende i risultati più facilmente accessibili al pubblico e perché uno dei dataset che utilizziamo fornisce solo questo livello di disaggregazione. 

Tabella 1: Le quattro dimensioni del patriarcato in Italia

Per un confronto si vedano Gruber e Szołtysek (2016), Singh et al. (2022) e Zacharias et al. (2022).

Nel complesso, la distribuzione dei punti di patriarcato nel paese mostra una differenza significativa tra il Sud e il resto del territorio nazionale. La forza del patriarcato varia da indicatore a indicatore. Il "dominio degli uomini sulle donne" mostra un ampio divario tra il Sud e il resto del paese. 

Il Sud ha registrato 37 punti di patriarcato, mentre il resto delle regioni ha riportato circa 20 punti. Il "dominio della generazione più anziana su quella più giovane" è forte in tutto il paese. Nel dominio della "patrilocalità", il Nord e il Centro hanno valori vicini, mentre il Sud ha un divario di 4-5 punti con le altre regioni. Nel "dominio socio-economico", ancora una volta, il Sud accumula il maggior numero di punti di patriarcato. Le maggiori differenze tra il Sud e il resto d'Italia si registrano per il "divario di genere nel part-time involontario" e per la "percentuale di popolazione che non giustifica mai l'aborto".

L'indice di patriarcato è stimato sommando la media degli indicatori di ciascun dominio per ogni regione (tabella 2). L’indice può variare tra un minimo di 0 e un massimo di 40 punti. Il Nord-Ovest, il Nord-Est e il Centro si collocano al di sotto della mediana. Il Nord-Est registra il punteggio più basso (17/40). D'altra parte, il Sud ha riportato un indice di quasi tre quarti dei punti di patriarcato (29/40), registrando una forte presenza di stereotipi patriarcali.

Tabella 2. Indicatore di patriarcato per l’Italia

Fonte: Aloè, Corsi, Zacchia (2024)

La definizione di un indice di patriarcato per l'Italia è uno strumento, basato su evidenze empiriche, per informare il mondo della ricerca, della politica e la società civile sulla portata degli atteggiamenti discriminatori di genere che, se monitorati in modo coerente nel tempo, potrebbero dimostrare come il livello di cambiamento degli stereotipi di genere possa essere utilizzato come tattica critica per promuovere l'equità di genere.

Applicando l'indice di patriarcato all'Italia, i risultati confermano, ancora una volta, il noto dualismo Nord-Sud. Le regioni del Nord e del Centro ottengono risultati molto vicini e mostrano che, anche se gli stereotipi patriarcali sono ancora presenti e forti, il patriarcato sta diventando minoritario. All'opposto, il Sud presenta ancora modelli patriarcali forti e maggioritari.

Riferimenti

Aloè, E., Corsi, M., Zacchia, G. (2024). Measuring Patriarchy in Italy, Review of Political Economy, pp. 1-18

Folbre, N. (2021). The Rise and Decline of Patriarchal Systems. An Intersectional Political Economy. Verso.

Gruber, S. and Szołtysek, M. (2016). The Patriarchy Index: A Comparative Study of Power Relations across Historical Europe, The History of the Family, 21(2), pp. 133-174. 

IPSOS (2018). Stereotipi e diseguaglianze di genere in Italia

Singh, A., Chokhandre, P., Singh, A.K., Barker, K.M., Kumar, K., McDougal, L., James, K.S., and Raj, A. (2022). Development of the India Patriarchy Index: Validation and Testing of Temporal and Spatial Patterning. Social Indicators Research, 159: 351– 377. 

Zacharias, A., Masterson, T., Rios-Avila, F., Nassif Pires, L., Oduro, A., Desta, C., Myamba, F., and Dramani, L. (2022). Measuring the Strength of Patriarchal Household Structures and Patriarchal Ideology. mimeo.

Note

[1] In antropologia sociale, istituzione o usanza (detta anche virilocalità), secondo la quale i figli maschi continuano a risiedere, anche dopo il matrimonio, con le loro famiglie, nel territorio o nel villaggio del padre o comunque presso di lui; si contrappone alla matrilocalità o uxorilocalità.

Leggi il dossier Economia femminista

https://www.ingenere.it/articoli/misurare-il-patriarcato

martedì 10 dicembre 2024

“Abbiamo perso come società”

 Alcune considerazioni al termine delle numerose iniziative sul tema della violenza degli uomini sulle donne.

Buona partecipazione ed interesse da parte di studenti e studentesse durante gli incontri all'Omnicomprensivo e, soprattutto conoscenza, sensibilità e disponibilità al dialogo su un tema complesso e delicato. Un segnale di positività e speranza di cambiamento.

Più lasca la partecipazione in città di cui ci rammarichiamo, ma ci interroghiamo sulle possibili ragioni di questa distanza, soprattutto se messa in relazione con i dati di realtà emersi durante l'ultimo incontro.

Il Centro Antiviolenza Distrettuale “La Stanza dello Scirocco” nel rapporto relativo primi nove mesi dell’anno riferisce di 61 donne dell’ambito distrtettuale che si sono rivolte per richiedere aiuto al CAV. 

Presso la Stazione dei Carabinieri di Corsico in un anno viene attivato 250 volte il Codice Rosso. Significa che 250 donne denunciano violenze subite in ambito famigliare e alcune ricorrono al Pronto Soccorso per le gravi lesioni.

 (Mancano le donne che denunciano o chiedono aiuto presso altri luoghi istituzionali come Servizi Sociali, Consultorio, Polizia Locale....). 

Quasi una donna al giorno. 

E sono la punta visibile della violenza, sono solo le donne che hanno il coraggio di denunciare, non tutte le donne che vivono accanto a noi e che ogni giorno fanno i conti con la violenza degli uomini, spesso di famiglia. 

Dati inquietanti che ci dimostrano quanto profondo e strutturale sia questo fenomeno perchè antico e può essere affrontato solo con strumenti culturali, politici, educativi.

“Abbiamo perso come società” dice papà Cecchettin. 

E noi pensiamo che per la società sia giunto il tempo dell'azione ad ampio raggio....