«Nei processi non vengono più utilizzate espressioni offensive nella formulazione delle domande, ma permane un linguaggio più sottile», continua Benevieri. La domanda «perché non ha morso?» non ha di per sé un contenuto lessicale offensivo, fa notare l’avvocato, ma chi la formula introduce uno stereotipo, suggerendo che «in quel momento la persona fosse libera di scegliere», ignorando così «decenni di studi di psicologia sulle vittime di fronte a violenze sessuali orali», e il fenomeno del freezing (che porta a reagire alla paura con un’immobilizzazione, non solo fisica, ndr). Per l’avvocato, in questa materia, si è creato un cortocircuito: da un lato, c’è la presunzione dell’avvocatura di conoscere il linguaggio, dall’altro la presunzione di conoscere le dinamiche della violenza sessuale. Ma, si chiede, perché in un processo per bancarotta, i legali studiano la normativa, mentre nei casi di violenza sessuale nessuno studia le dinamiche connesse al fatto, da un punto di vista psicologico, sociale, relazionale?Occorre dunque, sottolinea l’esperto, «formulare un nuovo vocabolario per noi avvocati quando difendiamo gli imputati» di violenza sessuale, che impedisca di caricare di significato condotte precedenti della vittima e imponga di fare domande che rimangono nel perimetro del capo di imputazione. Che non trasformino, quindi, il processo in un attacco alla persona offesa, producendo vittimizzazione secondaria. Evidenzia l’avvocato: «La domanda è sempre un atto di potere». Alle domande che introducono gli stereotipi le varie parti del processo possono opporsi, e il giudice può dichiararle inammissibili. Ma, ancora oggi, la mancanza di formazione non permette di sollevare la questione in giudizio. Non si conoscono aspetti, giuridici, sociali, linguistici, psicologici. La stessa convenzione di Istanbul chiede di «fornire e rafforzare» la formazione di tutti gli operatori, ma le maggiori criticità in Italia, nella formazione in materia, coinvolgono proprio l’attività forense e i consulenti tecnici, aveva rilevato nel 2021 la commissione d’inchiesta del Senato sul femminicidio.
lunedì 16 dicembre 2024
Il linguaggio è potere. Nei processi di stupro serve un nuovo alfabeto
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Ad alimentare gli stereotipi giudiziari, la norma sulla violenza sessuale così come prevista dal codice penale. L’articolo 609-bis non pone al centro il consenso, come richiesto dalla convenzione di Istanbul e da organismi internazionali, ma la costrizione che si ritiene quasi sempre fisica.«Nei processi si cercano ancora i segni sul corpo per provare la violenza, ma potrebbero non esserci, come dimostrato da molte ricerche e previsto dagli stessi orientamenti della Cassazione», spiega Benevieri, ricordando che la costruzione di una norma «è un atto politico» e «il consenso della donna fa ancora paura al legislatore».
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