Sono la forma più selvaggia del sessismo e come tali devono essere affrontati dall'informazione.
Ha ragione Elisa Giomi: la lettura che i media danno dei femminicidi in chiave di patologia del singolo è cancellazione consapevole della violenza di genere, o se si preferisce del rapporto di potere tra i sessi che si è intrecciato e perversamente confuso da millenni con la vita intima.
È violenza su violenza, è collusione colpevole di una società nel suo complesso con le forme più selvagge del sessismo ancora dominante.
Elisa Giomi
ATTENZIONE, NON E' INCOMPETENZA O MESCHINITA'. E' UN ATTO POLITICO.
E' UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA.
UNA GUERRA MAI CESSATA, CHE OGGI COME 40 ANNI FA - PER CHI CONOSCE LA STORIA - SI CHIAMA BACKLASH.
TITOLANO COSI' DI PROPOSITO.
Nessuna incapacita' tecnica o misconocenza del fenomeno. Gli strumenti oggi ci sono, l'ordine del discorso e' noto, i repertori per parlarne correttamente facilmente accessibili persino ai/alle non addetti ai lavori.
Il mio primo lavoro sulla copertura giornalistica del femminicidio in Italia e' apparso nel 2009, grazie a Rivista il Mulino. Venne considerato lavoro pionieristico, per tema, estensione del corpus e risultati. Fortunatamente, io e le altre non siamo piu' pioniere, e anzi, siamo in buona compagnia anche in accademia, dove tutte e tutti formiamo da anni centinai di studenti di media e giornalismo. La rivista AG About Gender-Journal of Gender Studies ha dedicato interi numeri al femminicidio, esplorandolo in tutte le sue forme.
Comunque, i centri anti-violenza e i collettivi femministi fanno cultura e divulgazione sul tema da ben prima di noi.
La rete NON UNA DI MENO ad esempio ha dettagliato i does e donts della narrazione mediale della violenza di genere nel suo Piano.
Consiglio Nazionale Ordine Dei Giornalisti, FNSI - Federazione Nazionale Stampa Italiana e CORECOM regionali, da 3-4 anni a questa parte, organizzano ottimi corsi di formazione, seminari, convegni in tema (Alessandra Mancuso Lorena Saracino Maria Tiziana Lemme). E auspichiamo prendano provvedimenti contro certi loro iscritti.
La rete Giulia Giornaliste unite libere autonome, di cui sono parte persone come Barbara Bonomi Romagnoli e Silvia Garambois, ha prodotto manuali utilissimi, grazie anche a Graziella Priulla Francesca Dragotto Luisa Betti Dakli. E altrettanto ha fatto Nadia Somma.
ANSA, la principale agenzia italiana, ha costituito un gruppo interno per la riflessione e messa a punto di buone pratiche giornalistiche su femminicidio e violenza di genere, su iniziativa dell'inarrestabile Elisabetta Stefanelli
Da quando il Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile in RAI e' stato coordinato da Enrico Menduni, abbiamo inserito una sezione di rilevazione apposita, che RAI ha poi deciso di rendere obbligatoria anche per gli anni venturi. Anche AGCOM si e' pronunciata al riguardo.
Lea Melandri scrive da sempre cose potenti sull'argomento, e grazie a Stefania Anarkikka Spanò e alle sue vignette ne abbiamo poi anche per chi non sa leggere.
Eppure niente, loro continuano a spargere i loro miasmi tossici con queste narrazioni distorcenti, giustificatorie e persino celebrative (dell'assassino). E sul femminicidio di Elisa, quella del Giornale e' stata solo una delle tante.
PERCHE'?
Non è solo una provocazione acchiappa-like.
Il fatto è che non sopportano che stia divenendo egemonica la lettura in chiave di genere e di ordine di potere di genere, che vuole il femminicidio come forma estrema di assoggettamento delle donne (giacche' sono convinti che assoggettarle almeno un po' si debba). Quindi ricacciano la violenza nella dimensione del privato, nella non intellegibilita' del raptus, nella alterita' della devianza sociale e dell'immigrazione. E soprattutto nel fatalismo inevitabile e fascinoso dell'amore "primitivo e morboso", come e' stato scritto da altra testata sull'operato di questo ennesimo farabutto, dando spesso la responsabilita' alla vittima: ora sprovveduta e incauta, ora ingiusta perche' respinge o lascia, spesso implicitamente poco di buono.
"Degendering the problem, gendering the blame", come scriveva Nancy Berns gia' nei '90.
Sperano, cosi' facendo, di marginalizzare l'analisi e le istanze femministe. Sperano, cosi' facendo, di silenziare la nostra lotta.
QUINDI
Come intendiamo rispondere, sorelle e fratelli di buona volonta', alla guerra che una parte dei media ha ormai dicharato contro le donne e la loro vita?
https://www.facebook.com/groups/senonoraquandogenova/permalink/3292665267425402/
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