La busta paga è più leggera per le lavoratrici di oltre il 5%. E il divario retributivo è maggiore nelle professioni con una ridotta presenza femminile. Ma, a parità di livello di istruzione, gli uomini hanno in ogni caso stipendi medi annui superiori rispetto alle donne. Sempre
Non stupisce ma continua, deve continuare a indignare. Secondo le rilevazioni dell’Istat sulla struttura delle retribuzioni in Italia nelle unità economiche con almeno 10 dipendenti, gli stipendi medi lordi in Italia nel 2022 sono stati di circa 2.200 euro netti al mese. Ma questo significa, per le donne, 15,9 euro l’ora (0,5 euro inferiore alla media calcolata su tutti i dipendenti) e per gli uomini, 16,8 euro (0,4 euro superiore). Il gender pay gap è di (quasi) un euro ogni sessanta minuti. Differenza che, in un anno, significa oltre 6mila euro in meno.
Gender gap: donne più istruite ma di rado ai vertici
«Il differenziale retributivo di genere – osserva l’Istat – è più marcato tra i laureati (16,6%, un valore circa triplo di quello medio) e tra i dirigenti (30,8%)». A questa disparità contribuisce il fatto che lavorano per meno tempo: 1.539 ore l’anno a fronte a fronte delle 1.812 ore degli uomini.
Gli stipendi delle donne secondo l’Istat: il gender pay gap è di (quasi) un euro ogni ora
A parità di livello di istruzione, i dipendenti uomini hanno stipendi medi annui sempre superiori alle donne, con un divario che aumenta al crescere del livello di istruzione: si ferma al 19,9% tra i dipendenti con al massimo la licenza media, sale al 20,5% se l’istruzione è secondaria superiore e raddoppia, raggiungendo il 39,9%, per l’istruzione terziaria.
Quanto influisce la laurea sugli stipendi di uomini e donne
Il rendimento del titolo di studio in termini retributivi è diverso per uomini e donne, soprattutto se si tratta di dipendenti con istruzione terziaria. Se infatti la retribuzione delle donne diplomate è del 20,2% superiore a quella delle donne con al più la licenza media (un divario del tutto simile a quello degli uomini, pari al 20,7%), quella delle donne con istruzione terziaria lo è del 54,2%, una differenza decisamente inferiore a quella rilevata per gli uomini (79,9%).
Oltre che al crescere del titolo di studio, le retribuzioni annue crescono all’aumentare dell’età del lavoratore, in misura maggiore per i dipendenti uomini. Rispetto alla retribuzione dei lavoratori più giovani (tra i 14 e i 29 anni), quella degli over 50 tra gli uomini è superiore del 65,5%, differenza che si ferma al 38,6% tra le donne.
Cambia il contratto, resta (e aumenta) il gender pay gap
Il divario retributivo tra uomini e donne aumenta nel passaggio anche nel passaggio dal contratto a tempo determinato – più diffuso tra le donne – al contratto a tempo indeterminato: nel primo caso le donne hanno una retribuzione annua inferiore del 6,3% a quella degli uomini, differenza che diventa del 15,6% in caso di contratto a tempo indeterminato.
Le ore retribuite per le donne sono inferiori a quelle degli uomini del 15,1% – in media sono 1.539 a fronte delle 1.812 ore degli uomini.
Effetto part-time
Questo, anche per effetto della maggiore diffusione di contratti con orario part-time. Nelle imprese con almeno 10 dipendenti, infatti, la percentuale di lavoratrici part-time, sul totale degli occupati, è più che doppia rispetto a quella degli uomini (12,3%, contro 5,2%)». E, dice sempre l’Istat, chi lavora part-time prende meno: in media 12 euro lordi l’ora contro i 17,3 euro che vanno a chi lavora a tempo pieno.
Studiare conviene
Molto grande è la differenza tra giovani e anziani e tra coloro che hanno un lavoro precario e gli altri. I lavoratori «under 30 guadagnano il 36,4% in meno rispetto agli over 50 (38,5% tra gli uomini, 33,3% tra le donne)» mentre «i lavoratori con contratto a tempo determinato percepiscono il 24,6% in meno di chi ha un contratto a tempo indeterminato». Studiare conviene, secondo i dati della rilevazione. «I dipendenti meno istruiti (con un titolo di studio al più secondario inferiore) hanno una retribuzione oraria pari in media a 12,4 euro, inferiore del 17,3% a quella dei dipendenti con istruzione secondaria superiore (tra i quali è pari a 15 euro) e del 43,6% a quella dei dipendenti con istruzione terziaria (22 euro)».
Chi guadagna meno (sotto i 9 euro l’ora) e chi di più (sopra i 26)
Interessanti le differenze tra pubblico e privato e tra i settori produttivi. «La retribuzione oraria è di 20,4 euro nelle unità economiche a controllo pubblico e di 14,4 euro in quelle a controllo privato», si legge nel report dell’Istat. Tra i settori, la retribuzione più alta c’è nell’industria in senso stretto, con 38.760 euro lordi, la più bassa nelle costruzioni, con 32.202 euro, mentre i servizi si collocano intorno ai 37 mila euro.
Tra i lavoratori dipendenti, il 10% che guadagna di meno viene retribuito al massimo con 8,8 euro l’ora, mentre il 10% che guadagna di più supera i 26,6 euro.
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