Sabato 19 ottobre alle
10.30 sarò in piazza Beccaria a Milano, per i funerali di Lea
Garofalo. Dopo quattro lunghi anni di processi, depistaggi e verità
strazianti, si terrà finalmente una messa per Lea. Proprio come
desidera da sempre Denise, sua figlia.
La storia di Lea
Garofalo in questi anni, grazie alla determinazione di Denise,
all'appoggio delle associazioni antimafia, e talvolta delle
istituzioni, è stata una delle più importanti per raccontare il
rapporto tra donne, testimoni di giustizia e 'ndrangheta. Una delle
tanti morti di cui siamo responsabili: uccise o suicidate cambia
poco. Almeno rispetto al nostro ruolo.
Lo scorso maggio la
Corte d'Assise di Milano ha confermato quattro ergastoli per Massimo
Sabatino, Rosario Curcio, Vito e Carlo Cosco. Quest'ultimo ex
compagno di Lea, padre di Denise. Un papà che ha fatto finta di
prendersi cura della figlia, facendole credere che la madre
"irresponsabile" fosse scappata. Mentre gettava Denise tra
le braccia di uno dei complici dell'omicidio di sua mamma.
Ma Denise non capiva,
non si rassegnava. Cercava la verità.
Le mafie uccidono le
donne
Abbiamo raccontato Lea
Garofalo nel dossier "Sdisonorate" dell'associazione
antimafie daSud, un libro in cui per la prima volta sono state
raccolte tutte le storie delle donne vittime dei clan. Una
ricostruzione che demolisce ogni stereotipo e falso mito: le mafie
uccidono e hanno ucciso sia donne che bambini.
Lea era originaria di
Petilia Policastro, paesino della provincia crotonese. Si ribellò
alla 'ndragheta nel 2002. Da testimone di giustizia, sottoposta a
protezione, cominciò a rivelare i particolari delle faide interne
alle 'ndrine. Principalmente denunciando quelli della famiglia in cui
era nata e cresciuta.
La sua collaborazione
con la giustizia fu osteggiata da tutti. Soprattutto dal suo ex
compagno Carlo Cosco, sul cui conto Lea ha avuto sempre tanto da
svelare.
Le minacce
Dopo una sospensione
temporanea del programma, Lea Garofalo fu riammessa alla tutela nel
dicembre del 2007: da quel momento iniziò ad essere vittima di
minacce e agguati, uno dei quali, nel 2008, prevedeva il suo
rapimento. Riuscì a sfuggire grazie all'intervento di Denise e dei
carabinieri.
Un rapporto travagliato
quello con lo Stato, con la giustiza, con l'ombra della sua famiglia
e dell'ex compagno Cosco. Nell'aprile 2009, qualche mese prima della
sua "scomparsa", decise di rinunciare alla protezione,
tornare a Petilia Policastro e traslocare a Campobasso.
Il rampimento e la
tortura
Il 24 novembre del 2009
Carlo Cosco attirò l'ex compagna in via Montello. "Per parlare
del futuro di Denise". Lì, vicino al cimitero monumentale di
Milano, alcune telecamere inquadrarono Lea per l'ultima volta. Prima
di cadere in una trappola: venne rapita, portata in un magazzino,
interrogata. Torturata per ore. Strangolata. Il suo cadavere fu
trasportato in un terreno vicino San Fruttuoso e bruciato dentro un
bidone. Poi sepolto.
La forza della verità
Denise però non si
arrese. Non ha mai creduto che sua madre l'avesse abbandonata. Iniziò
così un processo in cui la sua ostinazione e la sua voglia di
giustizia sono state ripagate. Denise è stata forte, ha rinnegato in
aula l'unico genitore che possiede, autore del peggiore dei crimini
possibili. Un processo complicatissimo che ha fatto riaffiorare tutte
le verità. Alcune impossibili da immaginare.
Lea e Denise
rappresentano due donne forti e coraggiose. Che ci ricordano ogni
giorno come sia importante ribellarsi ai soprusi, alle intimidazioni,
alle violenze delle mafie. Anche quando sono nella tua famiglia, ed
hanno il volto del tuo compagno, di tuo fratello, del tuo amante. Di
tuo padre.
Noi ci saremo
Non solo per questo
sarò a Milano sabato mattina ai funerali di Lea, assieme a Don Luigi
Ciotti, al sindaco Giuliano Pisapia, che grazie alla sua sensibilità
ha squarciato il velo dei luoghi comuni sulle mafie al Nord, portando
il Comune di Milano a costituirsi parte civile in tutti i processi
per mafia.
A Milano insieme a
Denise. Per dirle che le saremo accanto nella sua nuova vita.
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