Noi insegnanti guardiamo negli occhi tutti i giorni gli oltre 800.000 bambini e ragazzi figli di immigrati che, pur frequentando le scuole con i compagni italiani, non sono cittadini come loro. Se nati qui, dovranno attendere fino a 18 anni senza nemmeno avere la certezza di diventarci, se arrivati qui da piccoli (e sono poco meno della metà) non avranno attualmente la possibilità di godere di uguali diritti nel nostro paese. Ci troviamo così nella condizione paradossale di doverli educare alla “cittadinanza e Costituzione”, seguendo le Indicazioni nazionali per il curricolo - che sono legge dello stato - sapendo bene che molti di loro non avranno né cittadinanza né diritto di voto.
Il testo della lettera-Appello degli insegnati
Questo stato di cose è intollerabile. Come si può pretendere di educare alle regole della democrazia e della convivenza studenti che sono e saranno discriminati per provenienza? Per coerenza, dovremmo esentarli dalle attività che riguardano l’educazione alla cittadinanza, che è argomento trasversale, obbligatorio, e riguarda in modo diretto o indiretto tutte le discipline e le competenze che siamo chiamati a costruire con loro.
Per queste ragioni proponiamo che noi insegnanti ed educatori martedì 3 ottobre ci si appunti sul vestito un nastrino tricolore, per indicare la nostra volontà a considerare fin d’ora tutti i bambini e ragazzi che frequentano le nostre scuole cittadini italiani a tutti gli effetti. Chi vorrà potrà testimoniare questo impegno anche astenendosi dal cibo in quella giornata in uno sciopero della fame simbolico e corale.
Il 3 ottobre è la data che il Parlamento italiano ha scelto di dedicare alla memoria delle vittime dell’emigrazione e noi ci adoperiamo perché in tutte le classi e le scuole dove è possibile ci si impegni a ragionare insieme alle ragazze e ragazzi del paradosso in cui ci troviamo, perché una legge ci invita “a porre le basi per l’esercizio della cittadinanza attiva”, mentre altre leggi impediscono l’accesso ad una piena cittadinanza a tanti studenti figli di immigrati che popolano le nostre scuole.
Ci impegniamo inoltre a raccogliere il numero più alto possibile di adesioni e di organizzare, dal 3 ottobre al 3 novembre, un mese di mobilitazione per affrontare il tema nelle scuole con le più diverse iniziative, persuasi della necessità di essere testimoni attivi di una contraddizione che mina alla radice il nostro impegno professionale.
Crediamo infatti che lo ius soli e lo ius culturae, al di là di ogni credo o appartenenza politica, sia condizione necessaria per dare coerenza a una educazione che, seguendo i dettati della nostra Costituzione, riconosca parità di doveri e diritti a tutti gli esseri umani.
Al termine del mese consegneremo questa petizione ai presidenti dal Parlamento Laura Boldrini e Pietro Grasso tramite il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, perché al più presto sia approvata la legge attualmente in discussione al Parlamento.
Le e gli insegnanti ed educatori che operano in diverse realtà, associazioni, gruppi o scuole possono aderire all’appello collegandosi ad Appello degli insegnanti per lo ius soli e lo ius culturae.
Abbiamo anche creato il gruppo Facebook “INSEGNANTI PER LA CITTADINANZA”. Chiamiamo tutti a collaborare e cooperare per costruire una campagna di largo respiro che parta dalle scuole.
Lettera dei docenti universitari/e
Come docenti universitari/e vogliamo prendere una chiara posizione sulla legge in discussione al Senato della Repubblica che introduce alcune tutele minime per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei minori.
Si tratta di una proposta di legge che riconosce il valore fondante della scuola per costruire il pieno sviluppo di ciascuna persona e l’effettiva partecipazione di tutte e tutti all’organizzazione sociale , culturale, politica ed economica dell’Italia.
Non approvare questa legge significherebbe alimentare il razzismo che attraversa la nostra società.
Noi che lavoriamo nelle università, l'ultimo livello del percorso di studi, pensiamo che le nostre studentesse e i nostri studenti che sono nati in Italia da genitori stranieri o sono arrivati in Italia da minori e qui hanno frequentato le scuole debbano aver il diritto di ottenere la cittadinanza.
È inaccettabile costringere dei giovani a diventare “stranieri per legge” al compimento dei diciotto anni, facendoli cadere nella morsa burocratica dei permessi di soggiorno e nella minaccia di non poter più vivere nel paese in cui hanno vissuto da sempre o da tanto e importante tempo.
Nelle aule universitarie nessuno deve sentirsi straniero/a, tutte e tutti devono poter studiare con la stessa speranza di futuro.
Sosteniamo quindi l’appello delle/gli insegnanti della scuola e organizzeremo negli atenei italiani iniziative per promuovere l'approvazione della legge.
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