Caro Massimo,
Aiutami a capire. Un produttore americano ha fatto avance pesanti ad attrici anche famose in cambio di lavoro, di una parte nei film. Ma loro, le attrici, potevano dire di no e non l’hanno fatto. Temevano di essere escluse dal cinema. Lo chiamano mostro, orco. Lo è. Ma una donna che è stata violentata da piccola o da grande, dallo zio o da uno sconosciuto, che cosa può pensare di queste attrici? Che potevano uscire dalla stanza del produttore e cercare un’altra strada. Scusa se non le comprendo, Massimo, ma ho un’amica che è stata violentata e non poteva scappare.
A questo e solo a questo penso io. Che è sempre meglio scappare, se si può. —B.
La storia del produttore porcellone ha prodotto un cortocircuito. Che un maschio abbia approfittato del proprio potere per ricattare donne la cui carriera dipendeva da lui è considerata un’ovvietà della quale non vale quasi la pena occuparsi. È sempre successo, si dice, e sempre succederà. Al centro del dibattito c’è invece la negazione del ruolo di vittime alle attrici che si sono sdraiate consapevolmente con quell’uomo pur di ottenere una parte. Ad attaccarle sono soprattutto altre donne, che riportano la propria esperienza personale, o quella di persone a loro vicine, per dimostrare che ci si può rifiutare di cedere a certi ricatti, sia pure a costo di rimetterci.
In fondo le attrici non sono state molestate in un vicolo buio o sotto l’effetto di qualche droga che aveva tolto loro capacità di raziocinio. Al momento di sdraiarsi sul divano avrebbero potuto dire di no e andarsene. Tante altre donne lo hanno fatto. La mia mail gronda dei racconti di professoresse, impiegate, dottoresse, commesse inchiodate all’ultimo grado della scala gerarchica per non avere voluto usare il trampolino più comodo: cedere alle voglie di chi aveva il potere di promuoverle. Se ci sono riuscite loro, perché non possono riuscirci tutte? È come per la corruzione: affinché esista bisogna essere in due. Non basta il funzionario che chiede la mazzetta, ci vuole anche l’imprenditore che gliela versa. Se l’imprenditore si rifiuta e lo denuncia, la corruzione svanisce. Così, se Asia Argento e le sue colleghe avessero detto di no alle avance del produttore, svergognandolo in una conferenza stampa collettiva, avrebbero assestato un duro colpo al fenomeno della prevaricazione sessuale.
Tutto vero. Ma anche tutto molto ipocrita. Perché sappiamo benissimo che il sistema tende a isolare chi dice di no: l’imprenditore che, rifiutandosi di pagare una mazzetta, fece scoppiare lo scandalo di Mani pulite non trovò più nessuno disposto a fare affari con lui. E ogni volta che un’attrice (per non parlare di una maestra o di un’operaia) ha denunciato dei ricatti sessuali è stata trattata come un’esibizionista o una poco di buono.
«Sventurato il mondo che ha bisogno di eroi», diceva Brecht. Invece il dibattito di queste settimane sta chiedendo proprio questo alle donne: di indossare i panni delle eroine. E chi non se la sente? Essere vigliacche, deboli o persino calcolatrici è una limitazione caratteriale, ma non un reato. E le leggi devono tutelare anche Don Abbondio. Intendo dire che l’azione benemerita di tantissime donne che hanno pagato a duro prezzo la difesa della loro dignità non rende automaticamente infami quelle che hanno compiuto scelte diverse. Il nucleo su cui dovremmo concentrare l’attenzione, senza darlo per scontato o derubricarlo a ovvia premessa, rimane lo squilibrio tra chi decide e chi si ritrova a essere oggetto delle sue decisioni.
Riparto dalla corruzione. In attesa del cambiamento della natura umana (vasto programma…) non si risolve il problema appellandosi alla integrità morale degli interessati. Bisogna piuttosto ridurre le occasioni in cui un funzionario o un politico possono esercitare il loro potere in modo indiscriminato. Se per ogni pratica che si fa in questo benedetto Paese bastasse mettere un timbro anziché dieci, le possibilità di chiedere soldi in cambio di timbri si ridurrebbero da dieci a una. Allo stesso modo, se certe decisioni sensibili venissero sottratte all’arbitrio di una sola persona (il manager, il barone, il primario, il produttore) e affidate a un piccolo comitato dove entrambi i sessi fossero rappresentati, forse – dico forse – certi ricatti a sfondo erotico si ridurrebbero di parecchio. Altrimenti occorrerà aspettare che quei ruoli siano occupati dalle donne. Con il rischio però che il problema, anziché risolversi, si ribalti.
https://www.vanityfair.it/vanity-stars/massimo-gramellini/2017/10/26/hanno-detto-no-al-mostro-massimo-gramellini
Nessun commento:
Posta un commento