Una sera delle feste di San Fermín del 2016, cinque maschi, presunti uomini, autodenominati “Il branco”, spinsero una ragazza in un portone di Pamplona, la violentarono in gruppo e filmarono la loro prodezza. Si sentivano tanto impunibili come alcuni magistrati, presunti uomini anch’essi, li hanno giudicati essere l’altro ieri.
Poche ore dopo aver saputo della sentenza, molte donne e alcuni uomini sono usciti in strada e hanno espresso la loro indignazione e il loro dissenso per una sentenza che non ha condannato i cinque maschi per stupro ma per cosiddetti “abusi sessuali”. Non sono andate a manifestare in posti qualsiasi ma di fronte a edifici che rappresentano lo Stato. Hanno subito capito che non era un tribunale qualunque ma lo Stato di diritto stesso che si scontrava, infrangendosi, contro la libertà femminile e contro la dignità e la grandezza che ogni donna ha per il fatto di esserlo. Come accade molto nei momenti radianti (Chiara Zamboni) della storia delle donne, un avvenimento così importante come questo, che lo Stato si infranga contro la libertà messa al mondo dalla fine del patriarcato, ha avuto il suo lato ridicolo: uno dei tre giudici che firmano la sentenza aveva chiesto l’assoluzione del branco dei maschi con l’argomento che non c’era stato stupro perché i delitti erano stati commessi in un ambiente “di baldoria”. L’estate scorsa, mia nipote di cinque anni mi chiese, a cena, «Nonna, perché ci sono uomini che non sono donne?» Forse è per questo: perché una bambina di oggi può essere, a quanto pare, più sensata di un magistrato.
È insensato che il Diritto distingua tra stupro e abusi sessuali. In questa distinzione si infiltrava il patriarcato per lasciare impunita la violenza contro le donne. È il varco malignamente previsto da alcuni perché altri (a volte, altre) interpretino i delitti contro le donne secondo il diritto ma non secondo giustizia.
Quelli e quelle che oggi giudicano, dentro o fuori dai tribunali, avvalendosi di sottigliezze come questa, sono, a mio parere, presunti uomini. Non fanno onore al loro sesso. Lo dico perché questa volta è accaduta nei mass media una rivoluzione simbolica. I giornalisti si sono divisi chiaramente e senza prevaricazione tra gli uomini che, riconoscendo autorità femminile, hanno saputo dire basta all’insensatezza, e i presunti uomini che hanno titubato, timorosi di attentare contro lo Stato di diritto, o si sono crogiolati nella sentenza che ha lasciato impunito, negandolo, lo stupro. Le giornaliste, da parte loro, si sono divise anch’esse, al punto che, in alcuni casi, davanti alle loro prime tre parole titubanti, molte donne abbiamo spento nauseate il “dispositivo”, non importa se chi parlava era di destra, di centro o di sinistra. Non ne possiamo più di presunti uomini.
Che lo Stato di diritto si infranga contro la fine del patriarcato è un avvenimento decisivo ed enorme, conseguenza del cambiamento radicale della politica del sesso messo al mondo dalle donne, una per una e giorno per giorno nel mondo intero durante gli ultimi cinquant’anni. Trasformando la relazione con noi stesse, con le altre e con gli uomini, abbiamo rivoluzionato la società e lasciato allo scoperto la insensatezza del Diritto in tutto ciò che ha a che vedere con il corpo femminile. Il Diritto è la grande costruzione maschile che sosteneva il patriarcato. Finalmente è riuscita a sconfiggerlo la libertà femminile. Godiamo della nostra rivoluzione!
(Traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan, www.libreriadelledonne.it, 3 maggio 2018. Testo originale: El Estado de Derecho se estrella contra el final del patriarcado, Duoda, 28/04/2018, http://www.ub.edu/duoda/web/es/textos/10/219/)
http://www.libreriadelledonne.it/lo-stato-di-diritto-si-infrange-contro-la-fine-del-patriarcato/
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