mercoledì 10 ottobre 2018

Chi è Nadia Murad, l'attivista che ha vinto il Nobel per la Pace 2018

La giovane yazida fatta schiava dall'Isis nel 2014 è stata premiata con il medico congolese Denis Mukwege «per la battaglia contro le violenze sessuali nelle guerre». La sua storia.
 
Nadia Murad, attivista irachena yazida, e Denis Mukwege sono i due laureati vincitori del premio Nobel per la Pace 2018, «per i loro sforzi nella battaglia contro le violenze sessuali usate come arma nelle guerre e nei conflitti armati». Denis Mukwege è il medico congolese che ha dedicato la sua vita alla difesa delle donne vittime dei conflitti, specializzato in ginecologia e ostetricia, ha fondato nel 1998 il Panzi Hospital, ed è considerato tra i massimi esperti mondiali nella cura delle ferite interne causate da stupro.

UNA DELLE 6.700 YAZIDE IRACHENE SCHIAVE DELL'ISIS
Nadia è nata in una fattoria a Kocho, piccolo villaggio nel Sinjar nel nord dell'Iraq. La sua famiglia è di etnia yazida - una minoranza religiosa, presente in questa regione prima della comparsa dell'Islam, vittima di una sterminio e ridotta in schiavitù dall’Isis. Murad aveva solo 21 anni quanto nell'agosto del 2014 i miliziani hanno irrotto nella sua piccola comunità, sterminando oltre 600 persone, tra cui i sei fratelli di Nadia, e l'hanno presa come schiava. Dopo essere stata condotta a Mosul, la ragazza è stata picchiata, torturata e stuprata per oltre tre mesi, fino alla sua fuga a novembre di quello stesso anno. Grazie all'ospitalità di una famiglia della zona, Nadia è riuscita poi a raggiungere il campo profughi di Duhok e poi Stoccarda, in Germania.

Due anni dopo, nel settembre 2016 l'avvocata rappresentante di Nadia, Amal Clooney, di fronte all'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), ha descritto il genocidio, lo stupro e la tratta come «burocrazia del diavolo a scala industriale». Nella sua autobiografia, L'ultima ragazza [edita da Mondadori ndr] Murad, ha raccontato delle sofferenze subite della sua comunità, gli yazidi, considerati dal Califfato adoratori del diavolo. «A un certo punto non resta altro che gli stupri. Diventano la tua normalità. Non sai chi sarà il prossimo ad aprire la porta per abusare di te, sai solo che succederà e che domani potrebbe essere peggio», spiega la giovane sopravvissuta. Murad è stata la prima persona a parlare davanti al Consiglio di Sicurezza Onu della tratta di esseri umani nei conflitti. Come Ambasciatrice Onu porta la sua testimonianza alle comunità sopravvissute ai genocidi dell'Isis e ai rifugiati, proprio per il suo attivismo Nadia ha ricevuto numerose minacce.

https://www.letteradonna.it/it/articoli/fatti/2018/10/05/nadia-murad-premio-nobel-2018-pace/26757/

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