lunedì 9 dicembre 2019

Denunciò uno stupro di gruppo e il paese la esiliò

È successo a Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria). La vittima all'epoca aveva 13 anni ed è stata abusata dal branco per due anni. Lei e il padre hanno dovuto ricostruirsi una vita altrove. La storia.
 
All'epoca pesava 40 chili, era alta un metro e 55 e aveva 13 anni. Era ancora una bambina. Una bambina che per due anni è stata violentata ripetutamente dal branco. Quando ha denunciato e la storia è diventata pubblica, il suo paese, Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), le ha voltato le spalle. Tanto che lei e il padre si sono dovuti trasferire lontano da casa. Lo racconta La Stampa che spiega come l'adolescente venisse prelevata ogni giorno all'uscita da scuola, caricata in auto, portata al cimitero o in una casa in montagna e abusata. «Io e la mia ex moglie ce ne siamo accorti leggendo la brutta copia di un tema che nostra figlia aveva lasciato a casa», ha detto il padre al quotidiano.

AGUZZINI CONDANNATI IN PRIMO GRADO
Gli aguzzini ricattavano e minacciavano la vittima: «Attenta che facciamo del male a mamma e papà». Davide Schimizzi, fratello di un poliziotto, Giovanni Iamonte, «rampollo di un esponente di spicco della locale cosca della'ndrangheta», Michele Nucera, Lorenzo Tripodi e Antonio Virduci, figlio di un maresciallo dell'esercito, sono i cinque dei sette responsabili (oggi tutti liberi o ai domiciliari) che sono stati condannati in primo grado con pene da sei a nove anni di carcere. Nonostante la condanna per gli abitanti di Melito Porto Salvo era tutta colpa della bambina. «Sono andato dal padre di uno di loro, il più giovane, quello che all'epoca aveva 17 anni. Mi ha detto che mia figlia si stava facendo una brutta nomina in paese. Altri sono venuti a dirmi che non dovevo denunciare. Era come se si fosse meritata quella violenza», ha continuato il papà nell'intervista a La Stampa.

UNA NUOVA VITA GRAZIE ALL'ASSOCIAZIONE LIBERA DI DON CIOTTI
Per questo motivo l'uomo e la ragazzina sono stati costretti ad abbandonare il paese. Prima sono andati in una grande città del Nord, in una casa messa a disposizione dall'associazione Libera di don Ciotti, poi si sono trasferiti altrove. «Ci hanno aiutato, adesso ho un nuovo lavoro. Siamo indipendenti. Ma a Melito ho dovuto lasciare quello che avevo di più caro. Noi siamo qua, mentre quei ragazzi sono stati scarcerati in attesa del processo d'appello (previsto a febbraio 2020, ndr)». Intanto la ragazzina è cresciuta, si è diplomata con il massimo dei voti in una scuola professionale per diventare truccatrice a teatro e al cinema e ha trovato nuovi amici.
https://www.letteradonna.it/it/articoli/fatti/2019/12/06/melito-di-porto-salvo-stupro/29467/?fbclid=IwAR2V6DKrbMISLPKnK2-As06lbBx1kx4zaW5KXSiEofAs4vPy4b3f38waGzA

Nessun commento: