giovedì 21 aprile 2016

E finalmente si parlerà anche delle donne partigiane perchè raramente la storiografia ricorda il contributo fondamentale che le donne hanno dato alla liberazione dal nazifascismo.

Donne che da un giorno all’altro sono state chiamate a sostituire gli uomini, andati al fronte, nei lavori più duri e si sono scoperte operaie meccaniche, tornitrici, fresatrici…
Donne che, rimaste sole, hanno preso in mano le redini della famiglia e hanno allevato, educato, e sfamato i figli…
Donne che, infine, oppresse dalla guerra e dal nazifascismo, non hanno esitato ad impugnare le armi e a diventare partigiane.

Trentacinquemila le partigiane, inquadrate nelle formazioni combattenti; 
20.000 le patriote, con funzioni di supporto; 
70.000 in tutto le donne organizzate nei Gruppi di difesa;
16 le medaglie d’oro, 
17 quelle d’argento; 
512 le commissarie di guerra; 
683 le donne fucilate o cadute in combattimento; 
1750 le donne ferite; 
4633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 
1890 le deportate in Germania.
Sono questi i numeri (dati dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) della Resistenza al femminile, una realtà poco conosciuta e studiata.

Voglio ricordare qui una testimonianza di una delle tante donne che partecipò alla Resistenza, tratta dal film di Elisabetta Sgarbi «Quando i tedeschi non sapevano nuotare»:

“ERA IL 18 FEBBRAIO DEL 1945, L’APPUNTAMENTO ERA PER LE 10 DI MATTINA IN PIAZZA. FU LÌ CHE TROVAI LE DONNE. SI AVVICINÒ LA MIA AMICA SILVANA: «Dobbiamo fare una cosa noi donne mi disse però bisogna avere pazienza e stare attenti con chi si parla, perché questa cosa deve riuscire. Avvicina le persone per bene, che sai come la pensano, e chiedi di fare un po’ di passaparola, perché la cosa si allarghi, perché dovremo essere in tante.»
E fu così che tutto cominciò. Con tanta titubanza e tanta paura fu così che quella domenica mattina, il 18 febbraio, ci trovammo verso le dieci. Fu anche difficile per me uscire, dovevo raccontar bugie a mia madre, perché in casa nessuno sapeva che facevo parte di questa organizzazione. Insomma, quel mattino, in tre, io, Silvana e Vittorina Dondi, che abitava a Ospitale sulla strada che porta a San Biagio verso la foce del Po, siamo partite. (…) E fu così: lei con un cartone con scritto sopra «Vogliamo pane, abbiamo fame, basta con la guerra!», siamo partite. (…)”
http://www.lauraonofri.it/25-aprile-libere-tutte/

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