martedì 5 aprile 2016

Occhio non vede… di Simona Sforza

Ho come l’impressione che in questo strano Paese si preferisca non vedere, non capire, non sapere. Per non farsi troppo male oppure per non guastare il clima di sospensione e di ottimismo artefatto in cui siamo immersi. La mitologia ci piace più della realtà.
Non ci piace avere qualcuno che ci dica che le cose non vanno proprio nel verso favoleggiante che da tempo ci viene somministrato.
Me ne accorgo quando pubblico articoli come questo in cui parlo del Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes) a cura dell’Istat, a quanti interessa questo tipo di approfondimento? Quanti si pongono domande e desiderano capire come vanno le cose? Quanto le nostre politiche riescono ad adoperare adeguatamente le analisi che periodicamente vengono pubblicate?
La mia impressione quando parlo di adoperare un’ottica di genere nell’azione politica, di programmazione, di progettazione, di visione sul futuro, di pianificazione degli interventi locali o nazionali, è di profondo smarrimento. “Ah, ma tu sei sempre quella in trincea per i diritti delle donne, ma non puoi occuparti d’altro?”
Forse darò un dispiacere a qualcuno, ma continuerò ad occuparmene, perché penso che lavorando in questo senso ne possa beneficiare l’intero sistema socio-economico.
Diamo fastidio se ci preoccupiamo di occupazione, flessibilità, condivisione, work-life balance cercando di applicare le differenze di genere e di evidenziare le problematiche peculiari di certi temi?
Cosa c’è di normale per esempio nel fatto che nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni, secondo i dati Istat, nel 2015, il tasso di occupazione è del 73,9% per le single, mentre per le donne in coppi con figli scivola al 44%, e crolla al 20,1% quando il numero dei figli è pari o superiore a tre?
Dal 16 aprile Linda Laura Sabbadini non sarà più la direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali di Istat, che cessa di esistere per grandi lavori di ristrutturazione dell’Istituto.
Davvero pensiamo che cancellando un dipartimento, che interrompendo il prezioso lavoro nel campo delle statistiche sociali e di genere svolto da Sabbadini, si riuscirà a silenziare le voci di coloro che quotidianamente sottolineano che questo non è ancora un Paese per donne, per lavoratrici, paritario? Le discriminazioni ci sono ancora, gli sforzi fatti sinora evidentemente non hanno risolto un granché, perché la realtà è più complessa e delicata delle rappresentazioni iconografiche da twitter. La realtà è quella che emerge dalle statistiche e dai lavori che il dipartimento di Sabbadini ha sinora elaborato. E non ci stiamo alla vulgata secondo cui le donne italiane se la passerebbero meglio rispetto al passato.
Non è evitando di leggere che le discriminazioni, i problemi del lavoro delle donne sono tuttora vivi e laceranti che potremo superarli. La fotografia periodicamente scattata dall’Istat non deve venire a mancare, le buone pratiche non devono andare perdute. Le indagini su salute, sicurezza, benessere, violenza, lavoro, abusi ambientali e povertà non devono smarrire la loro forza, la loro capacità di mettere in luce le distorsioni della realtà. C’è da lavorare per sanare la ferita dell’occupazione femminile, gravata dai compiti di cura che ancora pesano maggiormente sulle donne, dalla mancanza di sostegni reali per un benessere diffuso, a misura anche di donna. Non abbiamo bisogno di una mano di tinteggiatura rosa, ma di vedere i fenomeni delle differenze di genere, delle discriminazioni, delle spaccature della società per come sono realmente.
Non possiamo di punto in bianco arrivare a sotterrare tutto perché non ci piace ciò che si rileva. Non sbuffate ogni volta che vedete un grafico che evidenzia come per noi donne è ancora una vita tutta in salita, in trincea. Non sbuffate dicendo che ormai donne e uomini hanno gli stessi problemi in campo lavorativo. Non sbuffate e reagite quando si vuole mandare in fumo anni di ricerche e di un approccio finalmente corretto e innovativo, di genere agli studi statistici. Dobbiamo preoccuparci se qualcuno vuole sottrarci gli strumenti per capire come stanno andando veramente le cose per noi donne e per l’intera società, per quelle fasce invisibili e poco considerate della popolazione.
Abbiamo cancellato la figura della Ministra delle Pari Opportunità o di una qualche delegata, le politiche di genere sono alla mercé della buona volontà dei/delle singoli/e, si azzerano i fondi alle Consigliere di parità, i diritti delle donne sono sempre più incerti e sotto attacco, arriva la notizia della Sabbadini, mi sembra un quadro tutt’altro che rassicurante. Ci vogliono cancellare? Vogliono passare la gommapane sulle voci delle donne? Lasceremo che questo accada? Mi auguro proprio di no, e auspico che ci sia un moto di azione collettivo, siamo stanche di aspettare e di vederci messe nell’angolo, all’ultima pagina dell’agenda politica. In un Paese civile e che vuole progredire non si sottrae informazione indipendente e critica, ma la si incrementa.
Quanto la situazione deve ancora peggiorare per mobilitarci seriamente tutte insieme?
https://simonasforza.wordpress.com/2016/04/02/occhio-non-vede/

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