È qui la chiave del film, quando Maud sente che deve uscire dalla situazione di sudditanza in cui vive e deve mettere tutta se stessa nella lotta per la parità, sacrificando la propria vita privata, anche a costo di perdere la famiglia, anche se dovrà affrontare la prigione, anche se resterà sola.
Scena dal film “Suffragette” di Sarah Gavron (UK, 2015)
C’è voluta la prima guerra mondiale perché le donne del Regno Unito potessero votare. Nel 1918 fu loro riconosciuto il diritto di voto purché fossero sposate e avessero almeno trent’anni di età, ma dovettero aspettare altri dieci anni perché il voto fosse esteso a tutte. Fu il movimento delle Suffragette a portare avanti questa battaglia, battaglia dura e dolorosa, che costò prezzi altissimi alle donne che vi presero parte e che fino ad ora sono rimaste nell’ombra. Il film che parla di loro, scritto da Abi Morgan e diretto da Sarah Gavron, fa luce sulle loro storie. Sono operaie che vivono nei quartieri più miserabili di Londra e che dopo anni di promesse non mantenute decidono per la disobbedienza civile e le azioni violente, senza indietreggiare di fronte alla repressione della polizia, alla disapprovazione delle famiglie, allo stigma sociale.
Una suffragetta arrestata da due poliziotti a Londra (1914)
Cosa credi di fare col tuo voto, urla il marito della protagonista che l’aveva attesa a casa fino a tarda sera mentre lei era ad una manifestazione. Quello che ci fai tu, gli risponde la donna esasperata. È dura la vita nella Londra del 1912. Le donne hanno un orario di lavoro più lungo di quello degli uomini e guadagnano molto di meno. Non hanno accesso all’istruzione e molte sono analfabete, tanto che per ricostruire la loro vita l’autrice ha avuto come unica fonte le relazioni della polizia. Devono sottostare in silenzio ai soprusi e alle violenze dei padroni, perché quello è il prezzo per poter continuare a lavorare. La protagonista, Maud, poco più che bambina ha subìto le violenze del proprietario della lavanderia in cui fa la stiratrice. Come si chiamerà nostra figlia, se ne avremo una, e come sarà la sua vita, chiede una sera al marito. Si chiamerà Margaret come mia madre, risponde lui, e avrà una vita come la tua.
È qui la chiave del film, quando Maud sente che deve uscire dalla situazione di sudditanza in cui vive e deve mettere tutta se stessa nella lotta per la parità, sacrificando la propria vita privata, anche a costo di perdere la famiglia, anche se dovrà affrontare la prigione, anche se resterà sola. Senza paura di fronte alla morte, come Emily Davison, travolta dal cavallo del re Giorgio V mentre mostrava uno striscione di protesta. Al funerale di Emily parteciparono seimila donne e fu in quell’occasione che finalmente i giornali si accorsero del movimento delle Suffragette e parlarono di loro.
Con questo film, per la prima volta, si è cercato di far sentire la loro voce. E solo dopo questo film il Ministero dell’Istruzione in Gran Bretagna ha inserito nel programma scolastico lo studio delle battaglie femminili per il diritto al voto. In Italia abbiamo conquistato il diritto al voto settanta anni fa. Anche per noi è stata necessaria una guerra.
http://www.cheliberta.it/2016/03/08/suffragette-il-coraggio-di-essere-donne/
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