Domani è l’8 dicembre e non si lavora. Le scuole sono chiuse, il weekend si allunga. Festeggiamo, ci piaccia o no, il dogma dell’Immacolata Concezione. Italia, fine 2017: ci fermiamo tutti per ricordarci che Maria è una donna migliore delle altre. Il prototipo di tutte le mamme dell’umanità è nata senza peccato originale. Holy Mary, la madre di Dio, è la “tutta santa”, la pura, l’incontaminata. Non conoscerà mai il piacere: morirà vergine. Nell’immaginario collettivo, il fenomeno dell’Immacolata Concezione è infatti confuso – e non a caso – con un altro dogma mariano, quello della Verginità perpetua. Nel cristianesimo, donne e sessualità sono in antitesi e, grazie a questo, noi domani non andiamo al lavoro.
C’è uno spazio – una frattura – tra la Madonna e Maria di Nazareth: la prima è un personaggio costruito dalla teologia maschilista per subordinare il femminile e mortificarlo, negando alla donna una serie di cose, tra cui il diritto al piacere e al dominio sul suo stesso corpo. Il personaggio storico ha molto poco a che fare con ciò che progressivamente la Chiesa gli ha proiettato addosso. Che modello di femminilità hanno avuto davanti le nostre nonne, e le nonne delle nostre nonne, quando si inginocchiavano in Chiesa a pregare? Che rapporto tra i sessi hanno metabolizzato attraverso la narrativa insegnata loro dai preti? Se non è stata la Chiesa a creare la subalternità femminile, certamente ha senso dire che l’ha legittimata attraverso la spiritualità.
Fermandosi un attimo a pensare, sembra incredibile: il giorno dedicato al concepimento senza peccato di Maria è (ancora) festa nazionale. L’Italia è uno Stato laico col calendario costellato di festività cattoliche. E se alcune, come il Natale o la Pasqua, sono ormai diventante anche altro, rivestite di connotati commerciali e affettivi – i regali, le canzoni, le decorazioni, lo shopping – altre sono motivate solo e unicamente dalla tradizione religiosa, e peraltro dal suo volto più antimoderno e reazionario. Con l’Immacolata Concezione si festeggia infatti una delle radici dell’immaginario sessuofobico e misogino del cattolicesimo: la Chiesa, nel corso dei secoli, ha amplificato e irrobustito le tendenze patriarcali già presenti nella società, a scopo politico, ovvero di controllo sociale. Allo scandalo del femminile, già stigmatizzato a suo tempo con la favola di Eva – Adamo fu di fatto una vittima – si è continuato a reagire: la donna doveva essere addomesticata.
Molti elementi del cattolicesimo sono stati fissati addirittura molti secoli dopo la morte di Cristo: è solo nel 1854 che viene fissato da Pio IX il dogma dell’Immacolata Concezione. La bolla Ineffabilis Deus decide che Maria è stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento. Non tanto perché se lo meritasse – tutte le donne dei racconti del cattolicesimo sono funzioni semi-mute di un progetto tutto al maschile e non è che meritino granché: il corpo di Maria deve nascere e mantenersi immacolato per ospitare Gesù. Un’incubatrice incontaminata, insomma. Molto più antico è invece il dogma della Verginità Perpetua: lo si trova già nei Padri della Chiesa e viene ufficializzato nel 553, al secondo Concilio di Costantinopoli. Maria è rimasta vergine prima, durante e dopo la nascita di Gesù. I fratelli di Cristo nominati dai Vangeli sarebbero allora, in realtà, cugini o fratellastri: per gli ortodossi sono i figli del precedente matrimonio di Giuseppe.
L’arte a lungo è stata usata per indottrinare le masse, si sa. La seconda metà dell’Ottocento offre anche spunti per una piccola riflessione iconografica: è infatti anche il periodo in cui il modo di rappresentare la Madonna si impoverisce, e alla grande. Nelle statue e nelle immaginette cattoliche il corpo della Madonna viene coperto, in un modo che nulla ha da invidiare alla tradizione islamica: strati di stoffa annullano del tutto l’anatomia femminile. Vengono occultate le forme dei fianchi e dei seni, e persino i capelli. Di naturale le Madonne moderne al massimo presentano un giglio bianco come emblema della loro soprannaturale purezza. Mai più nessuna Madonna che allatta o che compie azioni quotidiane, mai più immagini concrete e persino carnali come quelle delle Madonne-matrone del Medioevo e del Rinascimento raffigurate sul prato e in cucina, vestite con gli abiti contemporanei. La Madonna diventa eterea, debiologicizzata, asessuata, suora volante. Arriva dal cielo, sopra a una nuvola, tutta bianca, celeste o colori pastello, in stile ectoplasma – il bianco non faceva parte fin a quel momento dell’iconografia mariana.
Il dogma dell’Immacolata Concezione è strettamente collegato al modello principale di questo vero e proprio restyling: le apparizioni di Lourdes, che diventano appunto anche modello visivo, canone estetico. Nel 1858 alla pastorella Bernadette appare, nella grotta del suo paese, una “signora vestita di bianco”. “Io sono l’Immacolata Concezione”, Maria dice a Bernadette e con quella manifestazione eccezionale, la rappresentazione della Madonna cambia. Definitivamente. Anche un’altra famosa apparizione mariana del periodo, quella, anzi quelle di Fatima (1917), si presenta, tra miracoli e profezie, collegata al dogma della purezza originaria di Maria: la Vergine si annuncia ai baby veggenti parlando di “Cuore Immacolato”. Virgin Mary non sta neanche più sull’altare, si allontana a dismisura, diventando la regina purissima discesa del Cielo. Il femminile cristiano si conferma ispirato ai nuovi ideali di castità: la Madonna insegna alle donne come essere angeli obbedienti.
Siamo ormai alle porte del Novecento, la società inizia a scalpitare, la modernità avanza e il femminile viene ulteriormente amputato, neutralizzato. È questo il periodo in cui si affermano, a raffica, le “martiri della verginità”: nel 1902 Maria Goretti, undici anni, viene uccisa a pugnalate. Un vicino di casa la vuole stuprare, lei si ribella e si lascia ammazzare (viene santificata nel 1950 da Pio XII). Ma di icone del genere la santa Chiesa ne produce parecchie: Antonia Mesina, Pierina Morosini, Teresa Bracco, tutte proclamate beate non per la loro testimonianza di fede (come avveniva in passato), ma per il semplice fatto di aver difeso la loro purezza. Queste “morte di verginità” lanciano un’ombra inquietante sulla cultura dello stupro italiana: l’uomo naturalmente aggredisce e la donna naturalmente subisce e, se è santa, se vuole meritarsi il Paradiso e la gloria degli altari, dev’essere pronta a pagare con la vita. Il modello di virtù femminile cristiana instillato da queste favole tragiche prevede un esito morale oscuro: per essere come la Madonna devi essere pronta a morire.
Il valore sociale e politico di tutto ciò risulta più chiaro se si pensa che la vicenda di Maria Goretti fu strumentalizzata dal regime fascista per celebrare, soprattutto tra i contadini, l’ideale della donna modesta e umile. Queste icone celesti e terrene create dal clero hanno modellato per decenni l’immagine del femminile a colpi di simboli e dogmi in cui il tanto caro appello alla natura non è mai contato granché. Anzi, come mostra bene l’antropologo Francesco Remotti nel suo Contro natura (Laterza, 2008) la Chiesa, all’occasione, in realtà se n’é sempre fregata della natura. È naturale il celibato dei preti? È naturale la monogamia “finché morte non vi separi”? Era naturale l’appello di Cristo affinché i seguaci abbandonassero tutto – genitori, mogli e figli – per seguirlo? La “naturalità” del corpo e della sessualità è stata tatticamente rimossa e negata quando c’era da modellare lo storytelling ai fini del progetto ecclesiastico e del controllo sociale. “Natura” e “contro natura” sono dispositivi retorici, il più delle volte usati proprio contro l’autodeterminazione delle donne.
C’è un patrimonio simbolico condiviso – un inconscio collettivo direbbe Jung, una circolazione virale di meme possiamo dire noi: i modi di pensare sociali, comunitari non nascono dal niente. L’accanimento che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni nei confronti dei costumi e della moralità femminile – dove il bersaglio un giorno si chiama “Tiziana Cantone”, un altro “Asia Argento”, un altro ancora “studentesse di Firenze aggredite dai carabinieri a cui viene così bene non credere” – ha cause e radici dotate di coordinate culturali precise. Per quanto oggi in Chiesa non ci vada più quasi nessuno, anni e anni di influenza dei miti cristiani hanno prodotto effetti indiretti e secondari iper-sedimentati. Ci piaccia o no, per un paio di millenni Maria ha dettato lo stile delle donne cristiane, e non solo. I giudizi e i pregiudizi arrivano soprattutto da qui, dalla decostruzione strategica del corpo e dell’autonomia femminile.
L’Immacolata Concezione e la Verginità perenne della Madonna hanno contribuito alla messa in clandestinità del desiderio femminile: pensiamo anche un po’ a questo durante il lungo weekend offerto dall’8 dicembre. Se per molti è così facile dare della prostituta a una donna è anche perché abbiamo alle spalle una sfilza di Madonne e Marie Goretti.
http://thevision.com/cultura/8-dicembre/
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