martedì 29 ottobre 2019

«Serve una sorellanza globale contro sessismo, nazionalismo, xenofobia»: l’appello della scrittrice turca Elif Shafak

«Viviamo in un’epoca in cui siamo sempre più gli uni contro gl altri. Ma per la letteratura gli altri non esistono, esistono gli uomini»
di La.Ri.

«I diritti delle donne sono sotto attacco in molte parti del mondo, stanno subendo un forte contraccolpo. C’è un grande bisogno di sorellanza, di solidarietà a livello globale». Elif Shafak, la scrittrice turca che ha aperto Festivaletteratura di Mantova, parlava del suo ultimo libro ma il discorso l’ha portata lontana. I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo (Rizzoli) è il racconto di quel che l’autrice pensa possa passare nella testa di una prostituta uccisa in quel breve lasso di tempo in cui il cervello continua a funzionare anche se il cuore si è fermato.

«Ho immaginato che la mia protagonista ricordasse il suo passato, e attraverso questo, la storia della Turchia, che volevo fosse raccontata da una persona che è stata spinta ai margini della società - spiega -. Non sono partita da un’idea astratta, ma di qualcosa di ben presente nella mia vita. Sono stata cresciuta da due donne, mia nonna e mia madre, una giovane divorziata, e sono stata testimone della fatica che faceva per far fronte ai pregiudizi di una società patriarcale. Ma ho anche visto la solidarietà delle altre donne e per questo sono cresciuta con la fede nella sorellanza e nella solidarietà». Il rafforzarsi dei nazionalismi e della xenofobia, secondo l’autrice turca, va di pari passo con quello del sessismo, della misoginia, dell’omofobia. E contro questo le donne devono unirsi.

Ma anche la letteratura ha un ruolo centrale che l’intellettuale rivendica come necessario. «Viviamo in un’epoca in cui siamo sempre più suddivisi in tribù, ci viene detto continuamente “stai con noi”, sempre più gli uni contro gli altri. Ma per la letteratura gli altri non esistono, esistono gli uomini. La letteratura crea ponti. Io voglio costruire ponti. La letteratura può aiutare a “reumanizzare” ciò che è stato disumanizzato». «Penso - continua l’autrice, che vive a Londra - che siamo in un periodo in cui abbiamo troppa informazione e poco sapere, e ancor meno saggezza. Conoscere è un processo, un percorso. Siamo sommersi da informazioni da elaborare e questo genera ansia e ben poco sapere. E ben poca saggezza, che è, secondo me, l’incontro di cuore e mente, l’intelligenza emozionale». Sahfak sottolinea l’importanza delle emozioni e come sia importante riuscire a portarle anche nel dibattito pubblico, per non lasciarle nella mani dei populisti, che ne fanno un uso improprio .

L’informazione contro cui parla non è quella preziosissima dei giornalisti liberi, «il cui compito è mettere i governanti di fronte alle loro responsabilità» e che nel suo Paese sono imprigionati, minacciati, esiliati, a volte uccisi- «La Turchia è diventata la prima prigione al mondo per giornalisti, scrittori, studiosi» - ma quella che «consumiamo distrattamente sui social media senza lasciarci il tempo di elaborarla davvero».

Gli intellettuali che vivono in «democrazie ferite» - e Shafak cita la Turchia naturalmente, il Venezuela, il Brasile, la Nigeria, la Russia - «non si possono permettere di ignorare quel che accade». «Se non occupiamo lo spazio con il nostro sapere, questo sarà occupato dagli estremisti, dagli integralisti». Responsabilità degli scrittori è anche ricordare: «non per restare nel passato, ma per andare avanti. Un Paese che non sa parlare della sua storia in modo equilibrato e sfumato non può crescere» dice l’autrice sottolineando come in Turchia e per esempio in Medio Oriente il passato viva ancora nel presente a causa di un’amnesia collettiva che rifiuta di ricordare il passato come è veramente stato.
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