mercoledì 6 novembre 2019

Alessandra Kustermann: «Gli uomini non imparano, continuano a non rispettare le donne»

Prima donna primario della Mangiagalli, fondatrice del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica, viene riconosciuta come un'inesauribile agitatrice di coscienze. E qui racconta le sue battaglie quotidiane
«Mi sento una servitrice dello Stato. Che non è il governo, ma tutti noi che contribuiamo a creare servizi migliori per le persone». A parlare potrebbe essere una magistrata, una giudice, una poliziotta. E invece Alessandra Kustermann è una ginecologa, seppure piuttosto speciale. Freschissima di compleanno, si è regalata un weekend tra Roma e Sicilia. Nulla di romantico o festaiolo. Prima tappa, l’Istituto Superiore di Sanità per la messa a punto della formazione del personale dei Pronto Soccorso per le vittime di violenza. Seconda tappa: intervento al congresso internazionale sulla contraccezione di Taormina.

Chi la conosce si stupirebbe del contrario. Perché da quando era alta un soldo di cacio, l’unica cosa che veramente le importa è prendersi cura degli altri. La primaria del Pronto Soccorso dell’ospedale Mangiagalli di Milano (prima donna nella storia quasi secolare dell’istituto) ha una famiglia grande e affettuosa, figli e nipoti da coccolare.

Ma al centro dei suoi pensieri ci sono anche le donne, per le quali ha creato più di vent’anni fa il Soccorso Violenza Sessuale e Domestica. Fra un treno e una riunione, scorre i nuovissimi dati Istat sugli accessi ai centri anti-violenza pubblicati. Non si dà pace: «Dopo oltre vent’anni di attività, i numeri non diminuiscono, anzi. Gli uomini non imparano, continuano a non rispettare le donne».

Come se non bastasse, dopo lo stalking è apparsa sulla scena sociale una nuova modalità di violenza, catalogata sotto l’etichetta «Non ricordo». Ragazze che cominciano la serata in discoteca, nei bar, a casa di amici, e si svegliano al mattino dopo in un luogo che non conoscono, oppure per strada, con la convinzione di essere state violentate, ma senza ricordi precisi. «Rispetto ai settantatrè episodi del 2018, i casi sono in aumento e sono molto difficili da affrontare. L’uso del preservativo impedisce di trovare tracce e le droghe sintetiche scompaiono dal sangue nel giro di poche ore. Così le vittime pensano che sarà impossibile provare la violenza ed evitano di denunciare».

È un errore. Perché denunciare significa attivare le indagini. «Proprio recentemente uno stupratore è stato condannato a sei anni di carcere per la violenza usata su una ragazza conosciuta in discoteca. La denuncia ha permesso agli inquirenti di visionare le immagini delle telecamere di sorveglianza e risalire al responsabile. Senza denunce, continuano a farla franca».

La salute delle donne è un impegno a 360 gradi. Ha difeso la 194 con tutte le sue forze, facendosi carico dei vuoti lasciati dai colleghi obbiettori perché sui diritti non si discute, «Anche se temo che quando sarà scomparsa la mia generazione, per i giovani sarà molto complicato mantenerli. Non hanno lottato per averli. È come se non avessero gli anticorpi…».

Malgrado un fulgido passato da specialista di patologie fetali, il suo oggi è votato quasi per intero al sociale. «Le patologie della gravidanza hanno più facili soluzioni, la scienza è progredita, riesce a dare moltissime risposte. Nel campo sociale, invece, tutto è molto complicato. Come primaria, mi occupo tantissimo di problemi organizzativi. Me lo sono scelto in qualche modo. Sapevo perfettamente a che cosa avrei dovuto rinunciare, in primis al mondo delle gravidanze fisiologiche, con la loro bellezza, anche se la direzione del nuovo consultorio un po’ me l’ha restituita. E poi nella vita ci sono momenti in cui sei in prima linea, e altri in cui sei chiamato a fare il generale. Quel po’ di potere che ho raggiungo mi serve a incidere positivamente sulla vita di molte migliaia di donne».

Dall’Ambrogino d’Oro al premio dell’Associazione Consolati Sudamericani (per il supporto alle vittime di abusi latinoamericane), su su fino al supporto di Letizia Moratti (che da sindaca decise di devolvere parte del suo stipendio al Soccorso Violenza Sessuale), Kustermann viene riconosciuta come un’inesauribile agitatrice di coscienze.

Fuma troppo, è irrimediabilmente golosa, non sa leggere il GPS, si lascia dietro scie di oggetti e appuntamenti smarriti o dimenticati, strizza gli occhi per l’imbarazzo come una ragazzina. È stata una donna molto bella, molto desiderata. E anche se ha lasciato imbiancare i capelli e ha allungato l’orlo delle gonne, quando ride – i denti fascinosamente irregolari, la bocca ben disegnata – è ancora irresistibile. Ha un’autorevolezza naturale, un approccio a persone e problemi colto senza snobismi, empatico, pragmatico, che cerchi un ricovero per una donna picchiata o il colore delle lampade del consultorio inaugurato lo scorso dicembre. Nei locali luminosi della bella palazzina di via Pace vengono indirizzate le gravidanze non patologiche destinate alla Mangiagalli e si fanno corsi di educazione sentimentale (l’aggettivo sessuale crea ancora ansia) ormai esportati anche nelle scuole. «Ma per indurre un reale cambiamento, bisogna cominciare a insegnare la cultura della gentilezza fin dall’asilo nido. Altrimenti non ce la faremo».

Il tempo della pensione è ancora distante – quattro anni al limite massimo dei settant’anni dei primari – e comunque non prescinderà dalla scelta di una vita intera. «Certo, mi occuperò di più dei miei nipoti piccoli, che vivono a Bruxelles e che quindi vedo poco. Sicuramente continuerò a fare volontariato, il medico gratis per chi ne ha bisogno. Ognuno deve fare la sua parte».

Del resto, il concetto del buen retiro mal si attaglia alla storia di Kustermann, all’urgenza dei problemi che le sono tanto cari: «Quest’anno a Milano abbiamo contato seicento violenze domestiche e cinquecento violenze sessuali. Ma il dato peggiore riguarda il sommerso, che arriva al 90%. Su dieci donne che accedono ai nostri centri (49 nella sola Lombardia) una sola denuncia. E una su cinque non condivide la sua angoscia con nessuno. È terribile quando vengono da noi e poi scompaiono, come nel caso dell’ultima donna uccisa a Milano. Capisco la paura, la vergogna, la perdita di autostima. Ma se ci sono di mezzo i bambini, non lo accetto più».
https://www.vanityfair.it/mybusiness/donne-nel-mondo/2019/11/03/alessandra-kustermann-ginecologa-violenza-sulle-donne

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