Filomena Bruno è stata uccisa qualche giorno fa con due coltellate in pieno petto inferte da Cristoforo Aghilar, l’ex compagno della figlia ventunenne. Filomena è morta per proteggerla, perché non ha voluto dire dove la ragazza si fosse rifugiata. Era scappata dall’uomo violento che l’aveva maltrattata. Filomena aveva incontrato l’aguzzino della figlia, latitante evaso dagli arresti domiciliari, in un bar, di Orta Nova, in provincia di Foggia. La stessa cittadina in cui Ciro Curcelli ha sparato alla moglie Teresa Santolupo e alle sue due figlie Miriana e Valentina uccidendole.
Lui aveva minacciato Filomena con una pistola, le aveva chiesto dove era la figlia, dove l’avrebbe potuta trovare. La ragazza era scappata da lui, la madre l’aveva aiutata a nascondersi, a trovare rifugio da alcuni parenti.
Filomena non aveva rivelato il luogo dove si era riparata. Non aveva ceduto. Nonostante le minacce. Aveva anche avvisato i carabinieri. Le avevano consigliato di cambiare casa, doveva avvertirli se si fosse spostata.
La violenza porta via tutto. La sicurezza, il diritto di poter stare nella propria abitazione. Spazza via oggi cosa. Lascia campo, invece, all’angoscia.
All’improvviso in fretta e furia Filomena aveva preparato le sue cose e si era trasferita a casa dell’anziana madre. Ma l’uomo non le ha dato scampo. La seguiva. Appena lei è rientrata nel suo appartamento per recuperare qualche vestito per cambiarsi, lui si è fiondato in casa. Le ha di nuovo chiesto dove fosse la figlia. Anche questa volta Filomena ha detto di no. Ferma, risoluta, coraggiosa. Doveva proteggere la figlia.
Filomena Bruno è morta così. Uccisa per difendere la figlia da un uomo violento. Uccisa perché si è opposta alla violenza. Uccisa per non dover piangere poi, forse, la sua bambina.
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