La cultura dominante, intrisa di stereotipi di genere, e la società, sempre più sessualizzata, come influenzano lo sviluppo di ragazzi e ragazze, le loro interazioni sociali, la loro vita sessuale? Orientano, per esempio, i maschi a soffocare le proprie emozioni (perché cose da femmine) e le femmine a essere ossessionate dal corpo per adeguarsi ai canoni di bellezza mediatici?
Secondo un’indagine realizzata dall’associazione inglese GirlGuidindg, la stragrande maggioranza delle adolescenti britanniche (7-21 anni) denuncia il peso del sessismo che si insinua in maniera più o meno subdola nella loro vita. L’87 per cento pensa di essere giudicata più in base al corpo che alle capacità. Più di un terzo (36 per cento) delle 1.288 ragazze intervistate denuncia di essersi sentita stupida per il fatto di essere femmina. Il 76% è convinto che in quanto femmine saranno giudicate negativamente per comportamenti sessuali considerati invece accettabili per i coetanei maschi. E più della metà ha avuto a che fare con molestie e apprezzamenti sessuali sgradevoli: fischi, battute volgari, insulti, sguardi ammiccanti, palpeggiamenti, sia a scuola sia in strada. Per non parlare del fatto che 1 su 5 dichiara di essere stata a dieta almeno una volta quando ancora sedeva tra i banchi della scuola elementare, pressate come sono fin da piccole dai canoni estetici veicolati dai media e dalla società in genere. E tutto ciò influisce sulla loro autostima e sulle loro aspettative, anche professionali.
Provando a fare un viaggio lungo lo stivale, non stupisce, purtroppo, che anche tra gli adolescenti italiani gli stereotipi di genere sono ingombranti, bombardati come sono fin da piccoli da modelli che identificano l’uomo come coraggioso, logico, intraprendente, dominante e la donna più sensibile, remissiva, vulnerabile, predisposta alla cura degli altri. Modelli stereotipati che stabiliscono comportamenti appropriati per l’uomo, altri per la donna. “Perché – come ribadisce Adriana Laudani, dell’Unione Donne Italiane di Catania – gli stereotipi di genere non solo definiscono ciò che le persone sono, ma anche come dovrebbero essere, creando aspettative differenti su ciò che è consono per una metà del cielo e meno per l’altra: hanno cioè una funzione normativa, privando di fatto i giovani di un pezzo di libertà, forzandoli ad aderire a ciò che la società, più o meno esplicitamente, impone a un vero uomo e a una vera donna”.
Catania
L’Udi di Catania, insieme al Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’ateneo cittadino, proprio per capire se e quanto gli stereotipi di genere siano diffusi e interiorizzati dai giovani, ha raccolto lo scorso anno 114 questionari, compilati da studenti e studentesse delle ultime classi di alcuni istituti superiori della città, dai quali emerge fortemente il peso dei condizionamenti sociali. Se i ragazzi, infatti, considerano fondamentale per il proprio futuro la carriera, le ragazze mettono al primo posto gli affetti, la possibilità di formare una famiglia e avere dei figli. Tanto che la preoccupazione maggiore per i primi è trovare/perdere il lavoro, per le seconde le perdite affettive. “Anche per quanto riguarda il sesso, emergono due pesi e due misure – spiega Laudani -: se le ragazze hanno comportamenti sessuali cosiddetti liberi sono considerate poco affidabili, invece gli stessi comportamenti sono giudicati leciti per i ragazzi: del resto troia, mignotta e puttana sono indicati, da entrambi i generi, come gli insulti più adatti per una donna”. E se una ragazza vive la propria sessualità liberamente è etichettata come “facile” e, nell’ipotesi di una storia d’amore, non piace ai ragazzi come partner. Agli adolescenti catanesi non piacciono neppure le presuntuose (“chi sono: quelle che dimostrano in fondo il fatto loro, di sapere?” si chiede l’avvocata Laudani) e brutte (“è palese l’ossessione per l’aspetto fisico”). “I ragazzi, insomma, sottolineano l’importanza dell’esteriorità, le ragazze più degli aspetti relazionali: il rispetto, la gentilezza, la sincerità”. Così come emerge una maggiore condiscendenza delle ragazze ad assecondare eventuali imposizioni del partner: dall’uscire da sola o con gli amici, al vestirsi in modo appariscente. E ancora, se occuparsi delle faccende domestiche è pratica condivisa dalla maggior parte delle studentesse, due terzi dei ragazzi, invece, non lo fa mai: “questi dati, ovviamente, non vogliono avere un valore statistico ma, senza alcun intento di generalizzare, rappresentano uno spaccato dell’universo adolescenziale e, con rammarico, mi vien da affermare che decenni di femminismo sembrano passati invano, perché la cultura degli stereotipi sessuali è ancora dominante e tra i giovani è ancora diffuso il mito che se una donna subisce violenza, in fondo in fondo, un po’ se l’è cercata” conclude Laudani.
Bologna
La situazione, però, non sembra cambiare di molto risalendo lungo la penisola. A Bologna, la Casa delle Donne per non subire violenza nel 2011 ha coinvolto 490 studenti (età media 16 anni e mezzo) in un’indagine su adolescenti e stereotipi. Da questionari e focus group emerge una visione delle differenze e delle relazioni tra generi di tipo asimmetrico, stereotipico, orientato alla “giustificazione” della violenza. Per esempio: per il 70,5% dei maschi e il 66% delle femmine, alla maggior parte delle ragazze piace esibire il proprio corpo; oltre la metà del campione ritiene che la maggior parte dei ragazzi vuole uscire con le ragazze solo per avere rapporti sessuali (55% delle femmine e 57% dei maschi) e, ancora, il 56% dei maschi e il 43% delle femmine concorda sul fatto che a un appuntamento il ragazzo dovrebbe pagare tutte le spese. Inoltre: imprecare e dire parolacce è considerato più brutto per una ragazza; in media le ragazze non sono considerate sveglie quanto i ragazzi (da notare che lo afferma il 28% dei maschi e il 42% delle femmine), anche se poi le percentuali si invertono (43% dei ragazzi e 7% delle ragazze) nel considerare i ragazzi leader migliori delle ragazze.
In generale, gli adolescenti bolognesi interpellati concordano sul fatto che sia gli uomini sia le donne dovrebbero farsi carico dei lavori domestici, se entrambi lavorano fuori casa, ma se il 12% dei ragazzi ritiene che le loro coetanee dovrebbero essere più interessate a diventare brave mogli e madri, altro che carriera professionale, lo pensa solo il 5% delle studentesse. Inoltre, è considerato normale che un ragazzo spinga una ragazza ad avere rapporti sessuali se si frequentano (lo pensa il 75,1% degli studenti e il 55% delle ragazze), così come c’è una tendenza trasversale a giustificare eventuali comportamenti violenti all’interno della coppia, soprattutto quando possono essere attribuiti alla gelosia. E, ahimè, ragazzi e ragazze in sostanza concordano nel colpevolizzare la vittima in caso di abuso: il 56% dei maschi e il 51% delle femmine ritiene che qualche volta le ragazze provocano le aggressioni sessuali con il loro modo di vestirsi.
“Il fatto che le donne siano state tradizionalmente considerate inferiori agli uomini e l’organizzazione della società che non tiene in considerazione il punto di vista delle donne sono alcune delle cause della violenza, secondo studenti e studentesse – spiega Maša Romagnoli, psicologa del servizio minori della Casa delle Donne di Bologna -. E proprio come conseguenza di questa percezione delle donne, secondo il nostro campione, gli uomini hanno sviluppato una sorta di possessività fisica e psicologica verso le loro partner. Le ragazze hanno anche sostenuto inoltre che la cultura e la storia hanno sempre identificato la donna con il ruolo di madre negandole qualsiasi altra forma di diritti e modo di essere e questo ha contribuito a far percepire le donne come soggetti deboli, solo come corpi e nient’altro”.
“In generale – conclude – sia da questa indagine, sia dai laboratori che facciamo nelle scuole superiori del territorio, emerge chiaramente che gli adolescenti avvertono il peso delle pressioni sociali. L’uomo deve essere dominante, deve guadagnare molto, non deve chiedere mai, e in fondo tutto gli è concesso, anche rispetto alla sessualità: per esempio, se un ragazzo offre una cena a una ragazza è normale che poi lei accetti di andare a letto. Le donne, invece, sono ancora ingabbiate da un lato nell’immagine di donna seduttrice, da cui deriva l’importanza dell’aspetto fisico e l’idea che l’uso del corpo possa essere uno strumento per arrivare, dall’altro in quella di regina del focolare, perché una volta sposata, il suo compito principale è quello di prendersi cura di casa e famiglia”.
Trieste e dintorni
Anche in Friuli Venezia Giulia, il Laboratorio di psicologia sociale e di comunità dell’Università di Trieste ha coordinato una ricerca per analizzare le relazioni tra adolescenti, su un campione di 726 ragazzi e ragazze, studenti dell’ultimo anno di 14 scuole della regione. Dai questionari raccolti (a fine 2007) emerge che, anche se la maggior parte degli intervistati rifiuta i modelli più tradizionali, in cui la donna deve stare casa, fare figli, lasciar decidere il marito, accettare il rapporto sessuale anche controvoglia, mentre l’uomo è tenuto a provvedere economicamente alla donna e alla famiglia e deve essere sessualmente sempre all’altezza, una percentuale non trascurabile di maschi aderisce ancora a un modello di donna che non si discosta molto dal tradizionale “che la piasa, che la tasa e che la staghi a casa”.
Per quanto riguarda la sessualità, i giovani sembrano vivere due universi paralleli. Quello delle immagini dei mass-media dove i riferimenti al sesso, e in particolare al corpo femminile, sono declinati in termini di “porno-soft” e suggeriscono modelli di mascolinità vincente e di femminilità perennemente seduttiva. Cui si affianca però anche un ritorno a valori tradizionali nel modo di approcciare la sessualità: l’importanza attribuita (soprattutto dalle ragazze) alla prima volta e alla verginità. Le adolescenti vivono insomma la contraddizione tra le immagini dalle quali sono bombardate, che le vorrebbero “veline seduttive”, e la minaccia del “marchio sociale” più temuto, quello di “ragazze facili” che viene utilizzato come forma di esclusione sociale talvolta anche dalle stesse coetanee.
E se ci sono ragazze che denotano consapevolezza della propria sessualità e del proprio diritto a scegliere, se e quando fare sesso, altre invece sembrano vivere il sesso in modo funzionale ai desideri dei ragazzi. E non è raro che per compiacere al partner rinuncino a fare alcune cose (dal look alle uscite con gli amici) perché immaginano o sanno che sarebbero sgradite. I maschi, dal canto loro, in parte appaiono molto spavaldi e in parte sono preoccupati di non essere “all’altezza” e temono i giudizi degli altri coetanei. E riconoscono di fare pressioni, sistematicamente, per ottenere un rapporto sessuale che non sempre le ragazze desiderano, o di cui forse temono le conseguenze in termini di “reputazione”.
“Da non trascurare inoltre sono i dati relativi alla violenza che soprattutto le adolescenti vivono già nelle prime relazioni di coppia– precisa la psicologa Lucia Beltramini– : dai dati raccolti emerge infatti che il 16% delle intervistate ha subito gravi violenze psicologiche e comportamenti di dominazione e controllo dal proprio ragazzo; più di una ragazza su 10 pressioni, molestie o violenze sessuali in coppia”.
Il peso dei luoghi comuni e dei pregiudizi più diffusi nella nostra società, che tanto condizionano il pensiero di giovani e adulti, appare evidente infatti quando si tocca questo tema: anche se di fatto tutti condannano lo stupro come azione orribile e vergognosa, il pensiero dominante li porta a giustificare l’azione violenta e a biasimare la vittima. In particolare i maschi finiscono più spesso con il considerare accettabile la violenza nella coppia e a condividere i peggiori pregiudizi sullo stupro (è la vittima a esserselo cercato). Dalle parole di ragazze e ragazzi (oltre ai questionari sono stati condotti dei focus group), è stato possibile cogliere anche quello che Patrizia Romito, Daniela Paci e Lucia Beltramini definiscono un allarmante cambiamento nelle abitudini sessuali di alcuni di loro, come la diffusione di comportamenti sessuali rischiosi: per esempio il sesso visto come una fonte di guadagno in termini economici. Alla richiesta del perché le ragazze siano disposte a una simile svalorizzazione del proprio corpo, maschi e femmine sono concordi nell’attribuire la colpa alle ragazze stesse e al loro incessante desiderio di essere viste, apprezzate, accettate. E anche se per alcune ragazze la verginità e la reputazione sono valori importanti, allo stesso tempo pare non essere un problema riprendersi nude con il telefonino e condividere tali immagini per piacere ai ragazzi.
Altro dato che emerge è il consumo di pornografia, che entra nella quotidianità di ragazzi e ragazze fin da molto piccoli (riguarda, anche casualmente, più dell’80% dei maschi e circa la metà delle femmine): “perché gli piace” (60% dei maschi e 7% delle femmine), “per acquisire informazioni sul sesso” (36% dei ragazzi e 17% delle ragazze), perché è “eccitante” (65% dei maschi e 11% delle femmine).
In particolare bisognerebbe riflettere sul fatto che in molti riferiscono che il materiale pornografico è il loro unico modello di riferimento sessuale fino al momento di avere le prime esperienze. Ma che tipo di sessualità conoscono in questo modo, se il materiale che sfogliano e guardano presenta (anche) violenza, dominazione, immagini della donna come oggetto da usare, ferire e poi gettare?
Insomma, non dobbiamo lasciarci ingannare dall’atteggiamento apparentemente più aperto: il fatto che il sesso sia vissuto da alcuni con maggior disinvoltura e disinibizione non significa che la maggior libertà sessuale, presunta o reale, sia sinonimo di maggiore consapevolezza e i tre spaccati sui diversi, ma in fondo simili, microcosmi giovanili indicano quanto e come ancora sia dominante tra le nuove generazioni un’adesione a modelli culturali di tipo tradizionale. Attenzione, dunque, a dare per scontata tra i giovani la parità di genere. Queste ricerche, seppure non possano essere considerate una rappresentazione esaustiva degli adolescenti italiani, sicuramente evidenziano l’importanza e l’urgenza di introdurre nelle scuole italiane percorsi di educazione sessuale e di educazione al genere: ecco cosa dovrebbe (anche) fare un paese civile.
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