La
classifica del Wef: 69esimo posto (dal 71esimo) dietro il Bangladesh.
Grave ritardo nell'uguaglianza salariale: 114esimo. Passi indietro
anche nel comparto dell'istruzione; il miglioramento generale si deve
solo alla politica. A livello globale, serviranno 81 anni per
chiudere la forbice delle opportunità lavorative tra maschi e
femmine.
Più
donne in Parlamento e al governo. E' grazie a loro se l'Italia
accenna a un miglioramento nelle pari opportunità nell'indice sul
"gender gap" 2014 calcolato dal World Economic Forum. Per
"gender gap" si intende il divario di genere all'interno di
un Paese, che nella classifica dell'ente che organizza il forum di
Davos non rappresenta un valore assoluto paragonabile direttamente
con i risultati degli altri Stati. Ad ogni modo, si può trarre una
classifica di questo indice, nella quale l'Italia sale di due
posizioni, dalla 71esima alla 69esima su 142 paesi, ma si trova - in
termini relativi - dietro al Bangladesh e alla Repubblica Kirghiza,
confermandosi all'ultimo posto tra i principali Paesi
industrializzati.
Nei
nove anni di vita dell'indice, la Penisola ha comunque registrato un
miglioramento della condizione femminile: nel 2006 era al 77esimo
posto e nel 2007 addirittura all'84simo. L'anno migliore è stato il
2008, quando è arrivata al 67esimo posto, ma poi la crisi si è
fatta sentire anche nel "gender gap".
Lo
dimostra soprattutto il netto peggioramento dell'indicatore sulla
partecipazione economica e sulle opportunità, che vede l'Italia
scivolare al 114esimo posto (e ultimo in Europa) dal 97esimo del 2013
e dal già non esaltante 85esimo del 2008. In particolare, in questo
ambito, la Penisola è 129esima per l'uguaglianza salariale per il
medesimo lavoro, nel senso che laddove un uomo guadagna 40mila
dollari l'anno, la donna con le stesse mansioni ne percepisce in
media meno di 23mila.
A
sorpresa l'Italia - stando allo studio - negli ultimi 9 anni ha fatto
passi indietro nella parità nell'istruzione: nel 2014 è solo
62esima contro il 27esimo posto del 2006 e nel 2013 era 65esima. A
penalizzare il ranking è il calo nelle iscrizioni di bambine nella
scuola primaria, mentre per la scuola secondaria e l'università
l'Italia si conferma come molti altri paesi al primo posto.
E'
migliorata la parità di genere in termini di salute e durata della
vita: in questo sotto-settore l'Italia sale al 70esimo posto, dal
72esimo dello scorso anno e contro l'inquietante 95esimo del 2010. Ma
è nel potere politico che l'Italia guadagna punti nelle pari
opportunità. Il balzo è evidente: dal 72esimo posto del 2006,
passando dall'80esimo del 2007, si arriva al 44esimo del 2013 fino al
37esimo di quest'anno.
A
dare la spinta è la composizione "paritetica" del governo
Renzi, così come l'aumento delle donne elette in Parlamento
nell'ultima tornata elettorale. A riequilibrare la bilancia del
potere è però la casella sugli anni in cui una donna è stata capo
dello Stato, visto che per l'Italia il punteggio resta zero.
Il
rapporto quest'anno assegna la prima posizione all'Islanda, davanti a
Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca, patrie scandinave delle pari
opportunità. A sorpresa la sesta posizione è appannaggio del
Nicaragua, grazie al primo posto nella parità di salute e durata di
vita, davanti all'ancor più sorprendente Rwanda, 25esimo per la
partecipazione economica e sesto per il potere politico. Ottavo posto
per l'Irlanda, seguita dalle Filippine che sono prime per pari
opportunità educative e nella salute. Chiude la 'top ten' il Belgio,
che supera Svizzera e Germania. La Francia è 16esima, gli Stati
Uniti 20esimi e il Regno Unito 26esimo.
Secondo
il Wef, resta molto ampia nel pianeta la disparità di genere delle
opportunità lavorative: in 9 anni si è solo ridotta del 4%,
passando dal 56% al 60%. Di questo passo ci vorranno 81 anni per
chiudere il divario e quindi per avere la parità nel posto di lavoro
bisognerà aspettare il 2095.
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