martedì 6 dicembre 2016

L’uomo che non deve chiedere mai? Non ci piace. Parola di maschi di Luca Milani

Lo GNAM (gruppo nonviolento autocoscienza maschile) è un piccolo gruppo di uomini che da anni cerca di interrogarsi su modi differenti di essere uomini, maschi, rispetto alle rappresentazioni culturali tacitamente condivise. Il 25 novembre, nel corso della diretta non-stop «Questo non è amore» del Corriere della Sera sulla violenza di genere, abbiamo sentito espliciti richiami anche a quei «piccoli atti di gentilezza, di tenerezza» che sarebbero auspicabili nelle relazioni tra i generi.
Lo GNAM è proprio questo: un piccolo atto di gentilezza e di tenerezza quotidiana, fatto da maschi e da uomini che non si riconoscono nella rappresentazione stereotipata dell’«uomo che non deve chiedere mai». Lo GNAM è un gruppo informale/amicale di uomini — insegnanti, operatori sociali, formatori nonviolenti, professori, etc... — attivo sul territorio milanese da più di venticinque anni. È sorto nei primi anni ’90 dall’iniziativa di un piccolo gruppo di uomini, allora di età compresa tra i venti e i trent’anni, accomunati dallo stesso impegno in gruppi e associazioni che si occupavano di formazione alla nonviolenza e di pacifismo.

Il gruppo periodicamente si riunisce in serate più o meno a tema focalizzate sul confronto introspettivo, non giudicante ed esperienziale sull’essere umani-E-maschi. GNAM richiama all’onomatopea del gustare del cibo: è il nome che abbiamo dato ai nostri incontri tra uomini in cui ognuno ha la possibilità di raccontare se stesso e la propria esperienza maschile, anche grazie al pretesto di preparazione e condivisione del buon cibo. Condividiamo delle esperienze personali e ci confrontiamo sulla maschilità in genere, sui diversi modi di viverla, cerchiamo di esplorare le possibili nuove forme della maschilità.
Il modello di maschilità dominante non ci piace e sentiamo la necessità di fare i conti, di confrontarci e di aprire un conflitto con questi modelli nei quali non ci riconosciamo. Non ci piace essere appunto «uomini che non chiedono mai», invece essere persone che amano chiedere, capire, interrogarsi, confrontarsi nel rispetto e nell’amicizia. Non ci piace essere promotori di una falsa sensazione di «bastare a sé stessi» — negando i bisogni anIl gruppo periodicamente si riunisce in serate più o meno a tema focalizzate sul confronto introspettivo, non giudicante ed esperienziale sull’essere umani-E-maschi. GNAM richiama all’onomatopea del gustare del cibo: è il nome che abbiamo dato ai nostri incontri tra uomini in cui ognuno ha la possibilità di raccontare se stesso e la propria esperienza maschile, anche grazie al pretesto di preparazione e condivisione del buon cibo. Condividiamo delle esperienze personali e ci confrontiamo sulla maschilità in genere, sui diversi modi di viverla, cerchiamo di esplorare le possibili nuove forme della maschilità.
Il modello di maschilità dominante non ci piace e sentiamo la necessità di fare i conti, di confrontarci e di aprire un conflitto con questi modelli nei quali non ci riconosciamo. Non ci piace essere appunto «uomini che non chiedono mai», invece essere persone che amano chiedere, capire, interrogarsi, confrontarsi nel rispetto e nell’amicizia. Non ci piace essere promotori di una falsa sensazione di «bastare a sé stessi» — negando i bisogni anche maschili di attaccamento, di affetto, di tenerezza — né ci piace il cliché dell’uomo che non deve manifestare la «debolezza» dei sentimenti, amputato dalla possibilità di chiedere e — quindi – di dare aiuto. Ci piace essere uomini aperti alla condivisione dei sentimenti e dell’affettività, aperti al chiedersi quali siano i ruoli del maschile oggi, attenti a leggere come cambia e se cambia il nostro modo di comunicare con moglie, compagne, compagni, amiche e amici, con colleghe e colleghi.
Ci piace pensare che le cose possano cambiare anche attraverso appunto i «piccoli gesti» che non sono «gesti piccoli», testimoniando nelle relazioni di tutti giorni che è possibile essere uomini e maschi in modo alternativo rispetto ad alcuni assunti stereotipati che poi rischiano di essere alla base di una giustificazione culturale alla violenza:
- rifiutando la mercificazione del corpo della donna, rappresentata come oggetto da possedere, laddove le relazioni sono il tempio del dono reciproco;
- rifiutando la scarsa educazione alla autonomia e al rispetto, in primis nei confronti delle donne — probabilmente dovuta anche alla scarsa educazione alla autonomia, alla responsabilità e al senso del dovere degli uomini stessi;
- rifiutando la scarsa educazione alla gestione dei sentimenti, probabilmente dovuta alla nulla che maschili di attaccamento, di affetto, di tenerezza — né ci piace il cliché dell’uomo che non deve manifestare la «debolezza» dei sentimenti, amputato dalla possibilità di chiedere e — quindi – di dare aiuto. Ci piace essere uomini aperti alla condivisione dei sentimenti e dell’affettività, aperti al chiedersi quali siano i ruoli del maschile oggi, attenti a leggere come cambia e se cambia il nostro modo di comunicare con moglie, compagne, compagni, amiche e amici, con colleghe e colleghi.
Ci piace pensare che le cose possano cambiare anche attraverso appunto i «piccoli gesti» che non sono «gesti piccoli», testimoniando nelle relazioni di tutti giorni che è possibile essere uomini e maschi in modo alternativo rispetto ad alcuni assunti stereotipati che poi rischiano di essere alla base di una giustificazione culturale alla violenza:
- rifiutando la mercificazione del corpo della donna, rappresentata come oggetto da possedere, laddove le relazioni sono il tempio del dono reciproco;
- rifiutando la scarsa educazione alla autonomia e al rispetto, in primis nei confronti delle donne — probabilmente dovuta anche alla scarsa educazione alla autonomia, alla responsabilità e al senso del dovere degli uomini stessi;
- rifiutando la scarsa educazione alla gestione dei sentimenti, probabilmente dovuta alla nulla o quasi capacità di ascolto e di riconoscimento degli stati emotivi.
Ci si potrebbe chiedere perché incontri solo maschili. Siamo dell’idea che (virgolettato di Marco F.) «per poter far emergere le difficoltà che si incontrano nel vivere la propria maschilità e per poter costruire una maschilità diversa, non omologata, possa essere utile anche una momentanea separatezza di genere. La separatezza non è cosa nuova per i maschi: ci sono luoghi, professioni, istituzioni, sport esclusivamente maschili. Spesso in queste sedi si riproducono e si consolidano vecchi modelli di maschilità e di maschilismo. La cosa nuova è provare ad utilizzare la separatezza per vivere diversamente la maschilità, con una critica ai modelli prevalenti e soprattutto per affermare una diversità». Non siamo un gruppo attivamente organizzato sul territorio, ci piacerebbe riuscire a finire il libro che abbiamo iniziato a scrivere collettivamente, incluse delle interessanti ricette (visto che pare andare di moda il tema della cucina…).L’uomo che non deve chiedere mai? Non ci piace.
http://27esimaora.corriere.it/16_dicembre_04/uomo-che-non-deve-chiedere-mai-non-ci-piace-parola-maschi-gnam-gruppo-nonviolento-1e33810c-ba01-11e6-99a2-8ca865283c9e.shtml





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