Insultata e denigrata senza ritegno.
Certo, porta con sé il fardello di essersi maritata con Matteo Renzi e tanto è bastato per rovesciarle addosso, insieme alla mole di insulti gratuiti che sarebbero arrivati comunque, anche l’abominevole deriva lessicale patrocinata dal coniuge.
Rottamiamo, Ciaone e tutta la risacca di quel linguaggio distruttivo e sprezzante, arrogante e superbo, di cui lui ha dato prova in numerose occasioni, le è piovuta sulle spalle.
Ha commesso l’imperdonabile errore di aver sposato Renzi in un mondo dall’insulto facile, dalla denigrazione di default, dall’offesa che tracima oltre l’obiettivo e va a schernire l’entourage, frugando anche nell’albero genealogico, pur di trovare capri espiatori sui quali accanirsi.
Hanno cominciato col suo aspetto fisico, fatta a pezzi come quarti di bue perché non avvenente.
Non poter sfoderare un’esteriorità conforme ai canoni di bellezza classici è una negligenza inammissibile che ha sdoganato la sequela di paragoni indegni, nomignoli tipo Luxuria, per un’imprecisata somiglianza, e altre analoghe irrisioni.
Ma se, invece, la fortuna l’avesse baciata in fronte fornendole una bellezza oggettiva e unanimemente riconosciuta, il vituperio sarebbe stato circoscritto nel perimetro della mignottaggine e inviti a intraprendere la carriera del porno. Cosi come stanno facendo con Maria Elena Boschi, ma non divaghiamo.
Agnese Landini è un’insegnante che ha scelto di restare tale.
È passata di ruolo grazie all’abilitazione conseguita con la SSIS nel 2007 e poi alla chiamata diretta prevista dalla legge, per mezzo della quale hanno firmato il contratto a tempo indeterminato molti colleghi che lavorano con me quotidianamente.
Lei aveva nelle suole delle scarpe otto anni di precariato, il doppio di quanti ne avessi io all’atto della mia immissione in ruolo, per intenderci, ma le accuse che avesse ottenuto l’incarico grazie al marito, oltretutto a Firenze, sono state abbondanti e partorite dalle bocche ignoranti di chi non ha la minima cognizione di come funzioni il reclutamento dei docenti.
– È andata col marito negli USA anziché andare a lavorare – recitava una delle tante accuse.
Beh, forse non tutti sanno che il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro prevede che i dipendenti, pubblici e privati, godano di un permesso retribuito di tre giorni l’anno e che nella mia carriera da docente ho visto colleghi usufruirne per portare il cane dal veterinario, per un trasloco e per altri motivi a vario titolo futili e validi.
Ha preferito portare avanti la sua professione, come una donna qualsiasi, anziché indossare il ruolo da first lady divisa tra manifestazioni di beneficenza e serate con le amiche al Circolo del Bridge. È rimasta nell’ombra, discreta e riguardosa del ruolo di sfondo, con una dignità degna d’esempio.
E, nonostante ciò, è diventata il parafulmine dell’aggressività e dell’insulto becero e sguaiato, di fauci con canini in vista e grondanti di bava che ne hanno accompagnato il cammino, sebbene riservato e appartato.
Ma poi è arrivato quello sguardo, inquadrato di sfuggita dalla telecamera, in occasione del discorso di dimissioni del suo uomo.
Lei era lì, in un angolo, ad ascoltare.
Forse la sua presenza era anche funzionale a un teatrino organizzato a dovere dai consulenti di immagine del marito.
Non lo sappiamo.
Forse le hanno imposto pure quel maglione, oggettivamente bruttarello, per far leva su una parvenza casalinga e casuale.
E non sappiamo nemmeno questo.
Ma lo sguardo composto, onorevole e signorile carico di tenerezza e comprensione, con cui una donna contempla il proprio uomo in un momento difficilissimo, è arrivato come un cazzotto allo stomaco.
E con quello sguardo ha tumulato voi e la vostra idiota e perfida cafonaggine.
http://www.sardegnablogger.it/la-colpa-dellessere-moglie-renzi-romina-fiore/
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