Dalla formazione del Governo Renzi fino alla caduta, avvenuta domenica scorsa dopo la vittoria del no al referendum, quello che sicuramente più ricorderemo di questi mille giorni di governo sono gli insulti più o meno violenti e i linciaggi che si sono scatenati sul web.
Oltre che al diretto interessato —a cui ovviamente è lecito muovere critiche e disapprovazione— le più colpite sono state in particolare tre donne: Boldrini, Boschi e sua moglie Agnese Landini.
Per Boldrini, su cui ho già avuto modo di esprimermi in diverse occasioni, i giorni di sessismo sono stati molto più di mille, partendo dal famoso episodio in cui Beppe Grillo, in uno dei suoi tanti post acchiappaclick, incitava i suoi accoliti a esprimersi nel caso in cui si fossero trovati in macchina con Boldrini.
Ovviamente quello che ne scaturì fu una delle pagine più vergognose non solo della storia della politica ma anche dell’umanità .
Nessuno dei cinque stelle si curò di scusarsi con la Presidente della Camera, ma anzi, l’allora capo della comunicazione, Claudio Messora, in un tweet, rasserenò Boldrini di non correre alcun rischio di stupro alludendo al suo non appetibile aspetto fisico perché, secondo l’illuminato Messora, solo le donne giovanissime e bellissime sono vittime di violenza sessuale.
Ma ovviamente non fu l’unico episodio in cui Laura Boldrini fu bersaglio di insulti misogini e imbarazzanti.
Oltre ai cinque stelle anche Salvini più volte è stato fautore di attacchi vergognosi ai danni di Boldrini. Tra gli altri ricordiamo quando, in uno squallido spettacolino, la paragonò a una bambola gonfiabile.
Proprio qualche giorno fa, esattamente il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, la stessa Presidente pubblicò alcuni degli insulti ricevuti nell’ultimo mese
Tante volte ci siamo chiesti: perché Laura Boldrini catalizza tutto questo odio?
Partiamo col chiarire che chi giustifica questi comportamenti vergognosi, legittimandoli con una presunta rabbia del popolo, non fa altro che avallarli.
Boldrini è stata, ed è, uno dei bersagli preferiti di buona parte degli italiani innanzitutto perché è una donna che ricopre un ruolo rilevante, un ruolo tradizionalmente riservato agli uomini. Inutile girarci intorno, inutile fingere che il livello culturale e dell’emancipazione femminile sia, tutto sommato, a buon punto, inutile fingere che Boldrini scateni questo odio perché è antipatica perché, a seconda di qualcuno, ricorderebbe la maestrina con la penna rossa o perché il popolo è arrabbiato. Diciamo le cose come stanno: gli italiani non sono ancora abituati a rapportarsi con donne che ricoprono posizioni di potere.
Oltre che dai sessisti, più o meno latenti, Boldrini è vittima di tanto odio anche per il suo impegno per i migranti e le minoranze; sicché aggiungiamoci anche gli insulti a sfondo razzista e xenofobo.
Numerosissime sono state, nel corso di questi anni, le bufale costruite intorno alla sua figura, ai migranti e ad altri simboli sacri dell’italiano medio che Boldrini avrebbe messo in discussione. Dai tatuaggi vietati sul posto di lavoro al divieto del presepe e l’albero di Natale. Dalla bufala dell’obbligo di burqa per tutte le donne italiane alla tassa sulla carne di maiale.
L’odio per Boldrini unisce le estreme destre alle estreme sinistre, come quando, nel convegno su ‘Donne e media’ al Senato, Laura Boldrini affrontò il tema del sessismo nei media. Ne parlammo qui. Anche in quel caso ci fu l’ennesimo linciaggio nei suoi confronti, non solo dai casapoundiani ma anche da progressisti, da gente di sinistra e da un foltissimo numero di donne, arrabbiatissime dalle parole di Boldrini che aveva messo in discussione il loro sacro ruolo di angelo del focolare e addetta ai fornelli e alle pulizie.
Progressisti e uomini (ma anche donne, eh) di sinistra che per legittimare il proprio maschilismo addossano le colpe alla sua antipatia e alla sua rigidità. Perché ovviamente, da che mondo è mondo, tutte le figure istituzionali, tra un impegno e l’altro, deliziano il popolo con qualche stand up comedy, così, giusto per dimostrare di essere anche simpatici.
Di certo non sarà un caso che questa presunta antipatia, per quanto riguarda politici e figure istituzionali, venga fuori solo quando si sta parlando di donne. Stessa identica cosa è stata rimproverata ad Hillary Clinton e, guarda caso, stessa identica cosa, da anni, viene rimproverata anche ad Angela Merkel —oltre che a ossessivi consigli e frecciatine sul suo look e su come dovrebbe migliorare i suoi outfit.
Per caso qualcuno ha mai sbeffeggiato qualche uomo politico per il suo modo di vestire? Eppure di uomini che vestono in maniera imbarazzante potremmo citarne diversi (vedi camicie di Formigoni)
Non si sa come mai dalle donne ci si aspetti più simpatia che dagli uominI.
Perché le donne dovrebbero sorridere più degli uomini?
Perché mai l’immagine di una donna dovrebbe essere più rassicurante o solare di quella di un uomo? Perché un uomo tutto d’un pezzo è serio e rigoroso e una donna tutta d’un pezzo è una stronza, una maestrina, una scassapalle e un’acida mestruata?
Altra cosa che, ad esempio, viene sempre sottolineata quando in discussione viene messa una politica è la sua incapacità, la sua inadeguatezza a ricoprire il ruolo.
E quale esempio migliore potrei citare se non quello di Maria Elena Boschi a cui tale accusa è stata mossa, praticamente, sin dal primo giorno che si è insidiata come Ministra delle riforme?
Qui apriamo un capitolo enorme su cui ho visto scivolare nel sessismo più becero anche le femministe più dure e pure e radicali.
Ne scrissi ad esempio qui, dove le veniva consigliato di mantenere un profilo basso e praticamente di non andare al mare. Mi è capitato di discutere con femministe “dagli archivi decennali” —o almeno così si sono catalogate—mentre giudicavano Boschi per un paio di scarpe ree di poca serietà e poca professionalità
Non a caso la stessa Boschi, qualche settimana fa, ai microfoni di Formigli, proprio mentre per l’ennesima volta le veniva chiesto circa le sue scarpe leopardate, rispose:
“Mi piacerebbe, in un mondo normale, se una donna decide di impegnarsi in politica, che le scarpe siano l’ultimo dei problemi“.
Gigantografie su suoi piedi e vivisezioni ossessive al limite del feticismo. Perché se indossi scarpe leopardate sarai di sicuro una puttana.
Ragionamenti assurdi persino nei paesi più conservatori e fondamentalisti.
E come al solito chi ha alimentato tutto ciò sono stati proprio i giornali. Come dimenticare tutti gli autorevoli articoli di Scanzi sui piedi di Boschi?
1) “Si narra che Maria Elena Boschi, tra una ballerina azzurra tacco 12 leopardato, ami le scarpe. Le scarpe non amano lei, a giudicare dall’effetto un po’ zampone, ma pazienza”
2) “Il piede femminile più brutto della politica? Quelli di Maria Elena Boschi: sono piedi cicciuti che ‘spanciano’, sono grassottelli e in più lei ha una caviglia bruttina”
Non ci è dato sapere come siano i suoi di piedi, certo è che dallo scarso equilibrio mentre balla un’idea ce la saremmo fatta, ma di gran lunga preferiamo i suoi passi impacciati e scoordinati alla sua penna.
Maria Elena Boschi è diventata, nel corso di questi mille giorni, una vera e propria ossessione per la redazione del Fatto Quotidiano. Immaginiamo quindi, con la caduta del Governo, quanta disperazione si possa respirare in redazione. Di cosa mai parleranno, ora?
Se riportassimo tutti gli editoriali e le vignette che hanno visto come protagonista l’ex ministra non ci basterebbero altri mille giorni.
Quelli di seguito sono solo alcuni degli articoli offensivi che abbiamo visto pubblicare sul Fatto Quotidiano ai danni di Maria Elena Boschi:
Da un articolo di Marco Travaglio sul cartaceo: “Maria Elena trivellata dai pm”
Da un altro articolo di Travaglio su Maria Elena Boschi, datato 12 luglio 2016 dal titolo “Ma papà ti manda sola?”, si legge: Ora si e ci chiederà: e di che parlo allora? Bella domanda. Non saprei: che so, intrattenga il pubblico sull’annosa ansia da prova costume, sull’endemico problema del giro-vita, sulla vexata quaestio della cellulite, o su un argomento a piacere. Ma lasci stare l’Italicum
Le riforme e la politica, ma per carità Maria Elena, non sono cose da donne, torna a parlare di cellulite e diete —di cui, secondo i Bronzi di Riace Scanzi e Travaglio, avresti tanto bisogno.
I suoi piedi, le sue gambe, le sue caviglie e i suoi capelli, ogni parte di questa donna è passata al setaccio.
Questa, ad esempio, è una vignetta che campeggiava sulla prima pagina del Fatto Quotidiano qualche mese fa:
E poi ancora Travaglio in un articolo del 13 luglio 2015 scriveva: “Decisamente più difficile sarà spiegare al pupo come fu che mamma divenne ministro” alludendo immaginiamo già a cosa.
Un conto è criticare il suo operato un altro è accusarla di tresche, rapporti sessuali con questo o quel politico per ottenere tale ruolo.
Avete mai letto fiumi di editoriali sulle cosce di Grillo o di Berlusconi o di D’alema?
L’aspetto di una donna è sempre una colpa, sia che esso sia piacente sia che lo sia meno. Maria Elena Boschi e Rosy Bindi sono due facce della stessa medaglia.
Ma nel primo caso le critiche, gli attacchi e le supposizioni sono state ancora più feroci. Perché in un paese in cui l’Illuminismo sembra debba ancora arrivare se sei una bella donna di sicuro sei una zoccola. Se hai un aspetto piacente automaticamente sei andata a letto con il tuo capo per stare lì. E se in tali corto circuiti cadono persino pseudo femministe, che speranza abbiamo con tutti e tutte gli altri/e?
Una lettrice sulla pagina facebook, mi ha segnalato alcuni dei commenti che ha collezionato su Boschi. Ma ovviamente non sono gli unici, tantissimi giornali e altri autorevoli siti di informazione hanno raccolto, in varie occasioni, tutti i fantastici epiteti rivolti a lei. Basta digitare su google le parole chiave: Boschi+insulti sessisti e apparirà un mondo meraviglioso ai vostri occhi.
C’è stata poi un’altra donna che è stata bersaglio e vittima di dileggio e violenza verbale da buona parte degli e delle italiane.
Schernita e ridicolizzata innanzitutto per il suo aspetto fisico, Agnese Landini, moglie di Renzi, è passata sotto la lente d’ingrandimento, studiata minuziosamente in tutte le angolature come se fosse in lizza per un qualche concorso di bellezza. Inutile dire che se avesse avuto un aspetto che più incarna i canoni di bellezza attuali si sarebbe beccata “troia”, “cagna” e altri meravigliosi appellattivi (vedi Melania Trump).
Ma, al di là del disgustoso body-shaming, quello che personalmente mi ha fatto rivoltare più lo stomaco sono gli insulti a sfondo transfobico, il paragonarla a una transessuale e a Vladimir Luxuria —come se essere transessuale fosse un insulto o una cosa di cui schernirsi.
E anche qui mi è capitato di notare i più accaniti sostenitori dei diritti lgbt cadere in squallidi sfottò condividendo link dove si faceva notare la somiglianza tra Agnese e Vladimir Luxuria.
Gli indignados (di non si sa cosa) sono persino arrivati a scriverle che avrebbe dovuto vergognarsi perché il suo posto da insegnante avrebbe potuto lasciarlo a qualche altro. E certo perché Agnese Landini non è un essere umano a sé, con desideri, aspirazioni e ideali, ma un accessorio del marito.
Perché spesso essere anti questo o quel politico fa totalmente perdere i lumi della ragione. Stessa cosa accadde con Berlusconi quando a essere prese di mira con insulti irripetibili furono Minetti e Carfagna. E anche in quel caso una parte del femminismo diede il meglio di sé, scendendo in piazza non per contestare il modello berlusconiano ma per urlare: “non siamo tutte puttane” —e per l’ennesima volta dividendo le donne in sante e puttane.
Dalle accuse di aver fatto un salto di carriera perché moglie di Renzi (qui troviamo un articolo molto dettagliato circa il suo percorso lavorativo) fino alla marea di insulti che le sono stati indirizzati quando, in veste istituzionale, accompagnò suo marito alla Casa Bianca. In quell’occasione anche la campionessa paralimpica Bebe Vio non fu risparmiata affatto da certe cortesie.
Agnese Landini, fu assalita di insulti, tra gli altri, anche da decine e decine di insegnanti, sicuramente ligi e ligie al proprio dovere, indignati dal fatto che Agnese avesse chiesto un permesso —come fa qualsiasi insegnante e lavoratore del mondo quando ha impegni inderogabili— per importanti motivi istituzionali.
E ovviamente anche lì nessuno perse l’occasione per chiamarla racchia, cesso, transessuale, eccetera.
E per concludere in bellezza, l’ultima trovata dellaggente per prendersela con Agnese Landini è il maglione che indossava domenica sera mentre suo marito annunciava le dimissioni. Questa volta Agnese è “colpevole”, secondo autorevoli pagine facebook, di aver speso 950 euro per un maglione.
E questi sono solo alcuni degli insulti che per l’ennesima volta sono stati mossi ai danni di questa donna E questi sono solo alcuni degli insulti che per l’ennesima volta sono stati mossi ai danni di questa donna
Tutti gli altri potete trovarli qui
Non vorrei entrare in questa polemica imbarazzante ma è lampante che il maglione indossato da Agnese sia totalmente diverso da quello indicato nell’immagine. E se anche fosse, non sarà forse libera di spendere il suo stipendio come meglio crede o dovrebbe stare a preoccuparsi di stupide pagine facebook e dei suoi commentatori che magari postano quei link e quei commenti al vetriolo da uno iPhone ben più costoso di quel maglione?
Ma che importa se indossava davvero quel maglione o meno! Cosa vuole laggente? Un’occasione per chiamare questa o quella donna puttana, mostro, cesso e transessuale. E noi gliela daremo!
Da notare che come al solito parte dei commenti sono stati scritti da donne che tra le altre cose avevano incorniciato la propria foto profilo con la scritta “No alla violenza sulle donne”.
Insomma, un paese profondamente povero di umanità e di empatia, confuso, analfabeta e che incapace di muovere critiche nel merito (anche perché tutto ciò comporterebbe leggere e informarsi, apprendere notizie da chi fa giornalismo in maniera seria e autorevole e non dai soliti siti bufalari su cui ormai buona parte di italiani è abituto ad informarsi) ha come passatempo preferito il linciaggio a sfondo sessista, razzista e omofobico sul web.
http://narrazionidifferenti.altervista.org/mille-piu-giorni-sessismo-laura-maria-elena-agnese/
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