Può una donna di settant’anni innamorarsi e pensare di essere ricambiata?
Innamorarsi certo, molte donne si innamorano anche oltre i settant’anni.
È l’essere ricambiate che diventa problematico.
Non per ragioni naturali. Gli esseri umani sono dotati di una sessualità che, in modi diversi, rimane viva fino alla morte.
I problemi sono solo culturali. È l’idea della sessualità che interferisce sulle nostre scelte, non la sessualità in sé. Sono i modelli che si trasmettono a creare la possibilità dell’innamoramento.
Un uomo con i capelli bianchi non esce dal concetto di seduzione, mentre una donna dai capelli bianchi crea ansia. Un uomo con le rughe sul viso si considera ancora attraente e seducente anche a ottant’anni, mentre una donna con le rughe sul viso respinge e repelle.
Quindi la sessualità dipende dalle rughe e dal colore dei capelli?
Certamente no. Ma diciamo che il modello seduttivo è talmente rigorosamente diviso fra maschile e femminile da creare dei tabù profondi che sono ancora in vigore nonostante l’emancipazione e le libertà conquistate dalle donne. Si tratta di uno dei privilegi più ardui da abbattere.
Parlo del privilegio sessuale che, legato indissolubilmente al potere, tiene ancora divisi i generi. La facoltà di conquistare e incantare sessualmente l’altro è considerata ancora il più prezioso dei poteri. Ed è il segno che, nonostante tutto, siamo ancora in pieno dentro una cultura patriarcale in cui la forza dell’eros è identificata con la forza della conquista, del possesso, del prevalere sull’altro.
Secondo questa logica, del tutto storica, l’uomo è attivo e la donna passiva. L’uomo ha una sessualità visibile, la donna invisibile, perciò inesistente. Il corpo maschile decide e agisce, il corpo femminile aspetta e riceve passivamente.
Anche la lingua italiana è basata su questo dualismo: si dice «possedere» per l’atto sessuale, ma è un verbo che si coniuga sempre al maschile.
Non esiste una donna che «possiede» nell’atto sessuale. Si dice «prendere» (la prendo, l’ho presa), ma sempre al maschile.
E ancora oggi l’omosessualità maschile è vista con disprezzo perché uno dei due si fa donna e quindi si fa possedere, penetrare dall’altro. Non a caso la parola più offensiva del linguaggio sessuale è «inculare»: «ti inculo», «la incula», «vaffanculo», ecc.
Il desiderio maschile è considerato essenziale per la continuazione della specie. Se non c’è l’erezione, non ci sarà seme e se non c’è seme non c’è riproduzione. Senza l’attività dello spermatozoo, l’uovo non viene fecondato. E quindi mentre il desiderio maschile viene valutato e incoraggiato, il desiderio femminile viene scoraggiato e represso.
Il desiderio femminile non conta niente per la riproduzione della specie.
Su questo principio l’uomo si è arrogato il privilegio di scegliere, sedurre, prendere, concepire.
Il suo seme gode di una sacralità che l’apparato genitale femminile non ha.
La sessualità femminile non si vede e quindi non conta.
L’uomo, per scegliere, ha bisogno di eccitarsi e per eccitarsi, la sua immaginazione deve essere stimolata su stereotipi espressivi quali la giovinezza, l’inesperienza, la bellezza innocente, la modestia, la seduzione silenziosa, l’esibizione di un corpo intatto e da forgiare.
Nella tradizione americana per esempio, il modo più comune per chiamare la donna amata è «baby». Il maschio cerca un corpo adulto, che nel possesso diventa bambino, un corpo da formare, proteggere, manipolare a proprio piacere. Per questo il possesso (ti amo e quindi sei mia) è ancora una delle principali forme di diritto familiare non scritto.
Ci sono uomini, anche preparati e colti, che identificano la propria virilità col principio del possesso e, quando questo principio viene messo in discussione da una compagna di vita poco docile o semplicemente vogliosa di qualche autonomia, entrano in crisi e si possono trasformare anche in assassini. Di qui la diffusione purtroppo dolorosa e in aumento del femminicidio.
Reazione storica alla emancipazione femminile.
Chi non vuole cambiare e rinunciare ai propri privilegi sessuali preferisce uccidere e morire piuttosto che abdicare all’idea del possesso della «propria donna». La sessualità androcentrica è nella cultura patriarcale una sessualità di invasione, di conquista, di occupazione.
Introdurre il seme dentro il ventre di una donna è ancora considerata una prerogativa maschile da difendere a ogni costo.
Ecco perché una donna di settant’anni, se vuole mantenere la sua dignità, se non vuole essere umiliata, deve sublimare il proprio desiderio di amore e di sesso e trasformarlo in sentimento di amicizia affettuosa, di tenerezza.
Per lo sguardo desiderante maschile un corpo femminile usurato dagli anni si trasforma immediatamente in una mamma, anzi una nonna, da venerare magari, ma certo non da desiderare.
Il maschio adulto può provare tenerezza filiale verso quel corpo sciupato, verso quel viso segnato, ma non può provare desiderio perché l’immaginazione è fatta di cultura e, come ho detto, il corpo ambìto, secondo i modelli più usurati ma ancora tanto vitali, deve essere più vicino all’infanzia che alla maturità.Il sesso (negato)
a settant’anni
Dacia Maraini
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