La sensazione è che, insieme a Hillary Clinton, abbia perso l’intero movimento femminista. Maria Serena Natale ha avviato su questo Blog una discussione che potrebbe dare il tono a molte delle nostre riflessioni nei prossimi mesi. Il 2017, che avrebbe potuto essere l’anno del trionfo delle aspirazioni delle donne con una donna insediata alla Casa Bianca, e altre due ai vertici europei come Angela Merkel e Theresa May, si apre invece con una vistosa inversione di marcia. E anche se la sconfitta di Clinton ha motivazioni fortemente politiche e umorali, non si può archiviare tanto facilmente quello che il suo fallimento significa per tutte le donne. «Il femminismo ha perso, si è tornate indietro alla velocità del suono. Che fare ora?» si interroga sul New Tork Times Susan Chira, giornalista di alto rango e lungo corso del giornale, e si augura insieme alla scrittrice femminista Erica Jong che gli spiriti che si sono liberati nelle ultime elezioni americane ed europee non aprano la strada a una nuova misoginia. Con le donne che assorbono i pregiudizi degli uomini, quasi senza accorgersene. E che il tetto che andava sfondato non si chiuda irreparabilmente sulle nostre teste.
«Perché la mancanza di rispetto chiama mancanza di rispetto» e gocciola piano piano come un veleno nelle teste di tutti, come ha ricordato l’attrice Meryl Streep ai Golden Globe. E proprio per questo è importante capire che fare, cercando prima di tutto di non farsi ricacciare indietro nella logica del separatismo e del suffragettismo, di non mettere a rischio la nuova identità pragmatica e inclusiva che il movimento aveva tentato di assumere negli ultimi anni. Vigilare e combattere ma non farsi cambiare, difendendo i propri valori sembra essere la chiamata per questi prossimi anni.
La storia del movimento delle donne è fatta di tanti stop and go, ma se c’è una cosa che ha imparato negli ultimi anni, faticosamente, è che dove le donne sbagliano è spesso nei toni, e riguardo a questo forse non si è ancora riflettuto abbastanza su quelli troppo assertivi, quasi superciliosi, di Hillary Clinton. Meglio, molto meglio, pensare di non avere mai la vittoria in tasca, di procedere sulla propria strada ma senza troppe ostentazioni da prime della classe, perseguendo quella politica pragmatica che le donne hanno coltivato nei secoli nelle loro case, a volte con dolorosa resilienza, e che come strumento di supporto può aiutare ancora.
E pragmatismo oggi vuol dire tenere la barra fissa su alcuni temi che negli ultimi anni sono stati cruciali - parità di salario, aborto, salute, vigilanza sul sexual harrassment e la violenza - e che hanno dato un’eco potente al loro impegno. Bene dunque tenere alta la guardia anche con proteste e marce a cominciare da quella prevista a Washington il 21 gennaio, ma sempre tenendo presente che la nuova strada, quella dell’inclusione e dell’allargamento senza inutili contrapposizioni, non va abbandonata ma allargata. Cercando di includere portare con sé tutte le donne: le lavoratrici e non solo quelle della classe già dirigente e privilegiata; le donne che non lavorano e forse non lavoreranno mai, le ragazze che non vogliono sentir parlare di femminismo convinte che la battaglia sia già vinta. Convincerle che il femminismo è anche affar loro, non solo una battaglia di lusso, e soprattutto convincere sempre più uomini che la battaglia è anche la loro, e che più donne nel mercato nel lavoro non ruberanno lavoro e non azzopperanno le famiglie, ma al contrario allargheranno quel mercato e con una politica di condivisione formeranno famiglie migliori. Ci sono i dati a dimostrarlo.
Christine Lagarde la signora del Fmi, donna capace di ispirare le altre in quanto pragmatica e assertiva («everything is better with butter», ogni cosa vien meglio con un po’ di burro è il suo motto, rubato alla nonna) ha di recente provato con una ricerca condotta dal suo fondo che sono proprio le donne l’unica grande riserva di energia che non ha ancora sviluppato il suo potenziale: secondo lo studio Fmi sarebbe infatti del 15 per cento la percentuale di ricchezza persa a causa delle discriminazione di genere, anche nei Paesi avanzati. Fondamentale in tutto ciò la capacità di comunicarlo, le parole per dirlo. Che devono essere semplici ma non scontate. Che arrivino a parlare a tutte le donne e a tutti gli uomini sui temi fondanti della loro vita, perché il Pil da solo, si sa, non dà la felicità.
Forse qualcosa da imparare c’è da un gesuita di gran talento per la sintesi mediatica 2.0, arrivato a rivitalizzare la Chiesa senza toni trionfalisti. E allora cerchiamo come lui invita a fare, di non chiuderci, non giudicare, ma aprirci agli altri alle loro speranze, ai loro bisogni, alle loro fragilità. Recuperando i nostri valori e poi condividendoli con l’altro, uomo o donna che sia. Un femminismo in uscita, dunque e mai arroccato, dolce e potente come Francesco.
È lo scarto che già si nota nel passaggio tra due modelli femminili, come quelli di Hillary Clinton e Michelle Obama, due donne divise da meno di una generazione, nate agli estremi della stagione dei baby boomer, una nel 1947, l’altra nel 1964, brillantissime entrambe ma lontane anni luce nell’attitudine verso gli altri. Nel suo ultimo discorso parlando con un gruppo di insegnanti e ringraziandole per quel che fanno per le nuove generazioni, Michelle Obama si è saputa commuovere: «Siate determinate» ha detto «usate la vostra istruzione per essere autorevoli». Ed è significativo che sempre Michelle, una delle donne che più hanno ispirato negli ultimi tempi, in senso lato, le donne in tutto il mondo – e che lascia il suo posto di First Lady con il consenso di due americani su tre - abbia ridato vita, con i suoi modi e il suo comportamento a una parola del repertorio più tradizionale femminile, la grazia, e l’abbia imposta come cifra di stile della presidenza sua e di suo marito. La grazia, controverso e discusso cardine dell’educazione delle fanciulle, riproposta da una donna di colore intelligente, calda e molto brillante. Vorrà dire qualcosa.Come sfondare il tetto di cristallo?
http://27esimaora.corriere.it/17_gennaio_10/come-sfondare-tetto-cristallo-hillary-clinton-serve-piano-b-94871266-d72e-11e6-94ea-40cbfa45096b.shtml
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