lunedì 30 gennaio 2017

Storiche a congresso. «Il gender? Non è ideologia ma ricerca» Adulterio, lavoro, rotocalchi, prostituzione, religione: dal 2 al 4 febbraio le studiose discutono le questioni di genere. Ma ci saranno anche i colleghi maschi di ANTONIO CARIOTI

Si parlerà di adulterio nell’Alto Medioevo e di rotocalchi femminili. Di sessualità sotto la legge islamica e di «politiche dell’allattamento». Di geografia della prostituzione e del ruolo delle donne nelle Chiese. È davvero variegato il menu predisposto dalla Società italiana delle storiche (Sis), presieduta da Simona Feci, per il suo VII Congresso, che si tiene a Pisa dal 2 al 4 febbraio.
Sorta nel 1989, la Sis oggi ha circa 250 socie, tutte per statuto di sesso femminile, ma ai suoi incontri partecipano anche studiosi maschi. Raduna specialiste delle più varie epoche e branche disciplinari: c’è chi si applica al Medioevo e chi all’Africa, chi coltiva la storia economica e chi quella del diritto. Ma tutte hanno un interesse specifico non solo per le vicende delle donne, ma anche per la «storia di genere». Un’espressione, quest’ultima, che richiama le polemiche sulla cosiddetta «teoria del gender», bestia nera di una parte del mondo cattolico e condannata anche dal Papa.

D’altronde il titolo del Congresso di Pisa è «Genere e storia. Nuove prospettive di ricerca». Un indirizzo ideologico? «Neanche per sogno — replica Ida Fazio, docente dell’Università di Palermo e componente del direttivo della Sis —. Gli studi di genere, inaugurati nella storiografia dall’americana Joan Wallach Scott, non sono affatto il prodotto di una teoria per cui ciascuno potrebbe mutare o manipolare a piacimento la sua appartenenza sessuale. Il punto è che i ruoli maschili e femminili non sono predeterminati in modo rigido dalla biologia, ma vengono costruiti socialmente e culturalmente nelle diverse epoche, attraverso meccanismi che vanno esaminati sul piano storico».
È un filone di ricerca, prosegue Ida Fazio, che s’incrocia con la storia delle donne: «Gli studi di genere riguardano le rappresentazioni dei due sessi e le relazioni sociali prodotte dagli assetti patriarcali del passato: ci spiegano come gli uomini vedevano se stessi e le loro mogli, figlie, serve o amanti. Invece la storia delle donne mira a ricostruire il ruolo effettivo che giocava allora la componente femminile, al di là degli stereotipi dominanti e delle stesse leggi. Si scopre così che le donne gestivano attività economiche e commerciali, scavalcando i divieti e facendo concorrenza sottobanco alle corporazioni maschili dei mestieri. Oppure che esponenti femminili dell’aristocrazia erano attive in campo diplomatico: venivano mandate avanti a sondare il terreno dei negoziati, tanto poi quello che dicevano poteva essere smentito, dato che erano donne».
All’approfondimento di queste tematiche è dedicata la rivista della Sis edita da Viella, «Genesis», che è stata inclusa tra quelle di fascia A, cui è riconosciuta una particolare autorevolezza scientifica. Tuttavia i rapporti con l’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) risentono di un intralcio formale. «Possono essere interlocutrici ufficiali dell’Anvur — spiega Ida Fazio — solo le associazioni che riuniscono almeno il 45 per cento dei docenti e dei ricercatori strutturati in un raggruppamento disciplinare, tipo storia contemporanea o storia moderna. Dato che la Sis è trasversale alle categorie tradizionali, non ha tale requisito e può quindi essere sentita solo a titolo consultivo, benché sia stata la prima associazione di storici creata in Italia».
http://www.corriere.it/cultura/17_gennaio_29/societa-italiana-delle-storiche-sis-pisa-48e20f46-e64c-11e6-84c1-08780d9999f1.shtml

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