giovedì 16 marzo 2017

Quelli che ci vorrebbero obbedienti e con le mutande coperte di Mariangela Mianiti

Habemus Corpus. Fra le reazioni maschili seguite allo sciopero femminile e femminista dell’8 marzo scorso, due mi hanno colpito, una per imbarazzo, l’altra per rabbiosità

Fra le reazioni maschili seguite allo sciopero femminile e femminista dell’8 marzo scorso, due mi hanno colpito, una per imbarazzo, l’altra per rabbiosità.

Il premio per il sottile livore lo vince Dario Di Vico che, sul Corriere della sera, ha definito lo sciopero «un mezzo disastro» perché, secondo lui, è stato fatto più da uomini che da donne, era praticabile solo da chi ha il posto fisso, ha penalizzato le fasce meno abbienti e altre donne perché coinvolgeva soprattutto trasporto pubblico e scuole, ha rischiato di rivelarsi una dimostrazione di debolezza più che di forza perché non aveva una controparte precisa (sic).

Il premio per l’imbarazzo, invece, lo vince Enrico Mentana che, in un servizio sul tg de La7, mostrava un gruppo di ragazze che sollevavano provocatoriamente le gonne per mostrare al mondo le loro mutande. Però, arrivato sul più bello, mentre le ragazze dicevano: «Uno, due, e …» ha fermato l’immagine proprio sul tre, giusto un secondo prima che le mutande comparissero. Sembrava un coitus interruptus.

Da una parte uno, dal suo piedistallo benpensante, ci ha fatto la predica dicendo che avremmo dovuto protestare in modo più calmo, sensato e che non desse troppo disturbo alla consueta quotidianità. Se avessimo voluto essere obbedienti e ancellari, mica saremmo scese in piazza così numerose e arrabbiate. Oltre tutto, questa volta non si metteva sul piatto solo il problema della violenza, ma anche una serie di temi che riguardano il modo di vivere e produrre, il peso e lo scarso riconoscimento del lavoro di cura, le differenze salariali, i modelli sociali e quindi la biopolitica.

È qualcosa che riguarda tutti, non solo le donne. E poi, non si è accorto Di Vico che la protesta è stata mondiale? E quale sarebbe, secondo lui, la controparte precisa da interrogare?

Dall’altra parte, Mentana ha sì capito che questa volta non si trattava più solo di mimose, ma ha avuto paura di mostrare fino in fondo che siamo disposte anche ad alzarci le gonne in pubblico per dire «Adesso basta». Pruderie, confuso senso della decenza, paura della fascia protetta, vai a capire perché ha voluto quel fermo immagine e ha censurato le nostre mutande.

Nel caso certi direttori e vicedirettori non lo sapessero, do una notizia.

Dentro le nostre mutande, oltre a ciò che vi ha generato, c’è una cosa che si chiama clitoride e che ha circa 8000 terminazioni nervose, il doppio di quelle che stanno attorno al pene. Se poi si contano i dintorni, le terminazioni nervose coinvolte arrivano a 15.000. Altro che nate dalla costola maschile.

Significa che ognuna di noi è una potenziale bomba di piacere. Oltre tutto, venite tutti da lì e, che vi piaccia o no, siete figli del nostro desiderio e del nostro amore perché vi abbiamo portato in grembo, allevato, nutrito.

Certo, a volte i risultati non sono stati e non sono brillanti, ma mica lo abbiamo allestito noi il globo così com’è ora. Sono i maschi che si fanno le guerre, che pensano e costruiscono armi, che inventano le torture, che si divertono a darsele, e in molti casi a darcele, di santa ragione. E sono soprattutto maschi quelli che, fino a ora, hanno comandato ovunque, da nord a sud, da est a ovest.

Perché pretendete di dirci come ci dobbiamo comportare? Perché temete le nostre battaglie? Perché, se usciamo dai ruoli calmi e consenzienti, vi spaventate? Perché, invece di giudicare o censurare, non vi confrontate, soprattutto fra voi? Perché non vi chiedete perché?

Noi siamo orgogliose della nostra differenza che fa di ognuna di noi una signoria. Ma forse è proprio questo che ha sempre fatto paura, a certi maschi.

mariangela.mianiti@gmail.com
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