venerdì 29 marzo 2019

Intervista a Paola Di Nicola, magistrata. “Il revenge porn è una forma di violenza gravissima, sempre più diffusa e spesso taciuta, specie nei confronti di chi è più giovane. C’è un vuoto normativo da colmare perché oggi le procure possono fare ben poco. Ma ho fiducia che alla fine sarà trovata una posizione condivisa” DI LAURA MONTANARI

"Vedere un Parlamento che si divide sulla violenza contro le donne fa davvero male al Paese". Paola Di Nicola è una giudice di Roma, ha scritto di recente un libro pubblicato da HarperCollins dal titolo "La mia parola contro la sua" sugli stereotipi di genere contenuti nelle sentenze.

Cosa pensa di quello che è accaduto alla Camera sul revenge porn?
"Le aspettative su questa norma erano altissime perché c'è un vuoto di tutela su una delle più gravi forme di violenza psicologica nei confronti delle donne. Alcune, non dimentichiamolo, hanno pagato anche con la vita. Il revenge porn è una violenza psicologica, sottile e crudele perché oggi l'identità delle persone e in particolare delle donne giovani si esprime proprio sui social: il veder pubblicate dall'ex o da un "amico" le proprie immagini online è una forma di ricatto che spesso azzittisce le donne".

Paola Di Nicola, giudice a Roma, ha pubblicato un libro (“La mia parola contro la sua”), basato sullo studio di duecento sentenze riguardanti casi di violenza sulle donne

Ritiene quindi che ci sia urgenza di affrontare questo tema...
"Di questa norma c'è un enorme bisogno perché i giudici non possono fare quasi nulla o comunque troppo poco. Sarebbe uno strumento in mano alla magistratura rispetto a un fenomeno diffusissimo e spesso taciuto. I casi di cui veniamo a conoscenza sono quelli in cui si arriva alla pubblicazione finale, ma prima ci sono le minacce, prima c'è il ricatto. Siamo davanti a nuove e gravi forme di violenza: ci dovrebbe essere una adeguata e trasversale risposta da parte della politica".

La Lega propone la castrazione chimica: cosa ne pensa?
"Ritengo che il tema della violenza contro le donne e in particolare della violenza sessuale abbia le sue radici nella modalità culturale con la quale si percepisce il corpo di una donna. Oggi il corpo delle donne è esibito nella pubblicità, nella televisione, in tanti altri luoghi come un trofeo, è come una preda da catturare. La questione della sessualità maschile invece è ritenuta una sessualità che si deve sfogare, che non deve essere inibita. Io penso che la castrazione chimica non farebbe che replicare questo atteggiamento".

In che senso?
"Il tema è quello della sopraffazione culturale rispetto al corpo delle donne: se noi non partiamo da qua, potremmo fare milioni di castrazioni chimiche ma la violenza si ripeterà quotidianamente e non avrà soluzione: dobbiamo metterci in testa che il tema è culturale non fisico".

Siamo davanti a una emergenza a cui la politica per schermaglie di partito non riesce a fare fronte?
"Non è un'emergenza, la violenza contro le donne è una questione strutturale. Richiede una organica rivisitazione di tutte le norme del codice di procedura penale: serve un codice anti violenza. Si dovrebbe elaborare un sistema che vede la collaborazione di tutte le forze politiche che si mettono intorno a un tavolo. Bisogna avere uno sguardo ampio, realizzare un insieme di norme che riguardano le donne e le violenze che subiscono in tutti i contesti della società. Dobbiamo fare un'operazione legislativa e culturale di presa in carico del fenomeno non come emergenziale, non con singoli spot. Bisogna guardare al problema nella sua complessità: dall'esame delle norme che riguardano l'accesso lavoro, la differente retribuzione, il sessismo nelle aziende, la mancanza della presenza delle donne in ambiti professionali di vario tipo, tutta la materia sanitaria...".

Quindi di cosa abbiamo bisogno?
"Di un codice unitario: abbiamo un codice antimafia, un codice per la tutela dell'ambiente, uno della strada... avremo bisogno di un codice contro la violenza sulle donne".

C'è una regressione nel paese sui diritti delle donne?
"Nel Paese è cresciuta molto la consapevolezza che esiste questo problema. Il fatto che oggi le donne abbiano una maggiore consapevolezza, autonomia, una maggiore indipendenza anche economica, uno spessore nello studio e nelle professioni genera una reazione più violenta da parte di chi teme di perdere la propria rendita di posizioni. Parliamo del disegno di legge Pillon che è una delle maggiori regressioni dal punto di vista legislativo, sarebbe gravissimo che venisse approvato per come è oggi perché determinerebbe un enorme salto indietro".

Cosa pensa che succederà prossimamente in Parlamento sul codice rosso?
"Ho fiducia che si troverà una posizione condivisa. Ma ripeto, c'è la necessità di un codice organico sulla violenza contro le donne frutto di una volontà politica trasversale unitaria per dare ai giudici gli strumenti per intervenire. Ricordiamo che oggi il 93 per cento delle donne non denuncia la violenza che subisce...".
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