L' ateneo ha preso le distanze dall'evento pro-family di fine marzo. Più di un centinaio di professori hanno criticato le posizioni anti-scientifiche dei relatori del congresso. Riccardo Panattoni, Direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche, ha parlato a Open delle ragioni dell'iniziativa
Circa 160 docenti dell'Università di Verona hanno deciso di prendere posizione contro il Congresso Mondiale della Famiglia che si terrà nella città veneta il prossimo 29-30-31 marzo. «Come Dipartimento di Scienze Umane, insieme a molti altre e altri docenti, ricercatori e ricercatrici dell’ateneo tutto e di tutte le aree disciplinari, ci facciamo promotori di una presa di posizione critica in merito allo svolgimento del Congresso Mondiale delle Famiglie», si legge nel comunicato. Dopo le dimissioni del capogruppo della Lega dal consiglio comunale di Verona, anche l'università di Verona ha deciso di farsi avanti.
L'ateneo prende di mira diverse posizione esposte da alcuni relatori che parteciperanno all'evento, tra cui l'affermazione del creazionismo, l’idea che la natura abbia assegnato a uomini e donne differenti destini sociali e diverse funzioni psichiche, che identificano automaticamente la donna in un ruolo riproduttivo e di cura o la promozione delle “terapie riparative” per le persone omosessuali al fine di “ritornare” alla condizione armoniosa dell’eterosessualità: «Tali posizioni vengono affermate come fondate scientificamente, ma in realtà la ricerca internazionale non è mai giunta a questo tipo di esiti e li ha anzi smentiti in diverse circostanze».
A sostenere l'iniziativa anche il Rettore dell'Università di Verona Nicola Sartor: «Bene ha fatto il dipartimento di Scienze umane, assieme ad altri docenti, ricercatrici e ricercatori di ateneo, a sottolineare come le tematiche proposte nel convegno e le posizioni degli organizzatori siano, a oggi, prive di fondamento e non validate dalla comunità scientifica internazionale». A raccontare a Open la decisione dell'Università di Verona Riccardo Panattoni, direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche.
Da dove nasce questa decisione?
«L'idea è nata all'interno di una discussione del Dipartimento di Scienze umane di cui io sono il direttore. I temi su cui il congresso interviene sono quelli sui cui facciamo ricerca. È nata naturalmente una discussione interna. Da questa discussione abbiamo pensato che fosse necessario fare un documento per prendere le distanze dai presupposti scientifici su cui gli esponenti del congresso si basano per portare avanti le loro affermazioni. Ci sembrava importante fare un gesto dell'università pubblica, un gesto che chiarisca alla propria città e ai cittadini la posizione dell'università.
Ci sembrava opportuno sottolineare le distanze di una comunità internazionale scientifica e ribadire come le prove portate dai relatori a sostegno delle loro tesi siano state ampiamente smentite e siano considerate inapplicabili. Abbiamo fatto un documento e l'abbiamo fatto firmare singolarmente perché l'università è una comunità di singoli docenti che liberamente possono esprimersi. C'è stata una risposta da tutte le aree: medica, scientifica, economica, giuridica»,
Cosa criticate?
«In particolare lo statuto di scientificità che viene portato avanti dal Congresso. Si possono creare delle situazioni e dei momenti incentrati su posizioni religiose, ideologiche, ma non si può prescindere dal presupposto scientifico e lasciare che gli spazi pubblici della città siano dedicati a questi eventi perché sarebbe un inganno verso i cittadini.
Se in questa città c'è un'università, l'università si deve fare garante di segnalare qual è la posizione scientifica effettiva su questi temi, senza entrare in nessuna polemica, nè ideologica e nè politica, sul ruolo che deve avere il sapere: il sapere è depositato nei luoghi dove la ricerca si svolge».
È stata fatta una richiesta di uso di spazi universitari per il congresso?
«Sì. A dicembre l'organizzazione del convegno aveva chiesto all'università di concedere alcune aule, ma il Rettore aveva preso posizione rifiutando di dare questi spazi perché non era un evento che potesse svolgersi dentro le aule universitarie. Non siamo soltanto una cittadella, ma siamo parte della città. Il problema non è soltanto difendere gli spazi interni, abbiamo pensato che fosse importante riaffermare la presenza e l'importanza di un'università che appartiene alla città».
Avete ricevuto l'appoggio anche del Rettore?
«Assolutamente sì. È stato un appoggio molto spontaneo quello del Rettore: è partito dal basso, dalla discussione, e pian piano ha assunto una forma istituzionale attraverso il dipartimento. Si è rafforzato grazie al sostegno di molti docenti fino a che non ha assunto una forma istituzionale.
Come ateneo ci interessava sottolineare la nostra estraneità da quei presupposti e non avallare dibattiti politici che avrebbero indebolito la nostra posizione che ha a che fare con i contenuti, con un risvolto epistemologico ben preciso. Ci auguriamo che chi governa il Paese si rivolga all'università, ai luoghi di ricerca dove esistono i presupposti scientifici per portare avanti un'azione di governo. Volevamo che l'università ritornasse a essere un luogo capace di prendere posizioni critiche».
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https://www.open.online/primo-piano/2019/03/18/news/universita_di_verona_contro_il_congresso_sulla_famiglia-173263/?fbclid=IwAR1ojfLS5k1gSDjDtjTDDchuoD00g0uB99yqOahP5jbw7MbPEBS8rlIPNN8
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