Immaginiamo per un momento che la cronaca ci desse le notizie rovesciate: ogni tre giorni un uomo viene ucciso dalla moglie, accoltellato, sgozzato, bruciato, strangolato, fatto a pezzi, gettato nel cassonetto o in fondo a un burrone. Queste donne, assieme al marito hanno ucciso anche i figli, strangolandoli o sparando loro in testa. Cosa succederebbe?
Roberta Siragusa , torturata, sgozzata e poi bruciata dal fidanzato;
Teodora Casasanta, uccisa assieme al figlio di cinque anni dal marito;
Tiziana Gentile colpita a coltellate dal compagno;
Victoria Osaguie, scannata davanti ai figli di 9 , 6 e 2 anni dal coniuge;
Rosalia Garofalo ammazzata dal suo uomo che prima l’ha picchiata selvaggiamente.
Queste sono le donne uccise nei primi mesi del nuovo anno. Solo nel 2020 sono state 112 le donne massacrate dai conviventi. La media: due donne alla settimana. Immaginiamo per un momento che la cronaca ci desse le notizie rovesciate: ogni tre giorni un uomo viene ucciso dalla moglie, accoltellato, sgozzato, bruciato, strangolato, fatto a pezzi, gettato nel cassonetto o in fondo a un burrone. Queste donne, assieme al marito hanno ucciso anche i figli, strangolandoli o sparando loro in testa. Cosa succederebbe?
Si leverebbero voci scandalizzate, urla, denunce, grida di «torniamo alla pena di morte»! I giornali si scatenerebbero. Qualcuno certamente teorizzerebbe che le donne sono malvage per natura, nemiche dell’uomo e tendono a distruggerlo. Verrebbero fuori decine di psichiatri a dire che le donne sono incapaci di vincere la gelosia, portate al crimine e oggettivamente pericolose. Esagero? Ma cosa dire di fronte al silenzio drammatico che accompagna le centinaia di femminicidi? Mentre tutti i delitti contro la persona diminuiscono, come dichiarano tutti gli Istituti di statistica, i delitti in famiglia crescono.
Come spiegare questo aumento di violenza se non come una rivolta contro le nuove libertà delle donne? La vita della politica, della sessualità, della famiglia si regola su equilibri di potere decisionale. Ricordiamo che a ogni conquista di diritti corrisponde una perdita di privilegi: in famiglia, sul lavoro, nei rapporti sociali e sessuali. Per certi uomini deboli che identificano la propria virilità col dominio, questa perdita viene considerata un affronto talmente grave da ripescare nel profondo il più arcaico e selvaggio degli istinti: la vendetta. Ma si tratta di una tristissima confessione di impotenza. L’uomo saggio capisce, acconsente e si adatta. A tutti faceva piacere avere degli schiavi in casa. Eppure abbiamo trovato il modo di farne a meno. Bisognerà che gli uomini, avvezzi ai tanti privilegi storici, imparino ad adattarsi. Non ci sono alternative.
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