Non è passata
l’alternanza uomo-donna nelle liste elettorali. La curiosa
neutralità del governo e del decisionista Renzi su questo punto e il
voto segreto hanno lasciato libero il campo al “cartello” che da
sempre e trasversalmente difende strenuamente la quota azzurra. Anche
parte del Pd, in contrasto con lo statuto e le dichiarazioni
ufficiali, si è schierata a difesa del mantenimento dello status
quo.
Una situazione che
lascia alla discrezione delle segreterie dei partiti se e quante
donne mettere in condizione di essere elette di fatto proteggendo lo
status quo in cui gli uomini sono maggioranza. Perché solo di questo
si tratta. È un errore, infatti, parlare di quote rosa ogni volta
che si cerca di scalfire il monopolio maschile, di ridurre le “quote
azzurre”, che molti uomini (ed anche qualche donna) continuano a
ritenere un naturale diritto divino in tutti i luoghi di potere
politico ed economico. Sarebbe molto più corretto parlare di norme
antimonopolistiche, che impediscano la formazione di un “cartello”
basato sul sesso. Sarebbe più chiaro qual è la posta in gioco e chi
sta difendendo che cosa. E forse molte donne smetterebbero di
sentirsi in colpa, o“panda”, ogni volta che si chiede una
correzione. Perché la categoria (auto–) protetta, molto
strenuamente, è quella degli uomini, che sono riusciti a far passare
come ovvia e meritevole la loro presenza, mentre quella delle donne è
sempre frutto o di usurpazione indebita, o di graziosa concessione,
non di meccanismi che consentano di correre alla pari.
Renzi ha dichiarato che
la “vera parità” c’è quando le donne che fanno lo stesso
lavoro degli uomini sono pagate come loro. Ma questa è solo una
parte del problema. La questione è che le donne, nel lavoro come in
politica partecipano a corse con handicap. Non mi riferisco solo al
peso del doppio lavoro, ma proprio al fatto che sono corse truccate
da chi detiene le chiavi di ingresso e dagli arbitri. Che di
“cartello” si tratti è evidente ovunque, che si tratti di
consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, di Corte
costituzionale, di presidenze e membership nelle Authority, di
presidenze dei vari enti pubblici e parapubblici, in generale di
nomine nei posti che contano, chiunque sia chi ha il potere di
nomina. È ancora più evidente nel caso delle liste bloccate.
Perché, esattamente come era nel Porcellum, nulla è lasciato al
caso e tanto meno alla scelta degli elettori (con in più la beffa
delle candidature multiple. L’elezione o meno di un numero congruo
di donne non dipende né dalla disponibilità degli elettori a
votarle, né dalla disponibilità di un numero adeguato di donne con
le competenze e riconoscibilità necessarie. Dipende esclusivamente
dalla posizione in cui saranno in lista. Solo perché il Pd alle
ultime elezioni ha messo molte donne in posizione alta nelle proprie
liste, la percentuale di donne oggi presente in Parlamento è la più
alta di sempre. Bene che ne siano diventate consapevoli anche molte
parlamentari di altri partiti. Meno, apparentemente, le neo-ministre,
stranamente silenti sul punto, come se la cosa non le toccasse e non
ne sentissero alcuna responsabilità e con loro gran parte delle
vecchie e nuove “renziane”. Sosterranno che pur di far passare
l’Italicum si possono anche sacrificare le “quote rosa”, senza
rendersi conto di difendere così quella azzurra e in ogni caso di
aver contribuito ad ulteriormente indebolire la credibilità del loro
partito, sempre più inaffidabile nella difesa dei propri principi,
quanto disposto a tutti i compromessi sulle richieste altrui (si veda
anche l’accettazione delle candidature multiple). Chi si è opposto
all’alternanza uomo-donna in lista non ha fatto altro che difendere
la quota maschile, che, nel caso di alcuni partiti (ad esempio la
Lega), può arrivare al cento per cento. Certo, ci sono molte altre
cose discutibili in questa nuova legge elettorale dal punto di vista
della democrazia e della rappresentanza. La democrazia non si risolve
con una presenza equilibrata di uomini e donne nelle liste
elettorali. Le donne come tali, inoltre, non sono necessariamente
meglio degli uomini come tali. Allargare il pool degli eleggibili,
tuttavia, potrebbe, chissà, persino far riflettere un po’ meglio
sulle caratteristiche necessarie, mettere in moto dinamiche
differenti, dentro e fuori i partiti e nella definizione delle
priorità nelle cose da fare. Diverse ricerche hanno mostrato che una
presenza
consistentedidonneneiconsiglidiamministrazionemiglioralaperformancedelle
aziende. Perché non dare questa chance anche alla gestione del
Paese?
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