Invece di accanirsi
a contestare una delirante “teoria del genere”, agitata come
spauracchio contro ogni cambiamento del rapporto uomo-donna che
cominci dall’educazione primaria, sarebbe molto più utile portare
l’attenzione sui testi che, proprio attraverso la scuola, hanno
protratto fino ad oggi la definizione di comportamenti, ruoli,
identità del maschio e della femmina.
Un esempio. Alle
donne è stato imposto di non esprimere i loro desideri, amorosi,
sessuali, nei confronti dell’uomo, ragione per cui non hanno avuto
altra possibilità che farli passare per vie indirette: la seduzione
–l’uso erotico del loro corpo-, le cure materne estese a uomini
adulti e perfettamente autonomi. Rendersi ‘desiderabili’ o
‘indispensabili’ è stato finora l’unico modo, non solo per
esercitare un potere sostitutivo di altri poteri negati, ma anche per
dare corso in qualche modo ai loro più inconfessabili sentimenti,
sogni, emozioni e bisogni.
C’è una ragione
che spieghi perché alle donne non sono stati tolti solo i poteri
economici, sociali, culturali e politici, ma anche quello di essere
“soggetto di desiderio”, a pari dell’uomo, messe cioè in
condizione di vivere rapporti di reciprocità anche sul piano
sentimentale, affettivo, sessuale?
La risposta,
semplice e chiara tanto da essere esposta senza alcuna remora in un
opera pedagogica, l’ha data il padre della democrazia moderna:
Jean-Jacques Rousseau.
Le donne hanno due
potenti “attrattive” –la seduzione e la maternità-, entrambe
già presenti in quel corpo che l’uomo incontra alla nascita, in
posizione di estrema dipendenza e inermità. Come tenerle a bada, se
non incanalandole da subito in funzione dei suoi bisogni, della sua
felicità, del suo piacere?
Ed ecco
l’indicazione pedagogica, che si legge nell’ Emilio di Rousseau,
e che ancora impronta l’educazione di genere, nonché il senso
comune:
“Dipendono quindi
dai nostri sentimenti, dal valore che attribuiamo ai loro meriti,
dall’importanza che diamo alle loro attrattive e alle loro virtù.
Proprio per legge della natura le donne, sia per se stesse che per i
loro figli, sono alla mercé del giudizio degli uomini: non basta che
siano degne di stima, bisogna che siano effettivamente stimate; non
basta che siano belle, bisogna che piacciano; non basta che siano
sagge, bisogna che siano riconosciute per tali; il loro onore non
risiede soltanto nella loro condotta, ma nella loro reputazione (…)
ciò che si pensa di lei non è meno importante di ciò che realmente
ella è.”
“La buona
complessione fisica dei figli dipende innanzi tutto da quella delle
madri; la prima educazione degli uomini dipende dalle cure che le
donne prodigano loro; dalle donne infine dipendono i loro costumi, le
loro passioni, i loro gusti, i loro piaceri, la loro stessa felicità.
Così tutta l’educazione delle donne deve essere in funzione degli
uomini. Piacere e rendersi utili a loro, farsene amare e onorare,
allevarli da piccoli, averne cura da grandi, consigliarli,
consolarli, rendere loro la vita piacevole e dolce; ecco i doveri
delle donne in ogni età della vita e questo si deve loro insegnare
fin dall’infanzia.”
“Perché fare
attenzione a quello che dice la loro bocca, se non è con essa che
devono parlare? Osservate piuttosto i loro occhi, il colore del loro
volto, il loro respiro, il loro aspetto spaurito, la loro debole
resistenza: è questo il linguaggio che la natura ha dato loro per
rispondervi. La bocca dice sempre di no, e deve dirlo; ma il tono con
cui lo dice non è sempre lo stesso, e questo tono non può mentire.
La donna non ha forse gli stessi bisogni dell’uomo, senza avere lo
stesso diritto di manifestarli? (…)
Non ha bisogno di
un’arte particolare, quella di far capire le sue intenzioni senza
scoprirle apertamente? E quanta scaltrezza le occorre, perché le
venga strappato ciò che tanto ardentemente brama concedere! Quanto è
importante che impari a far presa sul cuore dell’uomo senza avere
l’aria di pensare a lui!”
“…la sua
violenza risiede nelle sue attrattive ed è con queste che deve
costringerlo a trovare in sé la forza e ad usarla. Il modo più
sicuro per eccitare tale forza è di renderla necessaria offrendo
resistenza. Allora l’amor proprio si unisce al desiderio e l’uomo
trionfa della vittoria che la donna lo ha stimolato a riportare. Di
qui nascono l’attacco e la difesa, l’audacia di un sesso e la
timidezza dell’altro, infine la modestia e il pudore di cui la
natura ha armato il debole per asservire il forte.”
“L’uno deve
essere attivo e forte, l’altro passivo e debole; è necessario che
l’uno voglia e possa, è sufficiente che l’altro opponga poca
resistenza. Stabilito questo principio, ne consegue che la donna è
fatta soprattutto per piacere all’uomo. Se è vero che l’uomo
deve a sua volta piacerle, questa è una necessità meno immediata:
il suo merito è nella sua potenza; egli piace per il fatto stesso
che è forte. Non è questa le legge dell’amore, lo ammetto, ma è
quella della natura, anteriore all’amore stesso.”
Chi avesse dubbi che
è ancora questo il fondamento ideologico su cui si sono costruite e
a cui devono la loro durata le “figure di genere”, è sufficiente
che dia un’occhiata alle video interviste fatte nelle scuole
primarie da Alessandra Ghimenti –“Ma il cielo è sempre più
blu”.
Sulla precocità di
antichi pregiudizi sulla relazione tra i sessi, del resto, non manca
certo materiale di riflessione, dalla pubblicità, al cinema, ai
media, ecc.
Quanto tempo ancora
ci vorrà per riportare alla storia ciò che la visione maschile del
mondo ha attribuito alla natura e su cui ha costruito il più
duraturo dei domini?
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