La procuratrice dei minori Maggia: sono sempre più giovani e in balia del gruppo. Le cause del fenomeno: la noia e la ricerca di nuove emozioni alimentate dal sesso facile della Rete. Charmet: «Il branco non arretra». Gaia: «Io non riuscivo nemmeno a urlare»
Gaia non urlava, non riusciva a urlare. «Ero talmente bloccata che non mi usciva nemmeno la voce». Loro erano in tre, tutti ragazzi, tutti minorenni come lei. Dissero in coro quel che dicono spesso questi giovanissimi che di colpo, una sera, obbedendo alla legge del branco diventano violentatori: «Pensavamo che Gaia (nome di fantasia, ndr) ci stesse».
La difesa degli aggressori
L’episodio lo ricorda bene la procuratrice capo del Tribunale per i minorenni di Genova, Cristina Maggia, che da ventitrè anni si occupa di ragazzi violenti, bulli, molestatori e piccoli criminali in genere. «Si difendono più o meno tutti allo stesso modo: ma il nostro era uno scherzo, un gioco, non pensavamo che avesse paura...», racconta il magistrato ligure che è anche vicepresidente della Aimmf, l’associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia. Maggia deve confrontarsi oggi con l’ennesimo caso di violenza sessuale di gruppo: tre diciassettenni di Savona, fino a ieri insospettabili giocatori della stessa squadra di calcio, peraltro di buon livello, nazionale giovanile, che decidono di stuprare la fidanzata di uno dei tre girando pure un video. Sconvolta dal comportamento del suo ragazzo, la vittima, straniera diciottenne, ci ha pensato un paio di giorni e li ha denunciati. Scattano l’indagine, i sequestri e gli arresti per tutti e tre. «Rapporti sessuali consenzienti», si sono affrettati a precisare gli avvocati dei calciatori.
«Pugnalata dagli amici»
Così va a Savona, dove molti si stupiscono per questi giovani insospettabili. Storia analoga in un paesino del Salernitano, San Valentino Torio. Domenica scorsa cinque adolescenti, dai quindici ai diciassette anni, per dare una scossa alla serata noiosa, avvicinano una sedicenne, la portano in un garage e la violentano. «Pugnalata da chi credevo fosse mio amico facendomi lasciare un segno indelebile che non dimenticherò facilmente, anzi, penso che mai dimenticherò», si è sfogata lei su Facebook, dopo il fermo dei cinque. Anche qui, nessun segnale di disagio, non apparente. Tutti figli di famiglie normali, esattamente come i loro coetanei liguri. Cosa sta succedendo, dunque? «Vedo un abbassamento delle barriere etiche, del pudore e un innalzamento delle promiscuità sessuali. Alla base c’è molta solitudine e tristezza e famiglie impreparate ad affrontare il superpotere della banda che agisce con una sola testa e un arretra, non si identifica con la sofferenza della vittima», prova a spiegare Gustavo Pietropolli Charmet, psicoanalista autore di ricerche proprio sul fenomeno che «trasforma i cosiddetti bravi ragazzi in criminali».
«Loro ridevano e scherzavano»
Il ministero di Giustizia sforna cifre impressionanti: lo scorso anno il sistema aveva in carico 532 ragazzi condannati per stupro e 270 per stupro di gruppo. «Cosa fa la polizia rispetto al fenomeno? Abbiamo sviluppato una particolare specializzazione che ha come cardine l’ascolto del minore», ricorda Vittorio Rizzi, capo della direzione anticrimine. Ma i giudici dei Tribunali per minorenni continuano a raccogliere decine di testimonianze disperate. Come quella di Claudia (nome di fantasia), quattordicenne studentessa di Molfetta che venne violentata all’Anfiteatro all’aperto della cittadina pugliese. Sul palco, come in uno spettacolo. «Andrea mi bloccava da dietro, Ninni ha fatto il resto e mentre lo faceva rideva e scherzava. Poi è salito su un altro e poi un altro ancora...». Giovanissima lei, giovani loro. «Notiamo un abbassamento dell’età degli autori delle violenze che si accompagna all’accelerazione della vita sessuale dei ragazzi — precisa Maggia —. Ci sono dodicenni che hanno vite sessuali che dovrebbero avere i trentenni. Aiutati in questo da internet che rende tutto molto visibile, facile, precoce, senza che sia accompagnato da una sufficiente maturità affettiva». Impreparazione, branco, noia. «E mettiamoci pure l’egocentrismo e l’estremo narcisismo dell’età adolescenziale. Queste situazioni di violenza esasperata sono paragonabili agli atti di bullismo e di cyberbullismo: nelle teste dei bulli e dei violentatori la vittima non esiste come sentimento».
Condannati solo i più soli
Poi ci sono i casi limite, che in queste stagioni di crisi sociale ed economica si moltiplicano. Lo scorso anno a Saronno tre ragazzi tra i 15 e i 16 anni sono stati protagonisti di una giornata da Arancia meccanica, iniziata con la devastazione di un treno di linea e chiusa con il sequestro e le molestie sessuali di una coetanea che è riuscita a scappare. «Mi avrebbero lasciato andare solo se facevo sesso con loro», dirà poi in lacrime. Per i tre ragazzi, tutti studenti e senza particolari problemi, il giudice ha disposto un processo di recupero attraverso la messa alla prova. «Nel 95 per cento dei casi si tenta questa soluzione — spiega la procuratrice —. Le condanne le prendono in pochi. Le prende chi non ha famiglia, chi è senza aiuti. Non sono i più cattivi. Sono i più soli». Ma i giovani calciatori di Savona hanno altre storie. Belli, aitanti, agiati. «Lì c’è un vuoto diverso da colmare».
http://www.corriere.it/cronache/16_giugno_29/gaia-altre-minori-violentate-sesso-branco-6d42211a-3d6d-11e6-922f-98d199acd386.shtml?intcmp=exit_page
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