Stupisce lo stupore della ministra Lorenzin che, dopo la sollevazione femminile contro la campagna "fate figli e fateli presto", ha promesso di modificare gli spot. Lasciando immutata la data del 22 settembre come Fertility day, a cui il ministero starebbe lavorando da oltre due anni. Ma gli spot non nascono dal nulla; sono lo specchio di ragionamenti che parlano di fertilità e ignorano la precarietà e per giunta celebrano l'equilibrismo coatto fra mille impegni come fosse una virtù. Poi una beffarda coincidenza ha voluto che Khamenei negli stessi giorni mandasse analoghi messaggi ai giovani iraniani che, pure loro, non fanno figli o li fanno tardi con la "scusa" dell'economia in crisi e del caro-famiglia.
GiULiA in linea di massima non fa "appelli", piuttosto denuncia o condivide delle campagne stampa. Questo non significa che non siamo vicine alle associazioni che in questo momento stanno chiedendo alla ministra di eliminare le connotazioni ideologiche dai messaggi.
Nei giorni scorsi la collega Silvia Garambois ha scritto un intervento su Radioarticolo1 che va oltre la campagna di comunicazione. Scrive Garambois:
Perché il "Piano" ha questo scopo, dichiarato: celebrare una "rivoluzione culturale" (è scritto proprio così sul sito del Ministero, non è uno scherzo) con l'informazione e la formazione sulla fertilità.
Inoltre, è stato lanciato un appello firmato fra l'altro da Snoq, Telefono rosa, Noiretedonne, singole studiose, che chiede ". in via d'urgenza al Governo la revoca della "Giornata per l'informazione e formazione sulla fertilità umana" del 22 settembre e il riesame del "Piano Nazionale per la Fertilità"sulla base di un ampia discussione con la società civile, per valorizzare alcuni aspetti positivi sul piano sanitario ed eliminare tutti quelli ideologici legati al calo della natalità. Un tema fondamentale e delicato come quello della salute riproduttiva è trattato in modo inadeguato,
allarmistico, offensivo della dignità della persona. . Svelando una concezione del ruolo delle donne da cui traspare l'ideale materno come subordinato al benessere sociale e non come progetto di libertà personale e di amore. I diritti sessuali e riproduttivi e l'autodeterminazione sono principi fondamentali della persona, garantiti dal diritto internazionale e costituzionale. Per rispettare questi diritti occorrono politiche efficaci che rimuovano gli ostacoli al suo esercizio, non discorsi ideologici sui doveri riproduttivi delle donne".
Infine, visto che è il nostro lavoro, ricordiamo la nostra ricerca su maternità e giornalismo.
http://giulia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=91477&typeb=0
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