Perché il fatto che il potere sia ancora saldamente in mani maschili è diventato inaccettabile ed è disgustoso che alcuni maschi (non tutti) ancora se ne servano per rimorchiare. Persino in tempi di #MeToo
Un centinaio d’anni fa, ero da poco felicemente ventenne, fui presa a “fare la tremesista” presso il settimanale Panorama. I tremesisti erano quelli che poi sono stati battezzati stagisti e sono diventati famosi grazie a Monica Lewinsky (stagista presso la Casa Bianca, con il compito di intrattenere il presidente Clinton, sotto la scrivania). Dunque, a fare quella bella esperienza, pagata 80.000 lire al mese e utilissima alla mia formazione di giornalista, mi invitò Guido P., redattore del magazine, che era stato inviato a intervistarmi, in quanto fondatrice e direttrice di un giornalino un po’ underground, denunciato per pornografia da una preside bacchettona, a causa di una inchiesta sul rapporto degli studenti con il sesso, completa di distribuzione di un questionario ritenuto troppo esplicito. Me lo ricordo perfettamente, Guido P: leggeva gli articoli e mi chiedeva chi li aveva scritti, risultavo quasi sempre io e siccome la scrittura era ottima mi ritrovai, in fine mattinata, seduta davanti alla scrivania del direttore di Panorama, Lamberto Sechi. Sechi mi trovò brava e così incominciò la mia carriera. Presto e bene.
Mi sono chiesta, nel corso dei cent’anni seguenti: se non avessi trovato simpatico Guido P., se lui non mi avesse trovata divertente, se non fossimo diventati subito amici, avrei avuto lo stesso quella bella occasione di essere assunta e valorizzata, io, una sconosciuta ragazzina che viveva in una comune sgangherata con sei pazzerelli della sinistra extraparlamentare? Chi può dirlo? A Panorama ero la più giovane, dovevo imparare tutto, imparavo da tutti. Mi piace chi ne sa più di me ancora adesso (nei cinque anni in cui, ormai sessantenne, ho fatto l’assessore alla cultura della Regione Lazio ero ancora così: chiedevo «insegnami» anche all’ultimo dormiente impiegato statale alle mie dipendenze), all’epoca il desiderio divorante di imparare si coniugava con la pelle fresca dei 20 anni. Ero carina. Facevo la carina? Certo che facevo la carina, ma non era un calcolo, era un impulso irrefrenabile: provavo una sincera attrazione verso tutti quelli che avevano qualcosa da insegnarmi. Gli oggetti della mia passione di apprendista erano lusingati, tiravano fuori il Pigmalione che sonnecchia in ogni maschio adulto e mi valorizzavano.
Adesso la faccenda si è complicata: si sa che le ragazze sono più brillanti dei loro pari maschi, i quali spesso reagiscono ostacolandole. Chi avrebbe la possibilità di insegnare (che è sempre una pratica nobile) usa la debolezza delle principianti per ricattarle. Quarant’anni di femminismo ci hanno rese orgogliose e minacciose. Il #MeToo ha paralizzato ogni corteggiamento aziendale, giustamente. Perché, dopo quarant’anni di femminismo, il fatto che il potere sia ancora saldamente in mani maschili è diventato inaccettabile ed è disgustoso che alcuni maschi (non tutti) ancora se ne servano per rimorchiare. Fare la carina con chi potrebbe favorire la tua carriera non è più pratica innocente, ma rischio e umiliazione. Non ci resta che prendere il potere, prenderlo noi, e imparare a farne buon uso.
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