Le violenze verso le donne e le bambine in India ci sono da sempre. Il National Crime Records Bureau (NCRB) stima che ogni 22 minuti una donna subisce violenza, su una popolazione femminile complessiva di oltre un miliardo e 200mila persone. La differenza è che ora se ne parla e che lo fanno anche gli uomini.
Un’amica mi chiama al telefono: “Non se ne può più, ma perché si sentono così spesso queste notizie di violenza in India? Cosa hai da dire? Cosa ti hanno detto le donne, visto che sei tornata da poco dalla visita dei progetti di Fondazione Pangea a Calcutta?”.
Da queste domande nasce la necessità di scrivere, di nuovo, in merito alla questione della violenza sulle donne e sulle bambine in India, che negli ultimi due anni viene spesso riportata anche nella cronaca dei media internazionali.
È proprio di questi giorni la notizia di una giovane novizia di 17 anni violentata da un gruppo di uomini, nella città di Bangalore. Sempre nella stessa città, in una scuola esclusiva, una bambina di sei anni è stata violentata da una guardia di sicurezza e da un insegnante di ginnastica.
I genitori lo hanno scoperto perché la figlia lamentava dolori allo stomaco e per questo è stata portata in ospedale. Due uomini sono attualmente indagati.
Fuori dalla scuola si sono scatenate le proteste: centinaia di genitori hanno abbattuto le porte, gridando slogan di indignazione. Il preside della scuola, ha affrontato i familiari degli alunni in una riunione, offrendo "sincere scuse" e promettendo “piena collaborazione” con la polizia nelle indagini.
Contemporaneamente, una ragazza è stata violentata e poi assassinata in una scuola media statale nello Stato settentrionale dell’Uttar Pradesh. La polizia ha trovato il suo corpo fatto a pezzi fuori dai locali dell’istituto. Secondo l’indagine preliminare, questo sarebbe un caso di stupro di gruppo.
La scorsa settimana, una ragazza di 14 anni è stata trascinata in un bosco e violentata per ordine dei capi del consiglio del villaggio, nel remoto Stato del Jarkhand, nell’India orientale, come gesto di rappresaglia per un assalto sessuale attribuito al fratello della giovane.
Nel mese di giugno sono passate sotto gli occhi di tutto il mondo le immagini delle due sorelle di 12 e 14 anni appartenenti a una casta bassa, fermate mentre andavano verso i servizi igienici, violentate e impiccate su un albero di mango da un gruppo di uomini nell’Uttar Pradesh.
La lista delle violenze efferate potrebbe continuare. Le violenze verso le donne e le bambine in India ci sono da sempre. Il National Crime Records Bureau (NCRB) stima che ogni 22 minuti una donna subisce violenza, su una popolazione femminile complessiva di oltre un miliardo e 200mila persone. Le associazioni incontrate in India mi dicono che la realtà è anche peggiore, ma questo dato rende già l’idea dello stato di impunità che imperversa nel Paese rispetto a questo fenomeno.
L’unica grande novità è che finalmente se ne parla, ma ci sono forti critiche sul linguaggio che viene utilizzato, specialmente dai media. Inoltre alcune prese di posizione di governi esteri, generate dall’eco internazionale suscitato dai recenti fatti di cronaca, sono spesso giudicate inadeguate da quante lavorano sul problema da molti anni.
“ Ho letto un tweet in cui si dice che gli USA aiuteranno l’India a prevenire la violenza, ti rendi conto? Come se a casa loro non accadesse.” ci dice un’attivista. “ Sai cosa si è ottenuto dopo il femminicidio delle due sorelline nell’Uttar Pradesh? Il governo indiano si è impegnato a fornire servizi igienici ed energia elettrica in ogni casa che ne è sprovvista, investimenti economici. Hanno detto: L’India non deve tollerare l’umiliazione di case senza servizi igienici.”
Non si parla di diritti e nemmeno di indipendenza delle donne. Nel frattempo, aumentano le restrizioni, dall’abbigliamento alla libertà di movimento, e cresce la preoccupazione dei genitori per le proprie figlie, anche solo per andare a scuola.
La percezione che le donne hanno negli ultimi tempi è che nessun luogo è sicuro, neanche la famiglia.
Le realtà associative e le attiviste continuano quotidianamente il proprio lavoro a sostegno di donne, bambine, intere famiglie che si rivolgono loro per chiedere come denunciare, proteggere, curare.
Mi raccontano che le vittime di stupro e violenza in India spesso ricevono minacce e forti intimidazioni da parte degli assalitori, dalle loro comunità e famiglie di appartenenza.
È la stessa polizia che spesso scoraggia le vittime dal denunciare.
Tutte desidererebbero una forte dichiarazione di condanna di questi atti da parte di Modi (il nuovo Primo Ministro indiano) che ancora non è arrivata – o non così incisiva come si vorrebbe - per poter avere maggiore autorevolezza nel pretendere il rispetto dei propri diritti davanti alla polizia, negli ospedali e per affrontare la vergogna che accompagna le vittime nei contesti comunitari.
È un momento di grande trasformazione in India e sicuramente la problematica diffusa della violenza è un argomento che volenti o nolenti va affrontato. Le donne negli anni hanno dato esempio di resilienza, di capacità e di forza, non si può continuare a considerare questo fenomeno solo una questione relativa alla sicurezza personale.
Il processo di cambiamento profondo che si è avviato, sta mettendo in discussione la maniera di relazionarsi tra i generi e vuole modificare le radici profonde della discriminazione che ancora oggi avvalla la “cultura dello stupro” a ogni livello, dai politici ai mendicanti.
Questo percorso è tinto del sangue delle donne, e gli uomini ne sono profondamente coinvolti. Molti sono scesi in piazza e questo è un primo segnale di trasformazione, ma c’è ancora una lunga strada da percorrere insieme. Forse non si devono aspettare risposte dal vertice della politica, ma vanno costruite dal basso e chi meglio della popolazione in India potrebbe farlo?
A Calcutta Pangea sta sviluppando un programma che prevede tra le diverse attività un percorso di consapevolezza alla violenza sulle donne e sulle bambine disabili. Le attività svolte mirano a sviluppare nelle beneficiarie la fiducia in se stesse e le informano su come e cosa fare per affrontare la violenza, per dare risposte concrete e arginare lo stigma della disabilità e della discriminazione di genere. Piccoli grandi esempi di un Paese che cambia.
Simona Lanzoni
Vice Presidente di Fondazione Pangea Onlus
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