martedì 22 luglio 2014

"Smettiamo questa guerra assurda". Parla una ex soldatessa israeliana in servizio a Gaza e Israele. Nurit Peled: "Boicottate questo Stato di apartheid"

"Smettiamo questa guerra assurda". Parla una ex soldatessa israeliana in servizio a Gaza  
La testimonianza shock di Yael Lotan, ex militare e militante di "Breaking the silence", associazione di reduci dell'esercito impegnati a diffondere consapevolezza su quanto avviene nella Striscia. E promuovere il dialogo. Tutte le organizzazioni umanitarie impegnate a Gaza i Valentina Ravizza -
 

Yale Lotan, 30 anni, ex soldatessa israelianaYale Lotan, 30 anni, ex soldatessa israeliana
«Avevo 18 anni, ero solo una ragazzina. Mi dicevano di seguire gli ordini. Solo più tardi ho capito quanto fosse folle quello che stavamo facendo a Gaza». Yael Lotan, 30 anni, è una “testimone” di Breaking the Silence, associazione israeliana di ex soldati e veterani impegnati a diffondere consapevolezza su quanto avviene realmente in Palestina. «Nella Striscia vivono più di un milione e mezzo di persone. Ma per Israele sono invisibili. Nessuno capisce davvero cosa significhi vivere lì».
Dopo il corso di addestramento, nel 2002, Yael è stata spedita a svolgere il servizio militare (obbligatorio per tutti i cittadini, uomini e donne, e della durata di tre anni) tra Beit Lahiya e Beit Hanoun, nel Nord-Est della Striscia, vicino al valico di Erez, l’unico accesso israeliano al territorio (il varco di Karni è utilizzato solo per il transito delle merci). «I più bravi venivano mandati nelle zone calde. Quando mi hanno detto che sarei dovuta andare a Gaza ho risposto che piuttosto che stare sul campo a difendere i coloni mi sarei lasciata arrestare. Per me la Striscia era una località di vacanza, ci andavo da piccola con i miei genitori perché lì ci sono alcune delle più belle spiagge del Paese. E all’improvviso è diventato il nemico».
Così a Yael è stato assegnato il compito di “osservatore”: pattugliare la barriera di filo spinato elettrificato che trasforma la Striscia in una prigione, utilizzando sofisticati visori per tenere sotto controllo l’area. «Sembrava di essere dentro un videogame. Come se non fosse reale. Invece lo era. Stavamo spiando quelle persone». Erano sospetti terroristi? «No, io a Gaza non ho mai visto membri di Hamas. Ho visto invece persone molto povere, che cercavano di sopravvivere in città più simili a slum. Ricordo le donne anziane che tutte le mattine uscivano di casa alle sei per andare a dar da mangiare alle galline nel cortile. Conoscevo le loro vite. Conoscevo il colore dei loro occhi. Ma in realtà non ho mai nemmeno parla"Smettiamo questa guerra assurda". Parla una ex soldatessa israeliana in servizio a Gazato con loro».
L’unico momento in cui i soldati entrano in contatto con i palestinesi è quando questi si avvicinano troppo al confine, a volte per caso, semplicemente pascolando le capre, altre per tentare di entrare in Israele a cercare un lavoro, o soltanto qualcosa da mangiare. «In un anno e mezzo di servizio ho visto provarci migliaia di persone. Quelli che vengono catturati sono soprattutto bambini di 12-13 anni, padri di famiglia, anziani. Quando li prendono, i soldati li legano e bendano, solo dopo diverse ore, che questi prigionieri passano inginocchiati sul pavimento, vengono rispediti indietro. Questo nel migliore dei casi, nel peggiore si spara direttamente. Per spaventare o per colpire, non importa: per l’esercito questa gente non conta niente. Gli ufficiali ne stanno lì come se fossero in vacanza, scherzano, ascoltano la radio e al minimo problema premono il grilletto o lanciano granate senza pensarci troppo».
Non ci sono mai state ribellioni agli ordini? «Ricordo un giorno di aver portato un bicchiere d’acqua a un prigioniero, un signore sulla sessantina: il comandante mi ha sgridata urlando “Cosa fai? Sei stupida?”. Ho avuto molta paura. Una volta che i soldati hanno preso qualcuno non c’è più nulla da fare per lui. Al massimo potevo cercare di chiudere un occhio e non allertare la base se non era strettamente necessario. Al fronte si radicalizzano le idee politiche: io sono cresciuta in una famiglia di sinistra e quell’esperienza mi ha fatto capire ancora di più che Israele sta sbagliando. Ma altri miei compagni sono diventati ancora più nazionalisti».
Tra il 2003 e il 2014 Gaza ha visto l’evacuazione dei coloni e lo smantellamento delle colonie, il governo di al-Fatah e la vittoria elettorale di Hamas, l’embargo, l’operazione Inverno caldo (quando Israele invase la Striscia via terra) e l’operazione Piombo fuso (con bombardamenti aerei mirati contro le postazioni di lancio dei razzi). E ora la crisi seguita al ritrovamento di tre ragazzi israeliani uccisi in Cisgiordania. «Ma a parte il fatto che non ci sono più i coloni, a Gaza non è cambiato nulla in questi 11 anni. È una zona assediata. Per i palestinesi noi siamo i conquistatori, e come dar loro torto? Se il governo decide di togliere l’elettricità o di non far passare il cibo, lo fa e nessuno può dire niente. Hamas ci colpisce e noi rispondiamo, Netanyahu attacca e loro lanciano i razzi: è un circolo vizioso che deve finire. Io lì ho visto solo civili. Civili che soffrono. Basta con questa follia».



Israele. Nurit Peled: "Boicottate questo Stato di apartheid"


L’israeliana Nurit Peled, premio Sakharov del Parlamento Europeo, scrive una lettera aperta agli attivisti: “Non possiamo fermare da soli il bagno di sangue: boicottate Israele e mettetelo al bando dalla Comunità internazionale”.

Cari amici e militanti per la pace, vi scrivo dall’entrata dell’inferno. Genocidio a Gaza, massacri in Cisgiordania e paura dei razzi in Israele. Tre coloni israeliani rapiti ed uccisi, mentre la polizia, che è stata avvertita sul momento, non ha fatto niente per impedirlo.
La loro morte è stata usata come pretesto per portare avanti l’attacco già pianificato alla Cisgiordania e a Gaza.
Un ragazzo palestinese di Gerusalemme è stato rapito e bruciato vivo, e la polizia, avvertita immediatamente, non ha fatto niente niente. Più di 200 vittime dei raid su Gaza. Intere famiglie assassinate da piloti israeliani e come risultato lancio di razzi su Israele.
Pericoloso e violento razzismo contro cittadini arabo-israeliani, incoraggiato entusiasticamente da ministri e membri del Parlamento israeliano, che porta a disordini nelle strade, fomenta aggressività e forte discriminazione contro i palestinesi, insieme al risorgere della violenza contro attivisti pacifisti israeliani.
Nonostante accordi, risoluzioni internazionali e promesse israeliane, gli insediamenti si stanno espandendo, mentre le abitazioni palestinesi a Gerusalemme Est e in Cisgiordania continuano ad essere distrutte.
L’acqua scorre senza alcuna limitazione nelle piscine degli insediamenti, mentre i bambini palestinesi soffrono la sete ed interi villaggi e città vivono sotto un crudele razionamento dell’acqua, come ha recentemente sottolineato il presidente del Parlamento Europeo Schultz.
Strade per soli ebrei ed un numero infinito di checkpoint rendono impossibile la vita e gli spostamenti dei palestinesi. Il carattere non democratico dello Stato di Israele lo sta sempre più trasformando in un pericoloso Stato di apartheid.
Tutte queste atrocità sono frutto di un’unica mente diabolica e criminale: la mente dei razzisti, crudeli occupanti della Palestina. La responsabilità per tutti questi crimini contro l’umanità dovrebbe essere attribuita ai dominatori israeliani che hanno le mani sporche di sangue.
Politici e generali israeliani, soldati e piloti, delinquenti di strada e membri della Knesset sono tutti colpevoli dello spargimento di sangue e dovrebbero essere processati dalla Corte Penale Internazionale.
A tutt’oggi la Comunità internazionale non ha fatto abbastanza per porre fine al regime di occupazione israeliana. Di conseguenza Israele non paga alcun prezzo per le sue gravi violazioni della legislazione internazionale e dei valori umani.
Al contrario l’Europa paga anche per molti dei danni umanitari dell’occupazione, rendendo persino più facile ad Israele mantenerla.
Benché siano state pubblicate Linee guida che proibiscono ad istituzioni dell’Unione Europea di investire o finanziare organizzazioni che fanno ricerca e attività negli insediamenti, e nonostante 20 paesi europei abbiano diffidato formalmente i propri cittadini ed imprese dal fare commercio e avere rapporti finanziari con gli insediamenti, ciò non basta.
Questi provvedimenti non mettono seriamente in discussione la politica di Israele nella Palestina occupata.
L’Europa potrebbe fare di molto meglio, come ha dimostrato recentemente nella sua dura risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia. Nel giro di poche settimane - non anni – l’Unione Europea ha imposto sanzioni mirate nei confronti di funzionari russi ed ucraini e di imprese di affari operanti in Crimea. L’Unione Europea è andata anche oltre ed ha esteso le sanzioni mettendo al bando l’importazione di merci della Crimea.
Noi cittadini di Israele e popolazione senza Stato della Palestina, non possiamo da soli ottenere la fine dell’occupazione o fermare da soli il bagno di sangue.
Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutta la Comunità internazionale e della Comunità Europea in particolare.
Abbiamo bisogno che voi mettiate sotto accusa il governo e l’esercito israeliani, abbiamo bisogno che boicottiate l’economia e la cultura israeliana, abbiamo bisogno che facciate pressione sul vostro governo perché cessi di trarre profitto dall’occupazione.
E abbiamo bisogno che facciate un appello perché ad Israele sia imposto un embargo sulle armi e sia tolto l’assedio a Gaza.
Israele è la più grande e pericolosa organizzazione terroristica esistente al giorno d’oggi. Tutte le sue munizioni vengono usate per uccidere civili innocenti, donne e bambini. Questo non è niente di meno di un genocidio.
Come persona insignita del premio Sakharov del Parlamento Europeo per i Diritti Umani e in qualità di madre ed essere umano, io faccio appello all’Unione Europea affinché usi tutti i mezzi diplomatici ed economici a sua disposizione per aiutare a salvare il mio paese da questo abisso di morte e disperazione in cui viviamo.
Vi prego di mettere al bando Israele dalla comunità internazionale fino a quando non diventerà un vero Stato democratico.
Boicottate e sanzionate chiunque faccia affari con questo Stato di apartheid e aiutateci a liberarci di questo governo razzista e assettato di sangue, perché sia restituita la vita sia ai palestinesi che agli ebrei israeliani.

Nurit Peled El Hanan


*Nurit Peled-El Hanan insegna all'università di Gerusalemme, ha scritto diversi libri ed ha studiato i testi utilizzati nelle scuole israeliane svelandone il razzismo. E’ stata tra le fondatrici del Parent's Circle, associazione di palestinesi e israeliani che hanno subito perdite nelle proprie famiglie. Ha perso sua figlia di 13 anni in un attentato kamikaze compiuto a Gerusalemme: per la sua morte, Nurit ha accusato il governo israeliano. Attiva da sempre nei movimenti contro l'occupazione e la colonizzazione, è stata tra le promotrici del Tribunale Russell sulla Palestina. E’ stata insignita del premio Sakharov per i Diritti dell’Uomo del Parlamento Europeo insieme allo scrittore palestinese Izzat Gazzawi. Ha scritto questa lettera aperta agli attivisti italiani rispondendo ad un appello di Luisa Morgantini. La traduzione dall’inglese è a cura di AssoPace Palestina.

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