BUONGIORNO!
Quando entro in un
ascensore e dico Buongiorno! ad alta voce, mi pare di scuotere
qualcuno dal torpore.
Stamane sono andata dal
medico e anche lì la stessa storia di sempre. Sento aprirsi la
porta, alzo lo sguardo verso l’entrata e aspetto. Aspetto un
Buongiorno che non arriva, che rimane forse rinchiuso tra i pensieri,
sovrastato da altre urgenze: E’ già arrivato il dottore?, Chi è
l’ultimo?.
Allora lo dico io
Buongiorno! suscitando stupore.
Mi accorgo che la
persona in questione cerca di ricordare se ci siamo già visti,
perché altrimenti non si spiega la mia attenzione. Risponde al mio
saluto, ma saluta me, non gli altri.
Che cosa c’è mi
chiedo, dietro quei Buongiorno che non arrivano, che soravvivono
soltanto tra i sentieri di montagna, dove incrociare qualcuno
significa ancora Incontrarsi.
Che cosa impedisce di
salutare gli sguardi –e in ascensore soprattutto i corpi – a cui
ci si avvicina?
Distrazione? Solitudine
forse? E se è solitudine è inflitta o subita? Non mi importa degli
altri o credo che agli altri non importi di me?
Forse è la mia
presunzione che mi porta al saluto? Propongo accoglienza o cerco
attenzione?
Se una persona esce
dall’ascensore prima di me e non saluta significa che io e gli
altri accanto a noi, per quella manciata di secondi, non siamo mai
esistiti.
A me piacciono gli
altri. Se entro in un luogo non mi sento tra estranei, ma tra persone
che non conosco.
L’estraneità
allontana, la non conoscenza incuriosisce.
Anche se in quello
studio medico il mio sguardo ritorna sul libro che ho tra le mani, in
quel saluto ho detto “Entra, sei il benvenuto, sei la benvenuta”.
Non è necessario altro per riconoscersi.
Se uscendo
dall’ascensore dico ”Arrivederci” significa Buone cose, niente
di che. Lo stesso in treno, in aereo.
Non posso non salutare
una persona che mi è stata a fianco per un paio d’ore. Non è
questione di educazione, ma di condivisione. Di aria, di spazi.
Conoscersi o non
conoscersi che differenza fa?
Che bisogno c’è di
confidenza per riconoscere l’altro?
Due anni fa dovevo
andare ad un incontro alla Casa della Cultura a Milano, ed ero in
anticipo di qualche minuto. Se hai del tempo e sei in Piazza San
Babila, o vai da Zara o da H&M.
Io sono entrata da H&M.
Che cosa comperi al volo? Calzini colorati, of corse. Mentre stavo lì
con i miei calzini in mano mi sono accorta che la commessa tardava a
venire alla cassa per consolare una collega che piangeva, china a
terra e rivolta verso lo scaffale a sistemare delle maglie – era un
lui con la coda di cavallo ma lo avrei scoperto dopo-.
- Ti sostituisco, vai
di là – le diceva.
Ma lei/lui si asciugava
le lacrime, diceva ”Ora mi passa”, e continuava a piegare le
maglie.
Poi ho pagato e me ne
sono andata. All’uscita ho incontrato un venditore di rose, di
quelli che solitamente cerchi di schivare per non dover spiegare
perché non lo vuoi un fiore a tre euro, che in borsa si sciupa
eccetera eccetera.
Ho chiesto lo sconto e
ho comprato una rosa. Sono tornata nel negozio. Ho detto ”Scusa”
e la coda di cavallo si è girata così ho visto che era un ragazzo.
Gli ho dato la rosa, dicendogli una frase rassicurante, mi sono presa
il suo sorriso e sono andata.
Faceva caldo, era
maggio credo.
Di fianco alla Casa
della Cultura c’è un bar. Sono entrata e ho ordinato una Swepps,
l’ho bevuta d’un fiato e sono andata alla cassa. Una Swepps, ho
detto. Allora la cassiera ha fatto un gesto con la mano e ha detto
Vai!. Essendo il locale affollato per l’aperitivo ho pensato mi
avesse scambiato per una tizia di qualche gruppo e ho ripetuto Devo
pagare una Swepps.
Ma lei ha ripetuto il
gesto con la mano annuendo come per dire ”Lo so”, proprio con
l’aria di una che ti vuole fare una gentilezza.
Non ero mai entrata
prima in quel bar, non avevo mai visto quella donna, non mi era mai
capitata una cosa così.
Ma come il ragazzo con
la coda di cavallo ho sorriso, ho detto grazie, e tutto è finito lì.
O forse no.
Forse la gentilezza è
contagiosa.
Forse ogni cosa che
doniamo, un pensiero, un’attenzione, anche soltanto un Buongiorno
in ascensore, è qualcosa che ci torna.
Che ci fa bene.
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