lunedì 10 febbraio 2014

Storie di ordinario sessismo di Lea Melandri


La campagna antiabortista, che attraversa periodicamente l’Occidente, e gli insulti di carattere erotico rivolti alle donne, che oggi entrano vistosamente anche nelle aule parlamentari, dicono quello che già sappiamo del sessismo: nel corpo della donna gli uomini da secoli hanno visto l’”oggettivazione” e l’ “incorporazione” della sessualità maschile, la loro colpa diventata “carne”. L’attitudine alla prostituzione e la maternità farebbero entrambe parte della costituzione organica della donna fin dalla nascita, tanto da potersi soprapporre e confondere. (Otto Weininger)
Come spiegare altrimenti l’insulto che nelle sale operatorie – non penso solo in quelle della provincia contadina in cui sono nata – veniva rivolto alle partorienti quando si lamentavano del dolore: «Hai goduto, adesso paghi»? Non è forse questo anche il retro pensiero degli antiabortisti, che vorrebbero costringere una donna a tenere un figlio che non desidera? L’ossessione per molti uomini o quanto meno per la cultura che abbiamo ereditato resta, nonostante se ne faccia oggi ampio consumo, la sessualità proiettata sul corpo femminile, una pulsione che sembra quindi cadere su di loro da fuori, frutto di “seduzione” o trascinamento, e di cui stentano perciò ad assumersi la responsabilità.
Le maternità, desiderate o indesiderate, rimandano al rapporto tra i sessi, all’amore e alle prove di potere o all’esercizio della violenza che l’attraversano. È la sessualità maschile, penetrativa e generativa, che può causare gravidanze, e sappiamo quante volte questo avvenga senza il consenso e spesso senza piacere da parte delle donna. Eppure è quasi esclusivamente su di lei che sono stati sperimentati gli anticoncezionali, di cui conosciamo la nocività per la salute, è a lei che si chiede di “stare attenta”, di “non mettersi nei guai”, di “non provocare”.
La consapevolezza, che sta finalmente affiorando, della matrice sessista presente in modo più o meno esplicito negli insulti rivolti alle donne incontra il suo maggiore ostacolo nella resistenza maschile a volgere lo sguardo su di sé. La solidarietà con la vittima e la presa di distanza dall’aggressore, soprattutto se avversario politico – come si è visto anche nel caso di Laura Boldrini e delle parlamentari del Pd – sono in sé apprezzabili, ma allontanano ancora una volta la questione di fondo: la politicità di un rapporto di potere, come quello tra uomo e donna, che passa attraverso i corpi e la sessualità, la divisione e la gerarchizzazione dei ruoli basata su attribuzioni arbitrarie di valore e disvalore al sesso di appartenenza.
Dai bar sport, dalle piazze, dagli interni di famiglia alle aule parlamentari, quelle che oggi erompono come “rimosso” di un patriarcato in declino sono storie di ordinaria violenza sessista. La libertà delle donne di decidere sulla propria vita, il loro ingresso nei luoghi di potere tradizionalmente maschili, non poteva passare senza scuotere certezze, privilegi, prerogative di dominio ritenute “naturali” e immodificabili, nell’ambito domestico come nelle istituzioni e nei linguaggi della sfera pubblica.
Vedere e stigmatizzare gli insulti sessisti di Grillo e di alcuni suoi seguaci solo come un attacco alla democrazia attraverso le sue più alte cariche istituzionali, vuol dire chiudere gli occhi sulla cultura e sulla storia che li ha legittimati per secoli, diventando “senso comune”. Parlare di volgarità maschile, dignità offesa delle donne, demagogia, derive verso un populismo totalitario, significa ancora una volta mettere a tacere la consapevolezza che la crisi della politica è anche crisi di un modello di civiltà nato sull’esclusione di uno dei due sessi e sulla cancellazione dei bisogni essenziali dell’umano con cui è stato identificato.
n voglio negare che vivere in paesi come la Norvegia, la Svezia o il Canada, dove l’emancipazione ha portato parità di genere, equa distribuzione delle responsabilità famigliari e comportamenti “politicamente corretti”, sia desiderabile per chi, come noi, respira il maschilismo in ogni angolo, privato e pubblico. Ma dovrebbe far riflettere il fatto che neppure l’alto grado di democraticità raggiunto in quella parte dell’Occidente sembra aver sconfitto la violenza domestica. L’amore e l’odio, che purtroppo si intrecciano fino a confondersi nella relazione tra uomini e donne, ha radici profonde ancora in parte inconsce, difficili da estirpare finché non sono nominate e riconosciute nella loro estensione e negli effetti distruttivi che producono sulla convivenza umana in generale.

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