È sempre colpa nostra.
Davvero incredibile il masochismo femminile. Un maschietto di
quart'ordine lancia un insulto becero ad un gruppo di donne che
lavorano nel complicato mondo della politica e sotto accusa, con un
abracadabra dell'inconscio collettivo, finiscono le femministe di "Se
non ora quando", ree di aver costruito una gigantesca
manifestazione contro un altro maschietto ineducabile che, incurante
delle responsabilità della sua alta carica, collezionava favorite
come un sultano, impegnava il suo tempo in orgette e barzellette,
sdoganando pericolosamente quella bassa meccanica mentale del
maschio-massa secondo cui le donne sono "tutte puttane meno mia
sorella", e quindi vincono quelle che la danno via facile, zitte
"bone" e disponibili e più giovani sono meglio è, perciò
minorenni è il massimo.
Complimenti, c'è di
che essere fiere di noi. Il deputato Massimo De Rosa dice a un gruppo
di sue colleghe che hanno conquistato la prestigiosa carica in virtù
di una loro felice propensione ad eccellere nel sesso orale, e la
colpa è della Guzzanti che ha detto alla Carfagna eccetera eccetera
eccetera.
Nemmeno mia madre, una
vera regina dell'autolesionismo, riusciva a farsi del male con questa
abilità sopraffina. E dire che le donne della sua generazione con
l'autosvalutazione ci andavano a nozze.
Proviamo, noi che siamo
venute dopo, a razionalizzare. E partiamo, rispettosamente, da Mara
Carfagna.
La sua sfolgorante
bellezza le ha certamente aperto le porte del cuore dell'allora
Presidente del Consiglio. Lui ne ha fatto talmente poco mistero che
la sua signora dell'epoca, Veronica, si è pure scocciata su La
Repubblica, con un seguito micidiale di ampio e circostanziato
dibattito. La bella ministra, poi, si è tagliata i capelli, si è
comprata un stock di tailleur e si è messa a lavorare. Tutto è bene
quel che finisce bene.
Resta il fatto che
bellezza compiacenza e accettazione del ruolo (di funzione del
desiderio maschile) ancora, purtroppo, sono elementi tristemente
determinanti nella promozione sociale femminile.
Se una donna è giovane
e bella (e di belle ce n'è sempre di più), anche se ha tre lauree e
un talento strepitoso, anche se studia e si impegna e fatica come un
mulo, viene comunque sfiorata, almeno una volta, dalla battuta: "e
con chi è andata letto questa per arrivare dove è arrivata?".
Automatismi del maschio
meno progredito (e ce n'è ancora parecchi). Subcultura desolante.
D'accordo. Ma è così. E lo sappiamo tutti.
Perciò chi è giovane
e brutta, o non più giovane e così così, rischia di restare al
palo. Non parte. Non partecipa alla gara. O partecipa con un
handicap. Chi, al contrario, è in possesso dei requisiti giusti per
concorrere al ruolo di pupa del capo, anche se è un genio, viene
inchiodata alla croce della sue misure... Parliamo delle bambole.
Fino alla metà del secolo scorso erano bebè, le bambine le
cullavano, le sgridavano, le imboccavano e il modello era essere
mamme.
Nel 1959 nasce Barbie.
Ha uno stacco di coscia da soubrette, i capelli lunghi e biondi, le
tettine, gli occhioni, il bikini. La bambine la vestono la svestono
la pettinano. Poi comprano la casa il pony la spider la sala da
ballo... il modello è essere belle.
Ci finiamo dentro
tutte, da quelle che erano bambine in quegli anni, come me, a quelle
che erano bambine ieri o adesso. Sculetta sculetta qualcosa accadrà.
È triste la battuta
con cui Massimo De Rosa ha offeso le deputate, è deprimente. Ma non
stupisce.
Il sessismo, come il
razzismo, è un'etichetta, una coperta stretta. Come il razzismo, il
sessismo è molto più radicato e profondo di quanto non si creda. Se
la tirano addosso, l'accusa di sessismo, i contendenti politici, in
nome di una correttezza formale, di una politesse istituzionale, che
non morde veramente nel cuore del problema.
Il cuore del problema è
che le donne non sono ancora persone, non lo sono fino in fondo, non
hanno accesso, nel mistero dei precordi, del prerazionale,
dell'indicibile, allo stesso rispetto di cui sono oggetto gli uomini.
Sempre seconde, sempre cooptate, mai soggetto, mai protagoniste, mai
padrone del gioco. Sempre di servizio. Sempre scelte o scartate, in
base ai mutevoli umori del momento, scansate o invitate nel club
maschile, che regge i destini del mondo. È questo che è davvero
grave.
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